Roberta, ascoltami. Quarta puntata

in #ita6 years ago (edited)

La sua unica amica, Mirella, cercava di starle vicino senza giudicare. Era l’unica. Tutte le altre si erano allontanate, anche perché lei aveva la vita totalmente scandita dai suoi impegni col dottor Marriagi, fossero di lavoro o d’altro.
I giorni di festa, quelli più critici, rimaneva chiusa in casa, sempre più cupa, con l'unica compagnia del suo bellissimo gatto nero.
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Erano trascorsi ben otto anni dall’inizio della relazione, la passione si era attenuata, ma il sentimento, almeno da parte sua, era ancora fortissimo.
A volte pensava al suo futuro, ora che si approssimava ai trent’anni, e non vedeva alcuna prospettiva. Mirella si era sposata e aspettava un bambino, era molto felice per lei, ma le sarebbe piaciuto avere una famiglia. Invece Gianluigi, i cui figli avevano ormai diciotto e sedici anni, diceva di sentirsi fin troppo responsabile nei loro confronti e che di sicuro l’ultima cosa che desiderava era un altro bambino.
Tanto più in quella situazione.
“Roberta, ascoltami, tu sai che ti amo, ma, vedi, ci siamo incontrati al momento sbagliato. Elisa mi rovinerebbe se ci separassimo. E i miei figli? Ci pensi che trauma? Non posso farlo, non è morale”.
Invece era morale la situazione in cui aveva messo la sua dolce “fidanzata”. Qualche volta, perfino Roberta aveva dei dubbi in proposito. Visualizzava se stessa come una foglia o una piuma, spinta da un vento che non controllava e la notte, sempre più spesso, si svegliava con la spiacevole sensazione di fluttuare nel vuoto.

Lia, intanto, continuava a lavorare moltissimo, si era fatta trasferire in ortopedia, reparto pesantissimo dal punto di vista infermieristico, dove due sole infermiere per turno gestivano più di quaranta pazienti.
Così, tanto affaticata e stanca, non aveva molto tempo per pensare, ma le bastava un giorno di riposo o un attimo di silenzio per tornare con la mente alla condizione di quella sua figlia tanto amata e così testarda.
Allora fumava. La sigaretta era l’unica cosa che la faceva stare meglio, sì, certo, faceva male, ma era l’unico sollievo.
Così, in ogni intervallo tra le tante incombenze, Lia si rivolgeva a quella sua rischiosa consolazione e spesso superava i due pacchetti al giorno.

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