4. Il Lord e il Cacciatore (parte terza)

in #ita6 years ago (edited)

Nel risalire adagio un dolce declivio, cominciarono a notare qualche ciuffo d'erba fresca fare timidamente capolino.
Le macchie verdi parevano allargarsi via via che il tragitto volgeva al termine: la destinazione era in vista, una collina dalla forma squadrata, simile a una piramide coperta di cespugli.

La bruma della palude era ormai alle loro spalle.
Una brezza gentile accarezzava i volti stanchi, mentre il solito falco si librava sotto un cielo azzurro pallido; il suo richiamo era però coperto da un boato assordante, che costringeva gli uomini ad alzare la voce o a bisbigliare da vicino, la bocca accostata all'orecchio del compagno.

Gli sguardi indiscreti delle reclute continuavano a posarsi su Belthran, mentre la compagnia procedeva lungo quanto rimaneva di un antico sentiero. Il guerriero dalle orecchie appuntite, che sulle prime aveva finto di non accorgersene, si voltò di scatto e scoccò loro un'occhiata gelida delle sue.
«Non avete letto il cartello?», tuonò improvvisamente.

I giovani restarono a bocca aperta, senza capire.

«Questo cartello, intendo», precisò, facendo un gestaccio in loro direzione. «C'è scritto: "Vietato dare da mangiare al Mezzelfo!"»
Gli uomini di Forte Veliero, Numitor compreso, scoppiarono a ridere pressoché all'unisono. Belthran sogghignò appena; soltanto l'esile Roland si disinteressò di quel siparietto, lo sguardo perso da qualche parte lungo la superficie agitata del Grande Fiume, che scorreva rapido e scintillante alla loro destra.
La dissenteria si stava placando, ma il suo umore non sembrava giovarne affatto.

Le reclute impallidirono tra l'ilarità generale, ma il loro imbarazzo venne presto dimenticato, quando l'origine del fragore che li stava accompagnando lungo quel tratto di strada si palesò alla vista.
Tutti spalancarono gli occhi a poco a poco, il respiro quasi fermo nel frastuono.
Qualcuno sospirò, così profondamente che riuscirono a sentirlo, nonostante il rumore; o almeno così credettero.
Dalla sua barella, pallido come un cencio, il più malridotto della compagnia sollevò il capo ed esclamò: «Ogni sofferenza è ora ripagata! Questo spettacolo val bene una gamba, parola di cavaliere!»

Incorniciata tra rilievi dai contorni sbiaditi, una gigantesca parete d'acqua ruggiva in un trionfo di luce, da cui si sprigionavano arcobaleni di vapore dalle tinte sgargianti, capaci di sfidare il sole stesso.
Allibito, Roland cercò lo sguardo del suo signore: «So-sono diamanti, quelli?», balbettò.
«No, mio giovane amico», gli rispose Numitor, con un sorriso indulgente. «Sono le Cascate Ruggenti.»

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(Immagine CC0 Creative Commons by Pixabay)

Belthran parve incuriosito da quel breve scambio di battute: «Non le avevi mai viste?»
Prima che Roland potesse replicare, Numitor intervenne bruscamente: «Avremo modo di ammirarle con più calma sulla via del ritorno; ora il tempo stringe, e il Guardiano del Colle attende.»

All'imbrunire, Numitor concesse un ultimo momento di riposo a tutti i membri del gruppo, eccezion fatta per Belthran.
I due si allontanarono confabulando tra loro, mentre gli altri si accampavano alla bell'e meglio ai piedi del Colle Veggente.

Ritornarono nottetempo, trovando ad accoglierli un allegro fuocherello.
Entrambi reggevano mazzi di foglie dall'aspetto comune, simili a cotognastro; recuperate una gamella e una borraccia, misero subito a bollire dell'acqua.
Qualche minuto dopo, un profumo inebriante avvolse il piccolo accampamento: poteva ricordare quello della scorza di certi grossi limoni, che crescevano nella Valle dei Cinque Fiumi, giù a sud, ma era leggermente più dolce, arricchito da un'inedita nota vegetale in grado di penetrare a fondo in gola e nelle narici, senza tuttavia pizzicare.
L'interesse cominciò a serpeggiare tra gli uomini, al punto che i dormienti si ridestarono, e ben presto il Lord e il Cacciatore furono circondati da un capannello di curiosi.
«Erba del Re», spiegò rapidamente Belthran, senza perdere di vista il recipiente.

Uno dei cavalieri annuì lentamente, gli occhi carichi di ammirazione: «Fiordiniente, spannocchia, senzafrutto», elencò, «così gli uomini comuni sono soliti chiamarla, perché non sanno che farsene. Esiste un'unica razza capace di evocare il suo potere nascosto: solo quel genere di uomini la chiama "erba del Re".»
Lo sguardo del cavaliere intercettò quello di Numitor: «Dunque quel che si dice è vero. Sei un Uomo dell'Ovest, discendente del primo di tutti i reami, e nelle tue vene scorre il medesimo sangue dei Re vecchi e nuovi.»
Mormorii di meraviglia si levarono dagli astanti: "Numitor il Longevo!" "Numitor il Guaritore!"
Il signore di Forte Veliero li guardò uno alla volta, il piglio austero, la voce intrisa di amarezza: «Complimenti fuori luogo e fuori tempo, i vostri», rimproverò, «ciò che vedete non è che una pallida ombra della nostra antica potenza. Rimasugli; briciole cadute lungo il sentiero della nostra gloria. Venerate un ricordo. Un fantasma.»

Anche l'entusiasmo degli uomini andò in briciole; nessuno ebbe il coraggio di replicare.

I vapori benefici seguitarono tuttavia a fare effetto, rinvigorendo corpo e spirito al solo respirarli.
Al termine dei preparativi, Roland divise la tisana ottenuta col Cacciatore che era stato colto dalla febbre; le foglie, bollite e macerate, furono invece somministrate ai due feriti.
Non una lamentela si udì, mentre il rozzo ma fragrante unguento veniva spalmato sulla spalla dolorante dell'uno e sulla gamba martoriata dell'altro; solo sospiri di sollievo e preghiere di ringraziamento.

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(Immagine CC0 Creative Commons by Pixabay)

A notte fonda, sebbene insozzati da capo a piedi e reduci da un viaggio snervante, si sentirono così pieni di energia da non voler più attendere il sorgere del sole.

Non solo la stanchezza era stata vinta, ma anche dolori e malanni erano svaniti come d'incanto; soltanto l'uomo dalla gamba spezzata, suo malgrado, venne lasciato indietro con i cavalli, assieme a due dei soldati del Colle.
«L'erba del Re non può ricomporre le ossa», lo avvertì Numitor, «ma può scongiurare infezioni e calmare le fitte. Potremo pensare con calma a come procurarti un vero guaritore.»

Dopo aver acceso qualche fiaccola, si inerpicarono attraverso un solco impresso nel fianco della collina, come se qualcuno vi avesse inciso un'unica grande "V" con la punta rivolta a est.
Gradini consunti e screpolati si intuivano sotto un tappeto di erbacce e radici; alcuni erano stati del tutto divelti, e più di una volta qualcuno inciampò in una buca.
«Fine Seconda Era, come minimo», valutò Belthran; Numitor annuì distrattamente.
«Avrebbero potuto sistemarli», lamentò un altro cavaliere, dopo aver imprecato a denti stretti; «ponti sprofondati nel fango e scale sepolte sotto le ortiche: sono forse opera dello stesso genio? Vorrei tanto conoscerlo.»
«No», fu la risposta seccata di Numitor; «non ha nulla a che fare con i nostri guai.»
Dal suo gradino, l'Uomo dell'Ovest si voltò costringendo la fila a fermarsi: «È stato Gemma Verde, primo dei Nuovi Re, a disporre che nulla venisse toccato. Quando il nostro mondo fu riconquistato, Egli ordinò di restaurare solo lo stretto indispensabile alla vita», raccontò in tono solenne; «e non era certo questione di finanze, perché a quei tempi non esisteva suddito né alleato che non bramasse la sua amicizia, e sarebbero stati disposti a lavorare gratuitamente pur di compiacerlo. Si trattava di lasciare un monito, ragazzo.»

Perplessi, gli uomini attesero ulteriori spiegazioni.

«Un monito di quanto in basso sia possibile cadere», intervenne Belthran, «affinché nemmeno il più stolto dimenticasse che prima del suo erano esistiti altri regni altrettanto potenti, se non di più. Altre civiltà capaci di riscrivere la Storia, eppure svanite per le più disparate ragioni.»

«Egli non voleva che gli errori del passato si ripetessero», aggiunse un'altra voce.

Chi sollevandosi sulle punte, chi torcendo il capo, tutti cercarono di sbirciare verso la sommità del colle, dove una figura si stagliava contro il tenue bagliore dei fuochi notturni.
L'uomo discese lentamente alcuni gradini, il passo fermo e misurato.

«Non voleva che gli Uomini smettessero di vigilare», puntualizzò, «ed è per questa ragione che io non mi muovo mai di qui.»

(Continua...)

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Meno male che ci sei... ;)
Un piacere enorme leggere!

Il quinto giorno... che ti avevo detto? :)
Spero di farcela a sfornare un post a settimana, compatibilmente con la mia lentezza e tutti gli altri impegni. Le puntate precedenti sono su https://lotrsequel.blogspot.com che continuerò ad aggiornare pur dando la precedenza a Steemit.
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