Chiacchiere, Bar e Noir: pt. 2

stella87s (62)in #ita • 6 years ago (edited)

Un lavoro da fare

Non sapeva come aveva fatto a finire in quel bar. Un ricordo fumoso delle ultime ore si faceva strada a fatica tra la nebbia.
Sogno o realtà? Lì per lì non lo sapeva.
Strinse tra le mani il bicchiere di Jack Daniel’s. Caldo. Lo aveva chiesto con ghiaccio, ma in quel buco lercio non ne erano forniti.
Riflettere. Doveva riflettere.
Bevve un sorso di liquore. Il calore dell’alcol le pizzicò la gola per un attimo, il sapore intenso le inondò il palato.
Poi i pensieri sarebbero diventati leggeri, e l’avrebbero aiutata a pensare.
Era sola. In un angolo buio, anche il barista si era dimenticato di lei. Il mal di testa l’aveva sopraffatta poco dopo aver ordinato, e si era abbandonata sul tavolo nero a rincorrere ricordi o forse sogni.
Ora, era di nuovo lucida. Sapeva che doveva soltanto aspettare.

I rumori provenienti dalla strada assordavano il locale, silenzioso. Sirene di polizia o autoambulanza, traffico, clacson, assordanti slogan pubblicitari che si diffondevano coattivamente ovunque. Il sottofondo perfetto per svuotare la mente.
Eppure. Eppure quel flash di terrore puro ritornava sempre. Lui. Strappato via. Disperazione, dolore. Vendetta. Contro chi, non lo sapeva. Non sapeva ancora chi era, ma lo avrebbe trovato.
Bevve un sorso e si rimproverò subito.
Non devi pensare a lui. Non devi. Scindere le cose, sempre. Non mescolarle, mai. Altrimenti la miscela esplode, improvvisamente. E le esplosioni devono essere solo programmate.
Aveva una missione ora da rispettare. Aspettare.
Il tempo di svuotare il bicchiere e l’uomo che aspettava entrò nel bar.

Non si accorse di lei. Ordinò da bere, chiacchiere da ubriaco con il barista. La Colt.45 riluceva nella fondina. Non distingueva le parole che si scambiava con il barista ma era chiaro che l’uomo non era nella sua forma migliore. Si infilò silenziosamente nello stanzino sporco che doveva essere il bagno e aspettò. Lì i rumori provenienti dalla strada erano ancora più forti. Il fetore insopportabile. Distingueva a stento le voci. I minuti passavano, il tono di voce si alzava, poi di nuovo calmo. Dalla porta socchiusa vide l’uomo alzarsi dal bancone del bar, dare le spalle al barista e fare due passi verso l’uscita. Non sapeva cosa si fossero detti, vide solo la mano del barista stringersi attorno alla doppietta, poi il braccio che si alzava e l’occhio socchiuso per prendere la mira: il dito pronto a premere il grilletto.

Bang bang bang

Era stata più veloce di lui. Il barista si accasciò dietro il bancone, sul viso un’espressione di incredulità inattesa. Sul bancone c’era del sangue e dei resti di vetro rotto. L’uomo appena uscito si voltò e la vide, a metà tra lo stupore e la lentezza dei riflessi dovuta all’alcol.
“E tu chi cazzo sei? Perché l’hai ammazzato”
“Prima domanda: non ti interessa il mio nome. Seconda domanda: voleva farti fuori, quindi ringraziami”
L’uomo la osservò, senza riconoscerla. Da dove era sbucata fuori questa?
“Cosa vuoi?”
“Ti aspettavo da un po’, mi hai fatto già perdere più tempo del dovuto. Ma sono un tipo paziente quindi sorvoliamo. Andiamo dritti al punto”.

Gli sbatté una busta sul petto. Gialla, anonima, come mille altre. Dentro, un passaporto e un biglietto di solo andata.
Destinazione: l’altra parte del mondo.
“E ora, io e te abbiamo un lavoro da fare”.

Le migliori storie nascono per caso. Questo caso è un bar virtuale, tra amici virtuali che si raccontano frase dopo frase. L’inizio di questa storia è quello di @gianluccio: un bar e un tizio ubriaco che si racconta a uno sconoscito. Come proseguirà?

[Foto scattata da me]