Una matassa da sbrogliare

in #ita6 years ago (edited)

Non era mai andata bene a scuola. Non riusciva a stare al passo della classe. Nessuna classe. La testa tra le nuvole, troppo. O troppe nuvole ad accarezzare i pensieri. Le compagne di classe, tutte femmine, erano gentili, ma di una gentilezza un po’ falsa che si rivolge a chi si considera un po’ stupido, un po’ sfigato o un po’ entrambe le cose. Ma grazie a quella gentilezza era sempre riuscita, per un pelo, a sventare la bocciatura. Un compito in classe passato appallottolato in un fazzolettino di carta, i compiti copiati prima di entrare in classe da quella dell’ultimo banco, bravissima e secchiona ma per niente sfigata, le interrogazioni superate per miracolo con il minimo sindacale. Eppure leggeva, leggeva cose che le sue compagne non avrebbero mai letto. Leggeva avidamente, come non si faceva più. Due, tre libri a settimana: ecco cosa faceva invece di studiare. Tra i tanti, Bukowski, David Foster Wallace, la sua Bibbia era l’Antologia di Spoon River di Edgar Lee Master. Mentre le sue compagne a stento leggiucchiavano un romanzetto rosa adolescenziale (giusto perché era uscito il film con il divo del momento), lei si perdeva in un testo di Calvino. Non che si sentisse superiore, semplicemente non aveva nulla in comune con loro.

Davanti allo schermo del pc, in ufficio, ripensava a quelle giornate tutte uguali di 15, 20 anni prima. Il cellulare vibrò accanto al mouse e lo schermo si illuminò. Un nome e sotto un messaggio.

“Richiamami è urgente”.

Quanto potesse essere urgente la quarta di copertina di un libro, proprio non lo sapeva. Ma si sa, qualsiasi lavoro si faccia, si avrà sempre un capo che considera la propria attività con la gravità di un chirurgo che si appresta a effettuare un’operazione a cuore aperto. Eppure quel lavoro lo amava. Ritornando a quei 15/20 anni prima, se le avessero chiesto “cosa vuoi fare da grande” avrebbe risposto:”lavorare circondata dai libri”.

Ancora non sa bene come, ma era riuscita nel suo intento. Ed era brava, anche. La miglior editor di quarte di copertina della piccola ma attiva casa editrice in cui aveva trovato lavoro un po’ per caso, un po’ per fortuna, un po’ perché si sa, la legge dell’attrazione a volte non è poi una teoria così strampalata. Se pensi costantemente e fortemente a qualcosa, arriverà da te. Era andata un po’ così. E ora la quarta di copertina di quel volumetto su derive e approdi reali e metaforici era urgentissima. Un’operazione a cuore aperto.

Prese il telefono e richiamò.

“Eccomi, scusa non avevo la suoneria. Dimmi tutto”

“Okay, volevo solo ricordarti che entro stasera alle 22 dobbiamo avere quel testo, pronto, già editato, perfetto”.

“Lo so, lo avrai”.

Me l’hai ricordato appena 10 volte da stamattina, pensò.

Era fatta così. Vuoto cosmico e poi, all'improvviso, l’intuizione giusta. Il pensiero da seguire e a cui attaccarsi fino a quando il nodo non era completamente sciolto.

Si alzò dalla scrivania e andò alla macchinetta del caffè, per sgranchirsi le gambe e svuotare la mente. Troppo piena, quel giorno. Girava il liquido scuro e profumato, e pensava. A tanto tempo prima.

Uscì fuori dal palazzo, si accese una sigaretta. Alla fermata del bus, lì davanti, due ragazzini.

Sneakers e felpe larghe, nere.

Abbracci e sguardi innamorati.

Occhi stropicciati e cuffiette nelle orecchie. Come tanti. Sarebbe potuta essere lei, 20 anni prima.

Ci sono ricordi che senza chiedere permesso, sfondano porte sigillate, dimenticate. Arrivano per caso, inaspettati, non richiesti e mettono alla prova. Rimorsi, o forse rimpianti?

Tutti ne hanno, e spesso li usano come molle per scrivere una storia. Ne aveva letti tanti, di rimorsi e rimpianti riscritti per dargli vita, una possibilità o solo una forma di esistenza qualsiasi che testimoniasse sentimenti non sempre dichiarati. Non sempre vissuti.

Scrisse la sua storia, mentalmente, in forma di lettera, mentre inspirava ed espirava il fumo del tabacco, lentamente.

I tavolini del piccolo caffè accanto al portone del suo ingresso, erano gremiti. Pausa pranzo. Chiacchiere, telefonate, qualche risata. Qualcuno scarabocchiava su un pezzo di carta, qualcuno scriveva al portatile o al cellulare.

Stanotte, come mi capita di tanto in tanto, raramente, mi sei venuto in sogno. Un sogno dolce, al tramonto su una collina ricoperta di una nebbiolina leggera e fresca, come quella della penisola che ci ha visto crescere. Un’atmosfera dai colori tenui, sbiaditi, non a fuoco. Tu, invece, avevi i contorni perfettamente nitidi, reali. Era una festa di paese, come quelle dell’infanzia. Tra mille volti confusi, il tuo era lì: capelli, occhi, sorriso. Voce. Era un sogno eppure eri lì, reale. Ti ho sentito e, nel sonno, mi sono voltata verso di te. Mi hai vista anche tu, tra mille figure indistinte, a fuoco. Eri lì, davvero anche tu? Mi sono avvicinata, fregandomene di tutto e di tutti. Tanto era un sogno. Mi hai sorriso imbarazzato, mi sono seduta accanto a te, sul bordo di un marciapiede, come avrei fatto con l’amico migliore che ho. Occhi negli occhi, come tanti anni fa su quella gradinata di una piazza sconosciuta, adolescenti folli e innamorati. Mani nelle mani. Le ho sentite, quelle dita stringersi attorno alle mie.

Siamo qui, ora.

“Che ci fai qui?”

“Sapevo che saresti venuta e ti stavo aspettando”

“Arrivo sempre, prima o dopo”

“Vieni, ti porto in un posto”

“Perché hai smesso di cercarmi, di scrivermi, di esserci?”

“Perché sono un cretino e anche forse un vigliacco, ma non potevo fare altro.”

Taccio e ti guardo, mentre camminiamo nel nulla. Un brivido corre lungo la schiena, il cuore batte forte, a mille, l’adrenalina nelle vene teme il risveglio. Arriviamo in una casa, la solita casa di sempre. Diversa, ma è lei.chiacchieriamo, seduti a un tavolo, di questi ultimi anni di lontananza, come se fossimo parte dello stesso mondo. Poi ti alzi, ti avvicini e dolcemente mi accarezzi il collo, poi nello stesso punto in cui la mano mi sfiora, lì, nell’incavo tra orecchio e collo, mi baci. Un bacio lento, dolce, che dice tutto. Lo sento.

Mi sveglio. Eri lì, davvero?

Se lo chiedeva ancora.

Quante persone diverse si possono essere nell’arco di qualche decennio? La bambina allegra e spensierata, L’adolescente in gamba ma depressa e un po’ sfigata, la compagna di classe che non studiava mai, l’avida lettrice, l’amica migliore del mondo, la collega stronza, la figlia problematica e in perenne conflitto con la madre, la studentessa universitaria modello, la barista per arrotondare, la cliente fissa del bar sotto casa, la nipote degenere e quella adorata, la ragazzina bullizzata quando ancora non esisteva una parola per descrivere sfottò, prese in giro, battutine e commenti pungenti sul proprio aspetto e modo di essere; quando i pensieri incazzati e tristi si affidavano alle pagine di un diario e non a quelle virtuali del web. Al massimo a un sms a l’unica persona al mondo che sembrava capirti. Conosciuta che eravate ancora due bambini. Quel sentimento d’intesa istantanea che non hai mai più trovato. O voluto trovare. Perché dopotutto quei legami intensi che si creano per primi restano indissolubili, sempre. Porti sicuri nell’animo che si stringono la mano quando serve. Superando tempo e distanze.

Non pensava spesso a lui, coscientemente. Era cosa vecchia, storia praticamente. Ma una parte dell’animo non si rassegnava e di tanto in tanto ricomponeva il contatto. Destabilizzandola una giornata intera. Si può essere di malumore per qualcosa che succede solo nella propria testa? A quanto pare sì.

Una vibrazione in tasca la riscosse dai pensieri incauti.

Era la grafica: “Dove sei? Ti sto cercando, passa da me”.

Ritornò alla realtà. Spense il mozzicone sul muro e tornò su.

E salendo la rampa di scale, ecco il filo da seguire e da sbrogliare. Ricordò la prima volta che aveva letto quel romanzo a cui stava lavorando. Era in viaggio. Si fermò e iniziò a scrivere tra le note del cellulare:

“Ho letto in viaggio un libro che parla del viaggio. La tratta con il treno regionale può essere molto lunga. E con le parole dell’autore a farmi compagnia, il mio viaggio ha trovato voce nelle pagine del testo. Pensieri impliciti in me ogni volta che salgo sul treno e guardo le immagini scorrere veloci come un film sul finestrino, sono stati descritti in un testo che quelle sensazioni le esamina, le analizza, le racconta, le fa uscire fuori. Cose che credevi di non provare, di non averci mai pensato prima, te le ritrovi lì, nelle parole di qualcun altro che te le narra, con delicatezza, eleganza, semplicità e poesia.”

Ecco la matassa da sbrogliare, da ordinare. Ora era concreta. Come un sogno troppo a lungo vissuto che dopo un po’ diventa un ricordo vero, concreto. Un sogno a occhi aperti.

Corse alla scrivania, scrisse il testo. Correttore di bozze, caporedattore e di nuovo a lei. Pronto per essere mandato in stampa.

Pausa sigaretta.

Fuori, il sole era quasi tramontato. Si preparò la sigaretta, svuotando la testa. All’improvviso, odore pungente di fiammifero appena acceso. Inspirò. Una nuvola di fumo le avvolse il volto. Una voce: “ho fatto questo, qualche ora fa, mentre fumavi da sola qui fuori.”

Guardò il foglio che le allungava la mano sconosciuta , era un suo ritratto. Alzò lo sguardo: un tuffo al cuore. Era lì davvero? Era lì, davvero.

[Foto e ritratto di @heidi71, utilizzata per partecipare al suo contest]

Sort:  

Ragazzi, che storie belle. Ma perché non le mettiamo insieme come AA.VV. e le pubblichiamo in qualche modo?

ci stavo pensando anche io :)

Sarebbe bellissimo! Ho una mezza idea... !

mi ha commosso :) è bello o sto diventando proprio vecchia? Beh diciamo tutte e due le cose.

Bellissimo!

Ci sono ricordi che senza chiedere permesso, sfondano porte sigillate, dimenticate.

Eccome se ci sono! Ho sentito molto questa frase, e in parte mi sono identificato, con le dovute differenze, con la protagonista.

Che bello, questo sentire personale che si fa collettivo! Grazie 😊

Meravigliosa creatura come direbbe Gianna Nannini!
Congratulations!

Grazie 😊

Mi hai tenuta incollata dal primo all'ultimo rigo, mi hai emozionata e mi hai fatto immedesimare. La tua protagonista è tutti e nessuno, ha "l'eleganza del riccio".

Ci sono ricordi che senza chiedere permesso, sfondano porte sigillate, dimenticate. Arrivano per caso, inaspettati, non richiesti e mettono alla prova. Rimorsi, o forse rimpianti?
[...]
Quante persone diverse si possono essere nell'arco di qualche decennio?

Concetti quasi universali, che mi sono sentita cuciti addosso sulla pelle. Complimenti, davvero.

Che commento meraviglioso @piumadoro! Grazie davvero. Forse anche per questo non le ho dato un nome, perché in parte sono io, in parte un’idea, in parte qualcuno incontrato per strada. È tutti e nessuno. È proprio così. Grazie per questa lettura 😊

questo contest sta rivelando gemme narrative preziose. Bellissimo!

Verissimo, ho letto cose bellissime! Basta un ottimo input a stuzzicare i pensieri! Grazie!

E ma sì che commuove! E, contrariamente a @martaorabasta, ho smesso da tempo di diventare vecchia 😜. Quindi è bello 😊

Lacrime e commozione. E siete bellissime 😄❤️

Wow Stella, veramente bello il tuo racconto, queste piccole e decisive particolarità rendono il tutto molto reale, quasi tangibile, brava!

<3 Grazie saretta !!

molto bello il tua racconto, mi ha commosso.

Grazie mille :)

Bel racconto.

”Fuori, il sole era quasi tramontato. Si preparò la sigaretta, svuotando la testa. All’improvviso, odore pungente di fiammifero appena acceso. Inspirò.

Questa scena l’ho proprio sentita sulla mia pelle.

Complimenti anche a te.
@martaorabasta l’ho letta. Ora mi vado a cercare altr@ partecipanti...

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