Roberta, ascoltami. Ottava puntata

in #ita6 years ago

La zia Teresa e Tommaso, il suo anziano marito, si presero cura di Lia e di Roberta non appena avvenuto il trasferimento all’ospedale di Grosseto.
La ragazza stava quasi sempre al capezzale della madre, ogni giorno più stanca e lontana, ma la zia le preparava i pasti e le faceva compagnia parecchie ore al giorno.
Il calore che Roberta sentiva, nonostante il momento davvero tremendo, colmava in parte il suo vuoto e, nel contempo, la faceva sentire in colpa per gli anni di freddezza, tutto quel tempo in cui si era rifiutata di avere contatti con la zia amorosa.
Una sera, poco prima di Natale, mentre sedevano ciascuna a un lato del letto di Lia, fu Teresa ad intavolare il discorso.
“Tesoro, sai che ti voglio bene e per te ci sarò sempre. Non sono offesa, se è questo che temi. Io capisco, so cosa vuol dire essere giovani, presi da una passione… Alla tua età si pensa che gli anziani siano sempre stati così. Ma c’era un tempo in cui anch’io ero una ragazza, impulsiva e sventata, il contrario di mia sorella, tua nonna, che non sgarrava mai. E dunque, mia piccola Roby, io ti capisco e mi dispiace solo che in questo momento si sommino per te tante brutte situazioni”.
In effetti, oltre alla malattia della madre, Roberta aveva subito l’oltraggiosa indifferenza del dottor Marriagi, il quale le aveva detto che non poteva stare senza assistente e dunque l’aveva sostituita. Per ora la cosa era temporanea, ma non avrebbe aspettato a lungo.
Non si erano neppure visti. Le poche conversazioni erano avvenute per telefono, in modo molto sbrigativo.
Roberta ora vedeva la realtà, tutto quel mare di parole smielate e inconsistenti che nascondevano un pericoloso narcisista.

Il 31 dicembre, Lia non si svegliò e, da un torpore che era già coma, passò al sonno eterno.
Roberta guardava la madre, ormai immobile e cerea, forse in pace. Le lacrime scorrevano copiose e silenziose sul viso della ragazza, mentre la zia Teresa la accarezzava.
La mattina del 2 gennaio 1980, un giorno gelido e ventoso, Lia fu sepolta nel piccolo cimitero della Misericordia. C’erano il dottor Balsi e i colleghi dell’ospedale.
Era venuta anche Mirella, nonostante avesse tre bambini piccoli e molto da fare.
Oltre agli zii, poi, erano presenti i vicini di casa e qualche lontano parente, ma del dottor Marriagi neanche l’ombra.
Nei giorni successivi, Roberta rimase a dormire da Teresa. Proprio non riusciva a stare da sola in quella casa che aveva visto gli anni belli dell’infanzia, ma anche quelli, molto più lunghi e dolorosi, in cui con sua madre si erano scambiate parole dure e donato reciproche amarezze.

Teresa, benchè avesse superato i settanta, era una donna molto attiva. Aveva lavorato come impiegata alla poste per molti anni, era abituata a trattare con la gente e pratica del mondo.
Così, dopo profonda riflessione, propose a Roberta di trasferirsi a Firenze.
Una sua cugina gestiva un grande albergo ed aveva necessità di una segretaria che l’aiutasse nell’amministrazione, ma che, al bisogno, fosse anche capace di interfacciarsi con i clienti. Chi meglio di lei, giovane, ma non ragazzina, col titolo di segretaria d’azienda e con un’esperienza di lavoro al pubblico?

Roberta si rese conto che era davvero la cosa migliore. A Grosseto non poteva rimanere, tanto meno tornare a lavorare da Gianluigi.
Così, preparò il necessario in fretta, affidò la sua casa ad un’agenzia, perché la vendesse quanto prima e si accordò per iniziare il nuovo lavoro il 15 gennaio.

Qualche giorno prima passò allo studio, dove le aprì una ragazzina graziosa e timida che le ricordava se stessa dieci anni prima.
Gianluigi fu freddo e sbrigativo, le liquidò l’ultimo stipendio e la congedò rapidamente augurandole buona fortuna.

(continua)

[CCO Creative Commons]https://pixabay.com/it/angel-dio-religione-fede-christian-2902845/

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