Ritorno a Kasiha (Capitolo Nono) by @kork75

in #ita5 years ago

Ritorno a Kasiha

Capitolo Nono

Swans

L’imbarco di Jo sul ferryboat Tasmania s’interruppe bruscamente nel 1935. Gli “anni Venti” erano stati sicuramente un periodo florido, ma già dal ventinove l’economia mondiale e quindi di riflesso anche quella australiana, subì una preoccupante battuta d’arresto dovuto al crollo di Wall Street, lasciando presagire tempi bui. I prezzi dei prodotti agricoli e rurali crollarono, i contadini riuscivano a stento a vendere in patria, figurarsi oltre mare; la stessa situazione toccò poco dopo ai beni di consumo primari e, di conseguenza, la produzione industriale rallentò inesorabilmente. Ebbero luogo i primi scioperi nelle fabbriche e nei porti, i licenziamenti erano all'ordine del giorno e il tasso di disoccupazione arrivò in un biennio a toccare addirittura punte del trenta per cento. Il paese stava inesorabilmente andando incontro ad una grave crisi economica e la recessione era dietro l’angolo. Per i nuovi disoccupati e per gli immigrati, le cose peggioravano giorno dopo giorno; Jo e l’amico Li-Ciu appartenevano, loro malgrado, ad entrambe le categorie.

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Immagine CC0 creative commons

“Il giorno che liberai la mia cabina e scesi per l’ultima volta dalla passerella del Tasmania avevo tanta di quella rabbia e delusione in corpo che vagai per due giorni sperso nei pub di Sydney, cercando consolazione dentro una bottiglia. Quando finalmente tornai lucido, io e Li-Ciu affittammo una stanza in una bettola vicino al porto; il cinese trovò lavoro come lavapiatti mentre io cominciavo a nutrire una mezza idea di lasciare il paese. Accettai un imbarco su un cargo diretto in Cile, cercavano un comandante, ovviamente da pagare il meno possibile. Sarebbe stato il mio primo comando sennonché, proprio quella mattina, ricordo che era circa metà novembre, passai da Morre Park e lì “...
Taylor interruppe Jo e sorpreso commentò rivolgendosi all'ammiraglio Edison.
“Morre Park? Quel Morre Park, dove c’è lo stadio?”
“Sì, signor Taylor, il nostro caro Ammiraglio Thompson in gioventù fu anche un giocatore di “footy” professionistico. Così è riportato nella sua domanda d’arruolamento, se ricordo bene”

“Lo dichiarai per riempire le righe alla voce “sport praticati”. In realtà giocai solo dieci partite da tesserato con il Sydney e, ora che ci penso, non mi pagarono nemmeno, fottuti Swans! “, rispose Jo.


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Jo non prese mai quella nave per il Sud America, poiché quella mattina di un caldo novembre si fermò a guardare dei ragazzi che giocavano a calcio, finendo poi per unirsi al match su invito di uno di questi. Soltanto durante l’inaspettata partita, gli venne il sospetto che quelli che stava prendendo sonoramente a calci e pugni erano professionisti in allenamento, probabilmente calciatori della massima serie australiana. Al termine degli ottanta minuti, confermati i suoi sospetti, scambiò qualche battuta con il loro allenatore, sorseggiando a bordo campo una birra gelata che gli venne offerta, mentre un certo sorriso beffardo gli si stampava sul volto. Osservando i ragazzi davanti a sé si sentì soddisfatto di aver dato una lezione a quelle “signorine” che sarebbero durate al massimo cinque minuti sul polveroso campo di Darwin, pensò. A ventinove anni sembrava essere ancora in ottima forma, tanto che accettò l’inatteso invito che gli fece mister Sparrow di allenarsi con la sua squadra tre volte a settimana. Accettò ben volentieri ed il mese successivo notò con piacere che riusciva a reggere tutte le sedute d’allenamento. Un po’ di attività fisica per non pensare alla mancanza di un impiego, non poteva che fargli bene. Taylor sempre più divertito lo interrogò.

“Quindi lei veramente non si accorse che si trattava della prima squadra del Sydney mentre giocava quella partitella?”
“In realtà sì, ne ebbi il netto sospetto durante la partita. Quei ragazzotti erano un po’ troppo rispettosi delle regole, mentre io ero da sempre abituato a giocare in maniera piuttosto maschia. La cosa incredibile fu che mi chiesero di sostituire il loro centrale che, a un mese dall'inizio del campionato, si era rotto i legamenti. Visto che mi offrivano una percentuale sugli incassi e Foster’s a volontà da tracannare, firmai un precontratto. Le uniche indicazioni che mister Sparrow mi diede furono quelle di giocare duro e deciso come ero abituato, di non rompere le palle e di non chiedere soldi. Poteva andarmi bene, per un po’. Io al denaro, anche se disoccupato e in cerca di un lavoro, non ci pensavo più di tanto visto che avevo ancora da dilapidare la buona uscita dell’imbarco sul Tasmania”


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L’avventura di Jo nel football durò appena sei mesi, nei quali giocò alcune partite di campionato mettendo a segno qualche behind. Rimediò un’espulsione e si azzuffò un paio di volte con un compagno di squadra che non gradiva il trattamento di riguardo che John gli riservava durante la preparazione settimanale. Questo fu quanto, almeno fino al giorno in cui ebbe a combinarla veramente grossa.

“Quindi John sei sempre stato un tipo irruento. Interessante. Sono curioso di sapere come è finito il tuo rapporto con la squadra e perché te ne sei andato. O sei stato mandato via?”, domandò continuando a prendere appunti il dottor Harris.
“Caro Harris, sarai contento di sapere che mi hanno cacciato loro, vero?”, rispose Jo.
Jo raccontò come gli effetti della crisi economica in quegli anni si riversarono anche negli svaghi e nei divertimenti della gente comune; il cinema, il teatro e lo stadio erano lussi che non tutti si potevano permettere. La maggior parte dei tifosi ormai seguiva la squadra solo in settimana, durante gli allenamenti, visto che per assistere ai quali non si pagava. In occasione delle partite ufficiali si contavano in media appena un migliaio di spettatori e anche se il clima intorno alla squadra non era dei migliori, Jo grazie alla sua irruenza, al suo carisma e al suo temperamento, fece subito breccia nel cuore degli appassionati, contraccambiando volentieri dal canto suo l’affetto dimostratogli. Dopo ogni seduta d’allenamento era solito fermarsi al campo a fare due passaggi con i ragazzini, dispensando loro consigli e racconti di gioco, per poi, con una scusa, flirtare con le madri e le sorelle presenti in qualità di accompagnatrici. A quanto pareva, John riscuoteva sempre un certo successo nell’universo femminile; se prima era il fascino della divisa a incuriosire le signore del Tasmania, il suo periodo d’atleta in pantaloncini e canottiera aumentò considerevolmente il numero di spasimanti. La birra del mercoledì sera con i tifosi al bar dello stadio, discutendo a riguardo del campionato e sulle reali possibilità che aveva il Sydney di vincerlo, era diventata ormai una routine irrinunciabile per lui. Amava quella vita da giocatore di football, ma notò da subito che durante le partite centinaia di persone si accalcavano sui cancelli, cercando di spiare attraverso le grate le azioni di gioco. Quella folla urlante fuori dallo stadio in contrapposizione alle tribune desolatamente vuote, lo mandavano su tutte le furie. Alla decima giornata di campionato non aveva ancora ricevuto l’assegno promesso. Malinconico, guardando gli spalti deserti pensò che sicuramente anche quella non sarebbe stata l’occasione giusta per essere pagato, al che, prese una rapida decisione, una di quelle che si palesano chiare nella testa all'improvviso, come un fulmine a ciel sereno: non era giusto che quei tifosi fossero costretti a stare fuori. Attese la fine del primo periodo e poi, senza dare nell'occhio, rubò le chiavi dei cancelli dalla giacca del custode e aprì i varchi! La tribuna dietro la la panchina del Sydney si riempì in pochi attimi di tifosi festanti che inneggiavano al nome di Thompson!


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“La mia trovata mandò su tutte le furie quel coglione di Sparrow che al termine della partita piombò negli spogliatoi urlando, sull’orlo di una crisi di nervi, sembrava dovesse venirgli un infarto da un momento all’altro. Mi stracciò davanti agli occhi il contratto ed ebbe il coraggio di strapparmi la birra dalle mani. Un po’ mi pento ancora oggi di avergli messo le mani addosso, ma oltre che coglione era uno stronzo ed era arrivato il momento di farglielo notare. La birra non me la devi toccare, gli dissi, almeno quella me la dovevi far finire, continuavo a ripetergli mentre lo prendevo a pugni in faccia!”, disse Jo allargando le braccia e alzando lo sguardo al soffitto, mentre intorno al tavolo scoppiò una fragorosa risata collettiva.


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Il fracasso venne interrotto dalla segretaria di Edison che bussò alla porta dell’ufficio, chiedendo il permesso di interrompere la riunione in corso.

“Ammiraglio scusi se la disturbo, sono le diciannove, conferma la prenotazione al Royal Navy Club o rientra a casa?”

“Signorina Miriam ho idea che non finiremo questa riunione in serata, confermo dunque la prenotazione al club per me, mia moglie e per l’ammiraglio Gerison e consorte. Ah Miriam, faccia aggiungere un posto anche per l’ammiraglio Thompson per favore. John le va di unirsi a noi per la cena? O desidera festeggiare la sua ultima sera in marina da solo?”

“Accetto l’invito, d’altronde dovrò pur mangiare qualcosa, ogni tanto”, rispose Jo indicando la bottiglia di scotch mezza vuota sul tavolo.

L’ammiraglio ispettore delle capitanerie Gerison, che fino a quel momento era rimasto sulle sue, si alzò della sedia e si diresse verso Jo. Gli mise una mano sulla spalla e gli si avvicinò all’orecchio al quale bisbigliò.
“Thompson meglio continuare domani quando ci saremo tolti di mezzo lo strizzacervelli. Il dottor Harris ha già un impegno in agenda e non sarà dei nostri”
L’ammiraglio Edison decretò ufficialmente sospesa la riunione e fissò un nuovo incontro per il giorno successivo alle ore nove. Taylor ripose il registratore e il relativo nastro nella custodia, sistemò accuratamente il materiale fotografico all’interno di un raccoglitore, recuperò la documentazione caratteristica di John e chiuse il tutto in una cassaforte posizionata dietro la scrivania del capo ufficio. Miriam, nel frattempo, rassettava la sala riunioni svuotando posaceneri, portando via bottiglie di whisky smezzate e bicchieri vuoti, non prima di aver tirato le tende e aperto gli enormi finestroni per cambiare l’aria viziata dal fumo. Si concluse così l’ultimo giorno da ufficiale della Royal Australian Navy di John Thompson; l’indomani sarebbe entrato negli uffici dell’ammiragliato in abiti borghesi, da civile, anche se il suo dovere non era di certo finito. Dopo decine di domande, migliaia di parole e discorsi interminabili, nella testa Jo aveva ancora l’immagine dei due Kasika spiaggiati in Alaska.
Improvvisamente, si ricordò che doveva telefonare a Sally.

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Continua...


Indice

Capitolo Primo - L'uomo giusto
Capitolo Secondo - Groote Eylandt
Capitolo Terzo - Il tempo non cancella il dolore
Capitolo Quarto - Secret
Capitolo Quinto - I Kasika
Capitolo Sesto - Chi era Jo Thompson?
Capitolo Settimo - il martello
Capitolo Ottavo - Gente di mare


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Una figata, bisogna che ci fai un libro!😉

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