Tre per zero è uguale a tre - Libro I - Capitolo IV

in #ita6 years ago

Buongiorno a tutti, oggi ragazzi vi propongo il quarto capitolo del mio nuovo libro.
E' un capitolo fondamentale, e sarà un pò complicato leggerlo.
Per cui aspetto commenti, ricordando a tutti che è un libro di fantasia, per cui la fisica è una opinione, ma accetto volentieri spunti per arricchire il tutto.

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CAPITOLO IV : LA FISICA E' UNA OPINIONE

Garrincha zampettava ancora euforico nella sala giochi, mentre tutti gli studenti dell’istituto ormai erano nelle loro classi in attesa dei loro insegnanti.
Attendevo Garrincha spuntare da un momento all’altro ed ero curioso di vedere l’espressione compiaciuta sul suo volto, per ricordarmi quale fosse il volto della felicità, non per altro.
Il ragazzo sbucò per ultimo dalla tromba delle scale, mentre nella mano sinistra teneva ancora il suo cellulare.
Girò l’angolo nel contempo in cui io prendevo posto in classe, entrò nell’aula e si accomodò al suo, sempre capo chino su quell’arnese. Sempre a rileggere lo stesso messaggio, anche perché solo quello si poteva fare con quel residuo tecnologico.

«Garrì….» fece Jordan sottovoce.
«Eh…» rispose l’altro, mentre continuava a scorrere il testo.
«Posa il cellulare…» ripeté il primo.
«Non rompere…»
«Garrì posalo…»
«Non rompere…»
«Garrì posalo!!»
«Aò non romp…».
Garrincha non fece in tempo a finire la frase, che vide spuntare le solite Desert boots di fronte a lui, in basso, poco davanti la sua scrivania.
«Giovinotto, cosa trova di cosi estremamente interessante da farle fissare quel macinino per così tanto tempo, minuto più minuto meno all’incirca due minuti e quarantaquattro secondi, come i gatti?»

Garrincha alzò lo sguardo.

«Cazzo, pure oggi c’è il fulminato… Me lo ero dimenticato…» pensò tra se e se mentre gli occhi rimanevano fissi sul professore che manteneva il solito ghigno di scherno e sfida allo stesso tempo.

«Professore mi scusi, non l’avevo vista entrare…»

«Ma io veramente ero già dentro, almeno nel senso comune del termine Giovinotto».

«Ah davvero?» fece mentre si guardò intorno per avere conferma dai suoi compagni, i quali annuivano mostrando al tempo stesso il dito medio.

«Lei Giovinotto è davvero singolare, lo sa? Vista la sua singolarità assoluta, sarà un piacere oggi averla come mio assistente nella lezione odierna. Vista la sua difficoltà nel giungere a lezione in orario e di rendersi conto di cosa avviene nello spazio circostante, dedicheremo questa prima parte di programma alla nozione di spazio - tempo.»

«Ma professore noi non lo abbiamo mai fatto, il programma di fisica e matematica di quest’anno non lo prevede» replicò la Fracassa, la “secchiona” della classe.

«Milady, ma cosa è un programma? E’ un qualcosa di immodificabile come la morte stessa o può essere soggetto alla umana volontà?» rispose il professore.

«Beh, si è modificabile però dovremmo rispettarlo perché..» continuava impenitente la Fracassa, chiamata così per la sua enorme capacità di fracassare le palle al suo interlocutore e per la sua nota elasticità mentale pari a quella di una virgola.

«Perchè così ci è stato detto? Lei mi stupisce in negativo egregia, se questo è il suo pensiero dovrei forse intendere che lei viene a scuola perché deve venire? Sarebbe come dire che è un automa comandato a distanza. Preferisco non pensarlo, dio che brividi il solo pensiero! Giovinotto venga qui accanto a me.»

Garrincha si alzò con la stessa voglia che avrebbe chiunque di alzarsi la domenica alle cinque di un giorno di pioggia. In inverno.

«Giovinotto lei cosa sa del tempo?» chiese il professore portando la mano al mento.

«So che scorre. E che non lo puoi fermare» rispose scazzato Garrincha.

«Null’altro?»

«Non mi pare».

«Dunque ragazzotti, a quanto pare il tempo per il vostro compagno è l’equivalente di un orologio appeso ad un campanile ed alimentato in eterno. O meglio, è come l’acqua all’interno di un fiume. Si limita a scorrere. Nulla di più.» fece il professore gaudente.

«Ma veramente» provò a intervenire la Fracassa «sicuramente non è così, ma non era nel programma…»

«Signorina per favore, taccia. Del suo programma non ha interesse nessuno» interruppe bruscamente il professore, che in quel momento era intento ad umiliare Garrincha.

«Dunque giovinotto, se io le dicessi che il tempo ha una sua dimensione, uno suo spazio, ma un solo verso, lei cosa mi direbbe?».

Garrincha lo guardò, cambiando espressione.

«Le direi che non la vedo così semplicistica la cosa».

«E come la vedrebbe?», replicò il professore non tanto incuriosito, ma più direi, come spiegare, in attesa di risposta.

«Credo siano possibili viaggi nel tempo, almeno in via teorica».

«Mi scusi giovanotto, fior di studiosi hanno studiato il tempo e confermato la impossibilità di viaggi avanti e dietro nello stesso. E’ più che certo che non sia possibile. Se ne rende conto?»

«E lei si rende conto che la terra prima pensavano fosse piatta?» replicò il ragazzo suscitando un “ohhhh” della classe.
Il professore accusò il colpo, ma sembrava preparato ad incassarlo.

«Va bene giovinotto. Accetto la sua provocazione, ma mi dica, come si potrebbe viaggiare nel tempo? Sono curioso di sentire le sue idee al riguardo.»

Garrincha lo fissò. E dallo sguardo scazzato e poco interessato che aveva in precedenza passò ad uno più determinato e ficcante. Esperimento di quegli anni era gettare una caramella Mentos dentro una bottiglia di Coca-cola per vederne la reazione. Ecco, il ragazzo reagì allo stesso modo.

«Allora. Lei mi parla di fisica, spazio, tempo. Ma se lei è un professore, dovrebbe sapere che la fisica, lo spazio ed il tempo non sono così note agli scienziati. Detto ciò io penso che anche se il tempo possa andare in un solo verso, non è detto che il nostro universo abbia un solo verso.»

La classe era ammutolita. Il professore fece un cenno con il capo per invitarlo ad andare avanti, ma il clima era cambiato.
«Ad esempio, se lei dovesse disegnare l’universo come lo disegnerebbe?» fece Garrincha.

«Cosa intende giovanotto?»

«Come lo immagina un universo? Uno spazio tridimensionale, quadridimensionale, non so, mi dica lei.»

«Lo immagino come uno spazio tridimensionale governato dalle leggi del tempo e della fisica.»

«Ecco, secondo me invece un universo è uno spazio quadridimensionale. A cui si aggiunge il fattore tempo e a cui non si possono applicare le leggi della fisica che conosciamo.»

«Giovinotto lei delira a mio parere. Non si capisce di cosa stia parlando.»

«Glielo spiego professore» fece Garrincha sempre più spavaldo. « Il nostro universo è come un foglio di carta in mezzo ad una camera. E’ quindi un oggetto tridimensionale all’interno di un contesto tridimensionale. Così è comprensibile?».

«Giovinotto è comprensibile, ma non capisco cosa centri il viaggio nel tempo.»

«Ora ci arrivo.» Garrincha prese un foglio che era sula cattedra ed iniziò a piegarlo prima a metà, poi di nuovo a metà, a metà e a metà, finché non divenne un sedicesimo di come era prima. «Vede questo foglio? Questo è il nostro universo. Con le leggi che conosciamo. Immerso in un contesto tridimensionale, la stanza, che non conosciamo. Sempre che sia tridimensionale! Ecco, se io piego il foglio, e lo schiaccio, il nostro universo ora ha sempre la stessa superficie, ma i suoi estremi sono ora ad una distanza minima, o no?»

Il professore era indignato. «Certo che gli estremi del foglio sono avvicinati, li ha compressi uno sull’altro!».

«Non svicoli professore. Io le sto dimostrando che due universi tridimensionali, di pari estensione, possono avere diversa occupazione di uno spazio tridimensionale in cui sono contenuti. E non ho finito! Lei immagini di nuovo il foglio come in origine. Per viaggiare da un estremo ad un altro, con il foglio non piegato, ci metterebbe X tempo giusto?»

«Giusto».

«Una volta piegato, ci si metterebbe lo stesso tempo a raggiungere gli estremi, in quanto non cambiano le distanze sul foglio giusto?».

«Ma se lei lo piega fino a far toccare gli estremi…»

«Esatto! Se gli estremi si toccano si annullano le distanze. Ma anche se non si toccano. Perché basterebbe viaggiare anziché da un estremo ad un altro del foglio, percorrendo la superficie del foglio stesso, viaggiare da un estremo ad un altro tagliando per l’ulteriore spazio tridimensionale della stanza. In sintesi se il nostro universo è il foglio ed è immerso in un altra realtà dimensionale, ovvero la stanza, tutta la concezione dello spazio e del tempo cambia perché avremmo a che fare con altre situazioni spazio temporali.».

Il professore non replicò. E la classe non aveva capito assolutamente nulla.

«Garrì ma che stai a dì!» fece Jordan.

«Sto dicendo cose che difficilmente comprenderai.» rispose il giovane «Ma provo a spiegartela ancora più facile. Immagina che hai una strada lunga cento metri. Per andare da una parte ad una altra correndo ci metti quindici secondi»

«Pure meno.» fece Jordan spavaldo.

«Vabbè ci metti dieci secondi perché sei fico. Ecco, e se la strada anziché essere tutta dritta fosse piegata in dieci parti da dieci metri di lunghezza e uno di altezza, una parte sopra l’altra, tipo piattaforme, per una altezza complessiva di dieci metri, quanto ci metteresti a volare dalla prima all’ultima? O anche a saltare da una all’altra?»

«Ci metterei di meno sicuramente.»

«Ecco io teorizzo questo. Che il tempo scorra sempre alla stessa velocità, ma che tu puoi ingannare la sua velocità saltando da un periodo temporale ad un altro utilizzando non la tridimensionalità di questo mondo, ma quella del contesto tridimensionale in cui il nostro universo è inserito.»

«Quindi giovinotto secondo lei noi siamo un mondo tridimensionale con regole fisiche proprie inserito in un contesto tridimensionale con altre regole o regole affini che si sommano alle nostre o sono indipendenti da queste?» fece il professore.

«Esattamente.»

«Ma questo potrebbe, con larga fantasia, ipotizzare solo viaggi nel futuro, e non nel passato, se ne rende conto?» aggiunse sghignazzando il professore. «Per cui il suo viaggiare nel tempo sarebbe piuttosto inutile non crede?»

«Se la mia teoria finisse qui si. Ma non è conclusa. Perché se è vero che il nostro universo è un foglio tridimensionale, ciò non toglie che questo foglio si arrotoli su se stesso, e anche il tempo si arrotoli con lui».

«Scusi cosa sta insinuando?»

«Che il tempo, la quarta dimensione, sia anch’esso piegabile e piegato come le altre tre dimensioni, per cui il punto iniziale, il nostro estremo del foglio, è a contatto con il punto finale, l’altro estremo. In sintesi noi non riusciamo a viaggiare nel tempo perché vogliamo farlo con le leggi della fisica che dominano il nostro universo. Ma se ci spostassimo sul piano dimensionale che ospita il nostro universo, e se il nostro universo è un foglio di carta piegato, noi potremmo spostarci nel tempo e nello spazio come preferiamo.»

«Lei vaneggia, non la seguo più, né io né la classe giovinotto.»

«Uff» fece Garrincha guardando con gli occhi al cielo. «Allora chiamiamo il nostro universo “Piano dimensionale A” e il piano dimensionale in cui è inserito “Piano dimensionale B”. Piano A quindi sarebbe la strada, e piano B mettiamo conto il cielo, o meglio ancora il mare. Quindi questa strada è subacquea ecco. La strada risponde alle sue leggi della fisica, mentre l’acqua in cui è immersa ne risponde ad altre. Secondo me è quindi possibile nuotare da un parte all’altra di queste parti di strada tagliando appunto il tragitto per il piano B anziché doverlo percorrerlo per il piano A. Essendo quindi anche il tempo su due piani diversi sarà possibile passare da un punto ad un altro dei due piani temporali sfruttando le due dimensioni spazio temporali. Ed essendo il tempo A piegato ed il tempo B non piegato o semplicemente fluttuante in maniera e secondo regole diverse, nel piano B rispetto al piano A sarà possibile viaggiare su due piani temporali diversi e secondo versi diversi. Per cui se nel piano A il tempo va in una direzione, nel piano B è ipotizzabile che viaggi in senso opposto e pertanto utilizzando il secondo giungere a qualsiasi punto temporale del piano A. Chiaro no?».
Non era affatto chiara la vicenda, e la classe era ammutolita. Chi se lo aspettava che quel ragazzo timido e taciturno potesse avere in testa una tale idea.

«Giovinotto è tutta una sua fantasiosa invenzione. Ci sono troppi se e troppi ma nella sua ricostruzione.» rispose il professore. «Anche ipotizzando che sia possibile, nell’altro spazio temporale ci saranno altre persone, altre regole, altre circostanze che lei non valuta, se ne rende conto?».

«Certo, ed è mia intenzione in futuro valutarle. Ma sono convinto se come dice l’assioma fondamentale della fisica che nulla si crea, nulla si distrugge, e tutto si trasforma, è probabile che gli universi condividano la stessa materia, che però si ricompone sotto forme diverse. Se fosse così basterebbe creare dei varchi in modo tale che al passaggio di una persona la materia non si riassembli nella forma del piano B, ma mantenga quella del piano A».

«Io non so se lei sia serio o meno, ma lei sta teorizzando una cosa del tutto fuori da ogni concetto di fisica. Come dire che tre per zero faccia tre anziché zero. Lei è piuttosto fantasioso, ma la fisica non è fantasia giovinotto».

«Io non sono fantasioso. E tre per zero può fare tre.»

«Non so cosa voglia intendere, ma non credo sia possibile.»

La campanella suonò proprio in quell’istante.

«Ne riparleremo professore.» sogghignò Garrincha.
Mentre i compagni, nel misto tra indifferenza e ironia per quello che avevano appena sentito, defluivano dalla classe in quei pochi minuti di libertà prima della lezione successiva, il clima tra il professore e il ragazzo era cambiato. Fino ad un ora prima il professore guardava Garrincha dall’alto verso il basso. Ora era Garrincha a guardare il professore come uno sciocco. E questo il professore non poteva proprio tollerarlo.

«Ne riparleremo giovinotto, può esserne sicuro» rispose l’adulto.

Nonostante l’affronto era possibile scorgere una certa curiosità nel tono di voce del professore, il quale però rimaneva fermo nella sua volontà di distruggere le tesi del ragazzo. Anche se era chiaro a entrambi che in fisica nulla si crea, nulla si distrugge, ma tutto si trasforma. E forse l’intenzione reale del professore era proprio questa.

Tutte le foto sono di mia proprietà.

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Garrincha ha vinto, vola come l'ala brasiliana del brasile di Pelé

il nome è per quello! leggi il primo capitolo

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