Non mi dire … - 2° parte [fuori concorso - theneverendingcontest]

in #ita5 years ago

Giacomo era fuori di sé dalla gioia! Solo vedere quell'emozione sul suo viso avrebbe ripagato per qualsiasi sforzo e sacrificio, anche se non c'era nessun sacrificio da fare: era l'avventura più pazza che mi fosse capitata in vita mia, d'improvviso mi sentivo ringiovanito di vent'anni. Far parte del team “FuckYouCancer” mi sembrava incredibile: c'ero io, patito di auto di ogni tipo, discreto pilota e 40 anni di esperienza come meccanico (che non guastava in una gara come quella che ci aspettava), Stefano con la passione per la montagna ed esperto di tecniche di sopravvivenza, capace di affrontare qualsiasi situazione di emergenza, e Giacomo, il nostro capitano, follemente innamorato dell'India e conoscitore di ogni suo segreto.

Ritrovarsi in India fu come iniziare una nuova vita: quando hai un grande progetto che sta prendendo forma tra le tue mani ti senti un supereroe, ti sembra che tutto sia possibile. Eravamo pronti, il nostro risciò era pronto, gli altri 42 team che gareggiavano con noi erano pronti: tre, due, uno, BANG, SI PARTE! Guidare in India è un delirio, guidare un tuk tuk tre ruote riuscendo a stare in equilibrio senza investire nessuno è un miracolo! Correre la Rickshaw Run fu per noi come volare con un Cessna 152 tra turbolenze, tempeste di grandine, vento contrario e un'ala rotta. La nostra scatola di latta, colarata con immagini psichedeliche di Kung Fu Panda, galoppava a meno di 40 km/h tra le strade non strade del territorio indiano, due settimane guidando anche 12 ore al giorno e i nostri culi erano più quadrati di un disegno di Mondrian. Passavamo tra i villaggi della povera gente che ci accoglieva festosa e ci offriva da mangiare, dormivamo le notti negli ostelli e a volte, troppo stanchi, sotto le stelle, ci riposavamo quando le vacche ci impedivano di passare e giocavamo con i bambini che ci correvano intorno mentre rallentavamo fino a fermarci. Abbiamo oltrepassato città, foreste e deserti, il motore si è rotto almeno quattro volte, ci siamo rovesciati, impantanati, si è bucata una ruota, abbiamo visto lunghe spiaggie ed enormi alberi di giaco, palazzi reali e antiche moschee, mercati affollati intrisi del profumo del tè chai e del bollente hyderbadi biryani di capra.

Quando siamo arrivati Jaisalmer eravamo stanchi, sporchi, sudati. Il risciò ormai rantolava e io e Stefano eravamo scesi per spingere e non smettavamo più di ridere. Ridevamo e piangevamo tutti e tre insieme, mentre Luisa ci guardava come una mamma guarda i suoi figli birbanti.



Immagine CC0 creative commons



-E poi nonno? Cosa è successo dopo?- Lorenzo mi gurdava con i suoi grandi occhi verdi. Aveva 5 anni e non era la prima volta che gli raccontavo questa storia. Ma lui si divertiva sempre un sacco e mi obbligava a fargli vedere tutto il tragitto percorso sulla mappa e le foto che avevamo scattato nelle situazioni più incredibili. D'altra parte era la storia della sua nascita.
-Dopo è successo che il tuo papà, Giacomo, decise di voler rimanere a viaggiare per l'India per il tempo che gli restava da vivere, che fu sufficiente per mettere incinta la tua mamma, ma purtroppo non abbastanza per vederti venire al mondo. Ma è andato in cielo felice perchè sapeva del tuo arrivo- gli risposi accarezzandogli la testa.
-Nonno, sai che c'è? Voglio anche io correre la corsa con i tik tok!!- disse serio Lorenzo.
-Non mi dire ...- dissi, pensando che la storia cominciava da capo!!




In partecipazione fuori concorso a:
theneverendingcontest n° 25 S5-P5-I1 – Contest di @spi-storychain

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