Incubi e leoni

Era una fresca notte d'estate a Iunu. Il cielo era sgombro da ogni nuvola e la Luna piena illuminava tutte i tetti di tutte le case della città. Nessun rumore o suono riecheggiava tra le case: tutti dormivano sonni tranquilli e soltanto un piccolo gatto rossastro stava gustando la sua cena sopra un barile in legno: un piccolo pesciolino, forse scarto dei pescatori.

In una di queste case un giovane ragazzo stava dormendo. Il suo sonno era tutt'altro che rilassato e si agitava tra le lenzuola che lo coprivano. Un filo di luce penetrava nella sua stanza e rendeva l'ambiente quasi lunare. Egli sembrava divincolarsi, quasi come se stesse simulando una lotta, un combattimento. Il sudore che ungeva la sua giovane pelle liscia, permise di capire fin da subito a sua madre, accorsa in soccorso, che molto probabilmente non si stesse trattando di un piacevole sogno, bensì di un incubo. La donna sollevò il ragazzo per le spalle e lo scosse, proprio per interrompere lo status sconvolto del figlio. Ben presto il bambino prese nuovamente coscienza e non appena si trovò di fronte sua madre, scattò in un profondo pianto. I due, abbracciati saldamente, sembravano legati in un unico corpo: la madre, forte, sorreggeva quel figlio sconvolto.

"Ho fatto ancora quel brutto sogno" disse il bambino con una voce interrotta dal singhiozzo.
"Raccontami!" replicò la madre accarezzando i folti capelli neri del giovane ragazzo.
"Ogni sera la stessa storia. Sogno di essere nel deserto, in cerca di scarabei, quando vengo colto da una sete tramenda. Mi avvicino ad un'oasi per abbeverarmi e mentre sono lì a rifocillarmi, un giovane leone mi si avvicina: era in agguato da tempo, riparato da un cespuglio che aspettava la sua prossima preda. Quella preda ero io. Sono riuscito a divincolarmi, ma quest'animale sembra essere più forte di me. Non riesco a fuggire, visto che mi nega la fuga. Mi stringe ad una roccia. Sono finito. Tenta di azzannarmi al collo, ma grazie ad un bastone riesco a schivare i suoi colpi. Percepisco di essere più lento e meno forte. Tento di fuggire, ma cado. Prima che il leone mi azzanni al collo però...mi hai svegliato." raccontò il bambino che, durante la narrazione, cambiò completamente il suo stato d'animo. Da triste ed impaurito quale era inizialmente, poco alla volta subì un'evoluzione della sua condizione, divenendo quasi un oratore sul finire del sogno. Nella fase finale i suoi occhi grandi sembravano quasi essere grintosi, guerriglieri, vogliosi di scontro, tanto che il bimbo si era alzato in piedi sul letto di canne simulando il combattimento. L'epilogo della storia sembrò quasi renderlo ancora più irrequieto, visto che non era riuscito a capire se quel leone lo avrebbe sconfitto oppure no.
Rimproverò ripetutamente la madre di averlo interrotto.
"Vado a prepararti del tè. Tu rimani qui sul letto e cerca di recuperare il sonno." gli disse la madre, mentre si allontanava verso la zona del focolare.

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Al suo ritorno la madre ritrovò il giovane figlio alla finestra, mentre osservava la Luna:
"Vedi madre, spero un giorno di incontrare questo leone!"
"Ma tu lo incontri già ogni notte! Non ti sembra che sia sufficiente?" replicò la madre, stupita dalle parole pronunciate dal bambino.
*"No no...io voglio incontrarlo veramente. Io e lui. Solo uno di noi due può sopravvivere. Sono all'altezza di combattere un leone o forse la Natura può prevalere su di me. Se così fosse non son degno di restare in vita. Noi Egiziani siamo più forti di qualunque altro popolo e ancor più degli animali." affermò il bambino, che venne poi perentoriamente preso in braccio dalla madre e ricondotto verso il letto.
"Adesso dormi, Chefren. Domani è un altro giorno e guarda di non fare altri brutti sogni!"

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_{15 anni dopo}

Chefren stava cavalcando con alcuni suoi amici nel deserto.
Sono ormai alcune ore che si stavano muovendo tra le dune.
Il gruppo decise di dividersi: Chefren infatti aveva deciso di raggiungere la pozza di Dehili, una piccola oasi a qualche centinaio di metri dal punto in cui si trovavano adesso.
Il ragazzo partì al galoppo, veloce come il vento, senza alzare neppure granello di sabbia.
L'oasi era splendida e rigogliosa. C'erano anche un paio di palme molto alte che decoravano quel luogo, magico nella desolazione desertica.
Chefren era assetato e raggiunse rapidamente la piccola area, dove l'acqua scorreva in un flusso proveniente dalla profondità e scendeva poi nuovamente verso il basso. Il chiarore dell'acqua fece pensare che fosse pulita. Il ragazzo smontò dal cavallo e si lanciò ad abbeverarsi: l'arsura del deserto aveva seccato la sua bocca. Anche il cavallo si spimse fino alla riva della pozza, ma il suo comportamento sembrò essere nervoso, quasi come se qualcosa lo stesse disturbando. Non era tranquillo
Improvvisamente da dietro un cespuglio balzò una leonessa, che si avventò immediatamente sul collo del cavallo, il quale cadde a terra colpito dal morso del felinide. Chefren notò immediatamente quel fatto e senza pensarci due volte si gettò in difesa del suo fedele destriero, nonché dell'unica possibilità di poter attraversare il deserto fino a casa sano e salvo. Tirò fuori il suo pugnale dalla cintura e si lanciò sulla leonessa. In un turbinio di corpi i tre si colpirono a vicenda, anche se molto spesso il cavallo, a causa della sua mole, risultò spesso vittima del coltello e delle armi del feline.
I tre in un attimo si trovarono separati: il cavallo con un balzo fuggì dietro le spalle di Chefren. Il ragazzo era consapevole che con il suo destriero in quel momento se ne stesero andando anche le sue possibilità di un ritorno sicuro a casa, ma in quell'attimo comprese anche che il cavallo con le ferite riportate non sarebbe stato utile a nulla, se non ad abbandonarlo in mezzo al deserto.

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Adesso Chefren aveva di fronte l'animale che fin da bambino aveva angosciato i suoi sogni: sarebbe mai riuscito a sconfiggere il suo tormento, ma soprattutto avrebbe dimostrato alla Natura chi fosse il più forte?
La leonessa non sembrava assolutamente provata dalla prima parte del combattimento ed anzi, appariva molto affamata, forse a causa del tanto sangue versato fino a quel momento, che adesso aveva colorato anche la riva della pozza. Chefren stringeva ancora saldamente il pugnale tra le sue mani.
Un balzo del felino dette inizio alla seconda parte dello scontro: solo uno si sarebbe sollevato vivo.
I due corpi sembravano intrecciarsi quasi in un rito amoroso dei serpenti. Colpi andati a vuoto, con il ragazzo obbligato a pararsi dagli artigli della leonessa, ma soprattutto dai denti appuntiti.
Improvvisamente un colpo del giovane ragazzo arrivò al petto del felino che inizialmente sembrò non accusare il colpo, ma in breve tempo il copioso sangue che usciva del suo pelo lo portò ad accaciarsi a terra. Chefren aveva finalmente sconfitto il suo incubo infantile, dimostrando a se stesso la superiorità sul mondo animale.

Dopo poco arrivarono i suoi amici, che avevano notato il cavallo di Chefren ferito vagare nel deserto. Insieme a loro il ragazzo tornò a casa. Sano e salvo, ad esclusione di molti graffi superficiali. Quel giorno per lui segnò un momento cruciale.
Una rivincita.
Un evento che avrebbe segnato la sua vita e che avrebbe voluto tramandare a chiunque avesse pronunciato il nome di Chefren, il ragazzo che seppe imporsi sul leone.

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_{Con questo post partecipo al contest settimanale di @spi-storychain, in cui il tema era La Sfinge e l'ambientazione l'Antico Egitto.}

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