Ma nella vita noi abbiamo scelta?

in #ita6 years ago (edited)

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Uno dei più grandi misteri della vita è quello che ci interroga sulla natura profonda degli accadementi che la determinano. Sono questi accadimenti la diretta conseguenza delle scelte fatte nel nostro passato, e quindi frutto della nostra volonta più o meno consapevole, oppure sono figli di leggi immutabili ed eterne che si autoverificano indipendentemente dalla nostra volontà?

Fin dall'antichità l'uomo si è arrovellato su questo tema, basti pensare, per esempio, alla tragedia sofoclea dell'Edipo Re. Infatti questa può essere letta, sotto uno specifico aspetto, anche come la tragedia del destino che si disvela e al quale l'uomo non può sfuggire in nessun modo: Edipo, Re di Tebe, si trafigge gli occhi dopo aver scoperto di aver ucciso il padre e sposato la madre. La terribile verità viene disvelata da Sofocle progressivamente attraverso la narrazione della tragedia, chiarendo in questo modo l'inconsapevolezza dello stesso protagonista. Ciò lo fa apparire come l'uomo in mano ad un destino superiore che non è in grado di contrastare e che agisce indipendentemente dalla sua volontà.

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Al di là di questa stupenda tragedia, dell'idea del Fato - di un Destino invincibile che opera su di noi - è intrisa tutta la cultura occidentale fin dalle sue origini. Infatti nella mitologia greca e poi romana il Destino è personificato dalle tre Moire: Cloto, colei che fila, Lachesi che avvolge il filo della vita nel fuso e Cesio, che con delle cesoie recide il filo compiendo dunque ciò che è ineludibile. Gli stessi dei, compreso il loro padre Zeus, sono costretti ad inchinarsi di fronte al loro operare che avviene secondo quelle imperscrutabili leggi dell'universo alle quale uomini e dei devono attenersi.

Una visione fatalistica che in qualche modo sopravvive nella nostra cultura fino ai nostri giorni, soprattutto quando si tratta di giustificare un evento negativo. Diversa è invece la visione e l'interpretazione degli accadimenti umani per gli indiani che si rifanno al concetto di Karma che per certi versi può essere considerato come l'opposto rispetto a quello del Destino. Secondo il pensiero indiano infatti l'uomo è padrone assoluto del proprio destino. I Buddisti postulano una vera e propria dottrina della causa e dell'effetto che è appunto il Karma. Qualunque accadimento nella vita dell'uomo è figlia delle proprie scelte fatte nel passato o nel presente e peraltro la qualità delle scelte fatte comporta il compimento di effetti dello stessa natura. Dunque l'uomo è l'artefice assoluto della costruzione della propria vita. Un pensiero oggettivamente antitetico rispetto a quello occidentale.

Ritornando alla nostra visione occidentale possiamo dire che l'antica idea di Destino come Ente trascendente è stata superata dal pensiero scientifico sebbene permane tutt'ora a livello simbolico. Per esempio, è stato postulata l'idea della cosiddetta razionalità limitata: l'uomo fa sì delle scelte, ma non conoscendo le conseguenze profonde di queste, spesse volte sbaglia ed ottiene risultati diversi da quelli aspettati. Anche questa è una visione che ha un suo fascino sebbene ha minori valenze simboliche rispetto a quelle tradizionali, che affondano le proprie origini nel Mythos.

Personalmente non riesco a trovare una risposta alla domanda iniziale e dunque non riesco a scegliere tra le diverse visioni. Ma di fronte a situazioni avverse trovo profondo conforto grazie ad una commovente poesia di Pablo Neruda che ora vi propongo.

Non incolpare nessuno,
non lamentarti mai di nessuno, di niente,
perché in fondo
Tu hai fatto quello che volevi nella vita.
Accetta la difficoltà di costruire te stesso
ed il valore di cominciare a correggerti.
Il trionfo del vero uomo
proviene delle ceneri del suo errore.
Non lamentarti mai della tua solitudine o della tua sorte,
affrontala con valore e accettala.
In un modo o in un altro
è il risultato delle tue azioni e la prova
che Tu sempre devi vincere.
Non amareggiarti del tuo fallimento
né attribuirlo agli altri.
Accettati adesso
o continuerai a giustificarti come un bimbo.
Ricordati che qualsiasi momento è buono per cominciare
e che nessuno è così terribile per cedere.
Non dimenticare
che la causa del tuo presente è il tuo passato,
come la causa del tuo futuro sarà il tuo presente.
Apprendi dagli audaci,
dai forti
da chi non accetta compromessi,
da chi vivrà malgrado tutto
pensa meno ai tuoi problemi
e più al tuo lavoro.
I tuoi problemi, senza alimentarli, moriranno.
Impara a nascere dal dolore
e ad essere più grande, che è
il più grande degli ostacoli.
Guarda te stesso allo specchio
e sarai libero e forte
e finirai di essere una marionetta delle circostanze,
perché tu stesso sei il tuo destino.
Alzati e guarda il sole nelle mattine
e respira la luce dell'alba.
Tu sei la parte della forza della tua vita.
Adesso svegliati, combatti, cammina,
deciditi e trionferai nella vita;
Non pensare mai al destino,
perché il destino
è il pretesto dei falliti.

Pablo Neruda, Non incolpare nessuno

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Bibliografia

Alessandro Pluchino, Determinismo o libero arbitrio?
Rudolf Steiner, Capire il Karma
Marco Castellani, FORME DI RAZIONALITÀ LIMITATA

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Non incolpare nessuno,
non lamentarti mai di nessuno, di niente,
perché in fondo
Tu hai fatto quello che volevi nella vita.

Il KING!

Leggo Pablo Neruda e penso a Massimo Troisi e il suo Postino.
Leggo il tuo post e penso che l'uomo è condannato a non decidere, a non contare a nulla neppure nella sua stessa esistenza, tante e tali sono le impossibili vie che egli potrebbe prendere e mai prenderà. Vivrà pensando di essere artefice del suo destino ma sarà sempre il suo destino ad essere artefice per lui.
Come sempre gran post.

Complimenti per l’articolo! Non conoscevo la poesia, grazie mille perché come hai sottolineato anche tu “è in grado di dare conforto”. Attendo i prossimi articoli!

Mi domando anche io molto spesso se valga più il concetto di Homo faber o di fato... a volte mi deprimo, a volte, semplicemente, vivo.
Una precisazione: ma Cesio? Io sapevo che la terza Parca era Atropo... o no?!

Ciao....Nella tradizione greca delle Moire la terza si chiama Cesio. Nella tradizione romana invece la terza Parca si chiama Atropo.....cambiano i nomi ma la sostanza è la stessa (così come nel mito delle Norme Norrene.

Grazie!!! Non lo sapevo! Un +1 alle cose che ho appreso leggendoti.

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