IL CACCIATORE DI FALENE - Capitolo VI

in #ita6 years ago

Capitolo VI – Una Poesia




Falena

Si stampano dettagli nelle iridi
Del vento tra le nuvole
Della luna oltre l'ulivo
Del mare che non è poi così lontano.
Frammenti di vita sciolta
Zucchero che addolcisce e avvelena
Nella notte accesa
La storia mia come falena

silk-moth-2624170_1280.jpgImage CC0 Creative Commons – Pixabay

Riempiva l’intera seconda pagina. Una poesia. Non conoscevo questa versione di Antonio ma ero sempre più convinto che, in fondo, lo conoscessi in modo superficiale, avendo perso le diverse sfaccettature del suo carattere. Come guardare un diamante da un solo lato, cogliendone la purezza certo, ma perdendone i riflessi colorati della luce che violenta le facce tagliate.
Ero tornato a casa congedandomi da Eleonora. Aveva pianto alla fine. Un pianto a cui offrii la spalla consolatoria. Avevo sete. Sete di leggere e di vino. Aprii la bottiglia di Barolo che avevo riservato per le grandi occasioni. Non so perché, ma quella mi sembrava l’occasione giusta. Ero solo con me stesso e con l’amico di sempre che raccontava




Pagina 3
Sono colpevole. Lo scriverò su ogni pagina.
Non devo e non posso dimenticare. Eppure potevo scegliere di fuggire. Di non essere quel che sono diventato. Avevo l’arbitrio. Non era un bivio, nel quale hai il cinquanta per cento di possibilità. Era una rastrelliera di opportunità. Avevo l’imbarazzo della scelta e ho scelto. Quindi ancor più lo vergo su questi fogli, in cima, per non dimenticare. Sono colpevole!
Colpevole perché ho scelto di finire ciò che ho iniziato. Colpevole perché possa distinguere la vita dalla morte senza annegare nel mare dell’oblio, senza Caronte a traghettare la mia anima dove deve e dove marcirà, all’inferno! Non posso perdonarmi. Non mi perdonerò. Sono colpevole per scelta e per scelta lo scrivo.

Mi fermai ancora. Lo stomaco bruciava. Acidità nervosa o forse fame. Mi alzai e senza esitazione mi recai in cucina. Aprii la credenza senza trovare nulla da ingurgitare. Avevo voglia di snack, salato, da contrastare l’acidulo di quel Barolo che bruciava la gola e più giù. Senza pensare mi ritrovai sul viale esterno alla casa. Casco e il rumore graffiato della mia Ducati. Adoravo quel suono. Avrei potuto sentire le sgassate per ore, fino a consumare tutta la benzina del serbatoio. Ma la voglia di placare quella fame era più forte. Ingranai la prima ed in un secondo fui sulla strada. La collina era dolce. Degradava con fare delicato verso la valle, verso il fiume.
Il supermarket era aperto, lo capii prima di arrivare per quell’insegna con un neon rotto che lampeggiava. Mario non lo riparava per quello, mi diceva che era un richiamo. Come la luce per le falene.
Ero anch’io falena o, forse, ero lì solo per cacciarle!




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