Roberta, ascoltami. Settima puntata

in #ita6 years ago

I giorni successivi si svolsero come in un sogno, ma uno di quelli peggiori. Solo che non era previsto alcun risveglio consolatore.
Lia, con lo sguardo sempre più assente, fu trasferita all’ospedale di Siena.
La figlia la seguì e non la lasciò mai da sola, anche se la loro conversazione era davvero minima. Lia dormiva molto, si svegliava solo per brevi periodi in cui il suo sguardo sembrava ormai lontano.
Fu eseguita la TAC. C’era un giovane dottore, un radioterapista, a d occuparsi di lei, molto gentile. Roberta non aveva coraggio di chiedere, ma fu lui a parlare.
“Purtroppo le notizie non sono buone. Non c’è una sola metastasi, praticamente il cervello di sua madre ne è pieno”.
“Ma come è possibile? Stava bene fino a tre giorni fa”
“Di questo dubito molto. Ma vede come è magra? Pallida, sfinita. Non può essere accaduto in due giorni”.
Roberta si sentì debole e sola. Da quanto tempo non guardava la madre con attenzione? Moltissimo, probabilmente. Erano troppo impegnate l’una nella disapprovazione, l’altra nella ribellione. I loro incontri domestici erano veloci e aspri. Raramente mangiavano insieme. Ormai da alcuni anni non ridevano più come un tempo, non guardavano la televisione, perché la sera spesso Lia era di turno oppure Roberta era impegnata in cene clandestine col suo principale.
Se per caso si trovavano entrambe a casa, Roberta si chiudeva in camera a leggere, anche perché Lia guardava la televisione fumando di continuo. Un tempo aveva riguardo per la figlia e non fumava in sua presenza. Ora, invece, sembrava che accendesse di proposito la sigaretta, tanto da obbligare la ragazza ad uscire dalla stanza.

Roberta ripensava agli ultimi anni, a come madre e figlia li avevano persi, ciascuna chiusa nella propria convinzione di essere nel giusto e rosa da insanabile rancore.

Intanto Lia, sempre più piccola, si perdeva nel letto d’ospedale, nella grande camerata senza intimità, senza speranza.

“Non c’è niente da fare, signorina – le disse il giovane medico con aria dispiaciuta- Potrei proporle una radioterapia, ma sarebbe solo palliativa e sua madre non è in grado di sopportarla. Le consiglio di riportarla a Grosseto e di starle vicina”.

La ragazza non riusciva a fermare le lacrime di dolore e di rimpianto per ciò che non era stato, per quegli anni di sofferenza e di freddezza che mai più avrebbe potuto recuperare.

Telefonò a Gianluigi. Forse poteva avere almeno una parola di conforto.
Ma il principale/ amante le rispose così : “Roberta, ascoltami. Tu con tua madre non andavi d’accordo, lei non ti ha mai capito. Speriamo che faccia presto e non soffra. E poi torna al lavoro, perché qui c’è bisogno di te”.

Riattaccò il telefono, un vecchio telefono a gettoni attaccato alla parete. Tutto sembrava squallido e vuoto : la sala d’attesa spoglia, le persone in attesa di telefonare, il cestino della carta straccia da troppo tempo non svuotato.
Roberta si sentiva parte di tutto ciò, un inutile oggetto tra tante cose brutte, immersa in un’atmosfera di puro dolore.

Lia era figlia unica e i suoi genitori erano morti da tempo. L’unica parente che avevano era la zia Teresa, sorella della nonna. Era stata sempre molto affezionata alle nipoti, anche perché non aveva figli e viveva col marito, ormai molto anziano.
Vedere Lia e, soprattutto Roberta, era per lei una ventata di freschezza e di giovinezza. Ma, negli ultimi tre anni, la ragazza aveva evitato accuratamente di vederla, anche se sapeva che con sua madre si sentivano spesso e la domenica pranzavano quasi sempre insieme.
Lei, però, non andava più. Non avrebbe sopportato anche la sua disapprovazione. Così, semplicemente, aveva smesso di andare a trovarla, i loro rapporti si erano limitati a brevi telefonate di ringraziamento quando, immancabilmente, a Natale e per il suo compleanno, la zia le faceva avere un bel regalo, generalmente un gioiello. Ma, anche in quei casi, Roberta era davvero telegrafica, tante volte a Teresa fosse venuto in mente di entrare in qualche discorso spiacevole.

Però, ora, sentiva il bisogno di parlare con qualcuno. Teresa fu felice di sentire la sua voce. “Tesoro mio, che piacere!”. Ma la gioia si interruppe rapidamente contro il muro delle cattive notizie che la nipote le comunicò.

(continua)

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