"Michele", quinta puntata : filosofia

in #ita6 years ago

All'inizio del mese di giugno, in pieno periodo di scrutini, mi accingevo ad offrire ai miei allievi più dotati di migliorare il loro voto in pagella con una interrogazione a date trasversali. Era ormai una tradizione della temuta Professoressa Tesorini , derivante dalla più semplice e leggendaria interrogazione a date della mia stimata Predecessora.
La quale utilizzava le date come metodo di ulteriore selezione a storia.
Dieci date secche, come a Rischiatutto, ma non semplici. Non si trattava certo di eventi tipo la scoperta dell'America o la proclamazione del Sacro Romano Impero. Erano date insidiose, scritte in piccolo, ma fondamentali. E guai a chi sbagliava di uno o due anni. La Professoressa Linni non mancava di far notare quanti eventi possono verificarsi in un anno. “Pensate alla vostra vita, alle piccole e grandi cose. Nessun anno è uguale a un altro, rispettatene l'individualità”. Parlava degli anni come fossero persone. E così mi sono abituata a fare anch'io.
Solo che ho voluto perfezionare la “giostra” delle date, rendendole trasversali tra storia e filosofia. E' pur vero, però, che io le utilizzo come evidenziatore di eccellenza e non come definitiva distruzione dello studente mediocre.
Ogni filosofo viene inquadrato nel suo tempo, con la precisione degli anni, e collegato agli eventi storici dei luoghi dove è vissuto.
Partecipare a questa grandiosa performance di memoria e di orientamento temporo-spaziale è scelta volontaria. Lo studente che pensa di meritare nove o anche dieci dovrà passare dalla angusta strada della Storia, per cui tutto passa, comprese le nostre modeste esistenze e quelle meno modeste di chi ha saputo pavimentarla col Pensiero.
Quell'anno erano pochi , solo quattro, ad aver scelto di sfidare la propria preparazione fino a tal punto, e si dà il caso che fossero tutte ragazze, due di prima e due di seconda liceo.
Proprio il giorno prima del Data-day, nella quieta e fresca penombra della mia camera , meditavo domande e trabocchetti, quando squillò il telefono e trasecolai nell'udire la voce di Martina che negli ultimi tempi aveva evitato accuratamente sia me che gli altri familiari.
“Giulietta, ti devo parlare subito” “Ma veramente sto...” “Lo so cosa stai facendo, stai preparando le trappole per aspiranti genietti. Ma è molto più importante parlare con me. Ti passo a prendere e ti porto al mare” “Al mare? Ma tu sai che non posso...”
“ Sì, dai, ti porto sul mare, non devi mettere il costume, è per parlare lontano da tutti”.
Mezz'ora dopo eravamo sedute a un bar, con due granite all'amarena.
Guardai Martina. Era più magra di qualche settimana prima, tesa e sembrava sul punto di piangere. Lei, di cui si diceva non avesse lacrime.
Mentre la guardavo, ripensavo a quella sera, alla finale di Sanremo, quando avevo avvertito una corrente strana e fortissima.
Fui io a parlare: “Sanremo” le dissi. Lei mi guardava sorpresa e allora aggiunsi cantando “Passerà, passerà, anche se farai soltanto tra-la-la...”.
A quel punto, sul volto della mia amata cugina, cominciarono a scorrere lacrime impensabili e senza singhiozzi.
Poi parlò.

(continua)

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Bello questo parallelismo tra Sanremo e vita reale, che ha da sempre contraddistinto le tue opere

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