CDNB - Il Reame del Crepuscolo - Cap. 2: Il Salvataggio dello Gnomo

in #ita6 years ago

La tempesta di sabbia imperversava, sollevando nuvole di polvere ocra nel cielo dello stesso colore; sembrava di essere sotto una coperta che odorava di muffa, decomposizione... e morte. Tenere gli occhi aperti era doloroso, respirare era difficile, quasi impossibile… almeno per chi era ancora costretto a respirare.

  • Un vantaggio di questa forma immagino: non ho bisogno di respirare, di battere le palpebre e non sembro soffrire neanche di altre debolezze di tipo fisiologico.

Disse Teclis guidando il gruppo attraverso il vento impetuoso e prendendo mentalmente appunti: certo, cercare una zanzara in mezzo a quel turbinio di polvere era un compito ingrato... il famoso “Ago nel pagliaio”.


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Ma il Nibbio Bianco non avrebbe mai abbandonato un compagno in difficoltà.

  • Sono qui… qui...!

Si udiva una vocina flebile nel vento ululante: a fatica Maril il coniglio trasportò il gruppo sulla sua carriola fino ad uno spesso muro di pietra diroccato, residuato di quello che una volta doveva essere stato un edificio imponente. Si ripararono dallo sferzare incessante, cercando di fare il punto della situazione e riprendere il fiato.

Sciacallo (nella forma di un camaleonte) lasciò la schiena di Maril e si avvicinò al muro arrampicandosi sulla parete senza alcuna difficoltà.

  • Salgo sul muro a dare un’occhiata…

Disse, non troppo convinto: cominciò a salire fino al limitare delle macerie e lì si arrestò, congelandosi all’istante. Il colorito della sua pelle (o per meglio dire, delle sue squame) cambiò dal verde brillante ad un misto tra il grigio del muro ed il giallo della sabbia… quasi scomparendo alla vista.
Aurora gemette, preoccupata.

  • Sciacallo...? Dove sei finito? Che cosa hai visto?

In quel momento si udì un sibilo lungo e grave dietro il muro: qualcosa di diverso dal vento che stava martoriando quella landa dimenticata. Diverso dalle urla di Quellolì che sembravano più vicine e decisamente più profondo dei singhiozzi preoccupati di Maril.

Era il rumore di un oggetto enorme che fendeva l’aria.

BOOM

Metà del muro diroccato esplose in un tripudio di detriti lanciati nell’aria spessa. Un albero si era appena lanciato contro le rovine; un albero senza chioma, con i rami spezzati, neri e ritorti.

  • Un Ent oscuro!

Urlò Teclis, con un tono decisamente preoccupato nella voce ma un’espressione fiera e tronfia nei lineamenti argentei.

Ma no: non si trattava di un albero vivente… il tronco era un’arma. Un rozzo bastone: e a brandirlo, in un pugno grande quanto un barile, era il Gigante che avevano visto dietro la tenda poco fa.


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Puzzava come un intero gregge di pecore dopo una giornata di pioggia; i suoi muscoli sembravano esplodere sotto gli stracci che usava per coprirsi, la sua bocca emise un possente urlo di rabbia e bramosia mentre il gigantesco occhio che prendeva posto al centro del suo petto fissava i membri del Nibbio Bianco rimasti: Aurora, Teclis e Maril.

Nonostante la paura facesse tremare violentemente le ginocchia del coniglio, i suoi riflessi scattarono come una molla: lasciò i manici della carriola e fuggì a gambe levate.
Aurora dal canto suo, non si sarebbe lasciata intimorire: il suo addestramento da cavaliere l’aveva preparata al combattimento con mostri orribili, partoriti dalla più sadica e malvagia delle fantasie.
Quello per cui non era preparata, era il dover combattere senza spada e senza scudo, senza armatura e senza incantesimi. Non era preparata a combattere come il nero felino che era diventata. Ciononostante, non ebbe la benché minima paura.

Avrebbe improvvisato.

Il mostro deforme alto quando tre uomini, alzò la rozza verga e la calò di lato mirando alla testa di Teclis, sulla quale era appollaiata Aurora pronta al balzo.

  • Teclis, quanto pensi che sia resistente la tua attuale forma?

Chiese la sacerdotessa.

  • …Addio Aurora, se mai usciremo da qui dì alla mia famiglia che…

L’elfo non fece neanche in tempo a finire la frase che l’arma impropria si abbatté sulla sua tempia, mentre Aurora saltò di lato schivando agilmente il colpo. Contro ogni pronostico, parte del tronco si infranse sulla testa dell’elfo esplodendo in migliaia di schegge: la forza del colpo scagliò comunque il mago contro il muro che tremò sotto la violenza dell’impatto.

  • TECLIS!

Urlò Aurora.

  • …Sto bene Reverenda Madre! Il materiale di cui sono composto non è argento, né acciaio: deve essere qualche metallo di origine magica. Forse Mithril, Adamantio… o una lega di questi due! Inoltre non ho sentito nessun dolore! L’elasticità della superficie mi fa pensare…

Il chiacchiericcio assorto di Teclis fu interrotto da altri colpi di mazza da parte del gigante che si scagliò con tutta la sua forza sulla statua indistruttibile dell’elfo. Tra i boati, Aurora udì la voce di Quellolì provenire da… la spalla del gigante?

La piccola pantera approfittò del diversivo per agire.

Aurora era sempre stata abbastanza goffa: ma tra l’altro, come ripeteva suo padre “Un Cavaliere se ne fa ben poco della sua agilità, quando combatte dentro un’armatura completa pesante trenta chili.” Si sorprese quindi a correre veloce come il vento, saltando flessuosa sulla gamba del gigante e risalendo sulla sua spalla leggera come una piuma. Si meravigliò inoltre di come riuscì ad individuare il ronzio di Quellolì in tutto quel trambusto.

  • Aurora! Sono qui!

Disse lo gnomo-zanzara, posato sul collo del gigante: per tenersi fermo nel vento, si era ancorato al mostro pungendo la sua spessa pelle e succhiandone il sangue. La ferita inflitta aveva assunto un colorito violaceo e malsano.

  • Aggrappati forte al mio collo e non provare neanche a pungermi!

Disse Aurora avvicinandosi al compagno.

  • Peccato, il tuo sangue deve essere così gustoso… comunque credo di averlo avvelenato.

Rispose Quellolì, svolacchiando verso la sacerdotessa che scese dalla schiena del Ciclope con un agile balzo. Nel frattempo i colpi del gigante si erano fatti sempre più deboli e l’occhio sul suo petto sembrava stanco.

  • …In effetti una lega al 30% di Mithril e 70% di Adamantio spiegherebbe il peso specifico del mio corpo e la resistenza ai danni… MA non spiega l’elasticità. Credo che manchi qualche elemento al mio calcolo…

Teclis non aveva smesso un attimo di parlare.

  • A ben vedere, forse il gigante non è avvelenato, ma solo estremamente annoiato.

Disse Quellolì con uno sbadiglio. Aurora si sedette sulle zampe posteriori osservando assorta la situazione.

  • Più che altro, non ho idea di come recuperare Teclis… a meno di non aspettare che il ciclope si metta a dormire.

In quel momento un’ombra gigantesca calò dal cielo: una creatura grande quando un castello, simile ad un enorme drago ma con un becco d’osso adunco scese in picchiata e prelevò con i suoi enormi artigli il gigante, trasportandolo lontano verso le montagne.

Accanto ai suoi compagni rimasti a bocca aperta, comparì dal nulla Sciacallo-camaleonte che disse senza scomporsi:

  • Propongo una ritirata strategica.

Non avete idea di chi sia il Nibbio Bianco, cosa sia il Reame del Crepuscolo o del perché lo gnomo del gruppo si chiami "Quellolì"? Troverete (quasi) tutte le risposte nei precedenti capitoli delle Cronache del Nibbio Bianco sul mio blog:

Libro Primo:

Libro Secondo:


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Cavoli questo me l'ero perso! Sei stato bravissimo come sempre Gian, qualche episodio devo ancora recuperarlo 😉

Grazie Sara, ormai più o meno una volta ogni 10 giorni faccio uscire un capitolo, secondo i miei calcoli dovrei finire il decimo libro della saga tra 98 anni :P

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