L'alba del quarto giorno (4a parte)

in #ita6 years ago (edited)

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Siamo vittime di un bombardamento. Bordate a diritta. Ho pochi dubbi.

L'inclinazione della nave non mi fa ben sperare. Inizia ad entrare molta acqua ed io sono qui incatenato senza via d'uscita. Come un topo in gabbia. Quell'isola, distante soltanto alcune ore nei mie ricordi, mi sembra quasi il paradiso. Non me la sto passando bene. Non voglio morire.

Ancora una volta la morte bussa alla mia porta.

Questa volta ha il volto di una palla di cannone che penetra il legno del fianco della nave.

Schegge ovunque. Scariche di adrenalina e paura mi attraversano come un fulmine.

"ISOLAAAAAAAAAA!"

La cannonata ha divelto gran parte delle catene e delle sbarre. al mio fianco sta entrando tantissima acqua un fiume. Devo liberarmi oppure la mia tomba sarà il fondo dell'oceano. Cerco di smuovere la ferraglia che mi tiene immobilizzato, ma niente. Mi servirebbe qualcosa con cui fare leva ed un pezzo di legno che galleggia vicino a me potrebbe fare al caso mio. Adesso ho l'acqua che mi arriva al petto. Ho poco tempo. Le mani mi tremano.

"Voglio tornare su quell'isola...non sarei mai dovuto andarmene. Lì nessuno mi avrebbe fatto ancora del male." sussurro tra me e me. Poi prendo un respiro profondo e immergo la testa sotto il pelo dell'acqua per vedere dove fare leva con l'asse in legno. La riesco ad infilare sott'acqua e con una spinta spezzo le catene.

Sono libero. Non faccio in tempo a prendere una boccata d'aria che è mi devo reimmergere. Lo spazio privo di acqua si è azzerato.

Sott'acqua le uniche vie di fuga che ricordo sono la via verso il piano superiore, che è però ostruita da ferraglia e assi di legno e la falla dalla quale sta entrando tantissima acqua. Sceldo di tentare di uscire proprio da qui, anche se la corrente è molto forte. Trovo ancora una volta tante energie, che non pensavo neppure di avere. Come in una scalata mi aiuto anche con degli appigli a scorrere avanti.

Non ho più aria. Sono fuori, ma riesco solo ad afferrare un pezzo di legno che si sta staccando dalla fiancata, prima di svenire.

galeone_sailing_by_ofthedunes.jpg

CC Creative Commons

Un tonfo sordo a poca distanza dall'orecchio mi risveglia. Mentre vomito acqua salata sento una voce:

"****William Wholf, ci rincontriamo! Mi sembra di vedere un morto che cammina...o che affoga!****" riconosco la voce, anche se le risate in sottofondo, mi fanno dubitare ancora dell'identità di chi mi stia chiamando. Alzo lo sguardo e riconosco l'uomo che ho di fronte: Derrick Donovan, meglio conosciuto da tutti come Josè, per il fatto che, pur essendo inglese ha una carnagione molto olivastra, tipica degli spagnoli.

*"Scorgi sempre l'orizzonte

di coraggio e speranza quella è la fonte.

Aspetta poi fino al quarto giorno,

altrimenti usa la pistola del non-ritorno!"* mi ripete, poi contiuna: "Non hai mai avuto il coraggio del pirata. Avresti dovuto premere quel grilletto ed invece non lo hai fatto ed adesso torni qui sulla tua nave, la Saint Mary, bagnato come un gattino. E con quali speranze? L'isola sarà ancora una volta la tua ultima metà."

"No, ti prego!" lo supplico, congiungendo le mani.

"Ma questa volata non ci saranno errori: non avrai la pistola ad aiutarti. Dovrai patire le pene dell'inferno. Nessun capitano può tentare di affondare la propria nave." continua lui prendendomi per la camicia e sollevandomi.

"Avevamo torto! E l'unica speranza era affondare la mia nave! La Marina Militare ci era alle calcagne e quella merce rubata al mercantile inglese era troppo pericolosa." replico io, trafitto nel personale, con la volontà di una replica.

"La Saint Mary ha superato questo ed altro. Non sei forse tu a portare il marchio del disonore inglese" mi alza la camicia mostrando la marchiatura sulla mia pelle. "Torniamo per mare liberi, dopo che ti abbiamo scaricato su quell'isola. Adesso non siamo più corsari. Siamo liberi: siamo "****PIRATI!!!****".

Capii quindi che la mia ciurma, i miei uomini, disertori del loro capitano quale ero fino a pochi giorni prima, erano nuovamente pirati, dopo che io ero riuscito a tutelarli in questo oceano, creando un'alleanza con la Corona Inglese.

"Tu tornerai su quell'isola. Sei morto lì. L'isola non perdona. Non puoi sfuggire,ma sai che è contro natura."

Ancora un cappuccio. Ancora buio. Tento di urlare ma vengo spinto a terra.

Quell'isola che avevo odiato e desiderato sarebbe stata la mia ultima spiaggia. Ancora una volta.

Continuo ad urlare, imprecare, ma capisco di essere stato legato al pennone della nave, come si era soliti fare con i prigionieri. Le forze sono sempre meno. Mi arrendo al fato. Penso ad un piano di fuga, ma ormai percepisco la sabbia sotto i miei piedi.

La Saint Mary rallenta. Vengo sciolto ed inizio a dimenarmi, ma un paio di calci mi fanno cadere a terra. Dopo poco sono su una scialuppa.

"Eric...Lucas...David...Frank...vi prego, non portatemi su quell'isola...fate ragionare Josè" nessuna risposta, solo il rumore dei remi che affondano nell'acqua e la prua che fende le onde. "Almeno lasciatemi una pistola."

Spero che questo viaggio su questa scialuppa non finisca mai, ma ovviamente non è così. Quella che percepisco essere la prua affonda ben presto su una riva sabbiosa. Vengo sollevato. Tento di dimenarmi per l'ultima volta, ma come un sacco di patate vengo lanciato sulla sabbia.

Quella sabbia che conosco forse troppo bene.

"Bastardi sono il vostro capitano! Mi state condannando per una seconda volta! Vi troverò! continuo ad urlare, ma ormai sono solo qui, nel buio di questo cappuccio che mi copre il volto.

Passa il tempo e capisco che la sera stia avanzando, dato che le temperature continuano a calare. La brezza serale, con cui avevo fatto familiarità le notti precedenti si ripresenta e mi fa rabbrividire.

Cerco di liberarmi e le funi che mi bloccano le mani sembrano avere un po' di gioco. Riesco a sciogliermi prima una mano e poi l'altra. Mi tolgo il cappuccio ed inutilmente mi guardo attorno, senza però vedere nulla: la notte è calata sull'isola.

Alla luce della luna, sconsolato, mi dirigo verso la mia compagna su questa spiaggia: la palma. Mi siedo alla sua base ed inizio a piangere.

Quasi come quando due amici si rincontrano dopo aver passato dure disavventure lontani, anche io riunito all'isola, mi sento al sicuro ed al contempo condannato. Almeno avessi la mia pistola!

La notte sarà lunga. Ho ancora quattro giorni.

Attendo l'alba e con essa nuove speranze.

[…continua…]

Questa è la mia quarta parte del mio racconto per #theneverendingcontest di @spi-storychain.

Tema della settimana: Pirateria.

Ambientazione: fra '600 e '800

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