E se fosse vero?

in #ita6 years ago

Sto guardando la terza stagione di Fear the Walking Dead su Amazon Prime. L'altra serie, quella principale "The walking dead" mi sono fermato ad un paio di stagioni fa. Il motivo è che ad un certo punto gli zombie che ci fossero o meno era del tutto irrilevante, cioè c'erano si ma oramai nella trama risultavano come il rumore di sottofondo. In pratica la stessa con poche modifiche si poteva trasportarla in qualunque disaster movie di tipo apocalittico.

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immagine cc0 creative commons

Va detto che questa terza stagione di FTWD sta andando anch'essa verso quella direzione, ma probabilmente la cosa è del tutto normale. Infatti dopo il racconto iniziale per tenere in piedi "la baracca" dal punto di vista degli eventi ci si tocca inventare fazioni, dove gli uomini si scontrano tra loro e dove gli zombie diventano una volta un mezzo, una volta un impedimento, ma comunque poi diventano marginali.

E qui mi è venuto in mente il tema del post di oggi. Prendiamo per buono l'impossibile, cioè che avvenga l'apocalisse con gli zombie, esattamente con le meccaniche descritte dalle serie tv che poi sono quelle che si è inventato il mitico Romero che di fatto è il padre cinematografico dei zombie movie. Quindi questi si possono "terminare" solo devastando il cervello, però ci sentono, ci vedono e pure annusano e sono affamati di carne "viva".

Dal punto di vista sociale di quelli che sono rimasti ci si troverebbe nelle situazioni descritte dalle serie tv? Cioè con fazioni che si accoppano tra di loro? Penso che la risposta non sia univoca ma possa differire a seconda della latitudine e longitudine.

In America con tutto quel girare di armi sicuramente nella fase iniziale ci sarebbe molta più risposta attraverso le armi da fuoco, e quindi per chi scampa al virus iniziale avrebbe più possibilità di non restare infetto da morsi zombie. In seconda battuta però l'abbondanza di armi non è detto che non porti a situazioni paradossali stile medio evo. Con il capo che gestisce un qualche tipo di fortino con qualche piccolo esercito a disposizione.

Se qui da noi potremo avere il problema opposto per la minor esposizione di armi, va detto che a livello sociale è molto più probabile che andremo a cercare e trovare delle forme di aggregazione per unire le forze. Al contrario negli Stati Uniti questa componente sociale è molto più rarefatta, cioè la gente si parla si incontra, ma poi le relazioni sociali che hanno loro non sono neanche paragonabili alle nostre, molto più forti ed empatiche. E questo a mio avviso porterebbe da loro a improbabili comunità che guardano con sospetto e paura gli altri, mentre da noi ci sarebbe più coesione per effettuare una ricomposizione dopo lo shock iniziale.

Voi cosa ne pensate?

Sort:  

Secondo me le armi da fuoco non farebbero una grossa differenza se non all'inizio della crisi. Nei film sparano come se non avessero il negozio di proiettili dietro ogni cespuglio, in realtà chi avesse armi da fuoco farebbe bene a risparmiare i proietti per sé stesso e per la propria famiglia, perché in casi estremi è meglio una morte rapida che venire macellati a morsi.

Io mi vedo i sopravvissuti che si rifugiano in posti che ritengono sicuri e resistono i primi giorni, ma le pareti non sono tutto, la cosa fondamentale è l'acqua.
Supponiamo che abbiano la fortuna di disporre o trovare scorte, queste non sono mai infinite. Le comunità destinate al successo devono disporre di una fonte rinnovabile di acqua, protezione e scorte di cibo. E ben presto devono cominciare a pensare di coltivare qualcosa. Infine l'energia: occorre una fonte di combustibile, e la cosa più facile è usare il legno, serve legno in abbondanza per sopravvivere all'inverno e per cucinare . E' utile anche come materiale per creare difese e armi bianche.

Poi ovviamente la presenza di personale medico o farmaci potrebbe fare la differenza localmente, ma quello che si delinea dalla mia idea di comunità che sopravvive, è un villaggio rurale, preferibilmente isolato, lontano dalle città, ben difendibile, magari in una zona elevata, con un fiume o un lago e un bosco nel pressi. Dovrebbero avere misure di sicurezza interne nel caso che qualcuno morisse e si trasformasse di notte e un servizio di guardia per ogni eventuale pericolo. Non vedo molto futuro per i sopravvissuti dei centri urbani, si troverebbero a fronteggiare un numero enorme di zombie e scarsità di cibo, e non rinnovabile.

Gli scenari da cinema sono pieni di scontri tra sopravvissuti, ma io credo che di fronte all'orrore di morti che rivivono, molti si sentirebbero solidali e si aiuterebbero il più possibile inizialmente.

Con il diminuire delle risorse alimentari però si avrebbero scontri tra gruppi, impossibilitati a trasformarsi in contadini per varie ragioni. Questi gruppi sarebbero via via sempre più organizzati, forti e smaliziati, ma fragili per via della perenne carenza di alimenti e destinati, sulla lunga distanza, a disintegrarsi se non diventassero capaci di essere autosufficienti.

Ciao @dario.bertoni molto interessante, effettivamente è quello che penso, ovvero un ritorno al medio evo dal punto di vista urbanistico, ed in fondo anche le serie tv hanno fatto quella considerazione. Per contro però è vero che attualmente quanti sarebbero realmente in grado di vivere senza la società moderna. Cioè se dovessi mettermi a piantare qualcosa per il cibo, magari ho qualche ricordo dell'orto, ma di quando farlo e con che semi, boh.. oggi lo farei chiedendo ad internet, ma se non c'è manco quello tanti saluti. In America ci sono i survaivalist che però poi come avevano dimostrato alcune ricerche, manco loro ce la farebbero visto che sono per lo più dei criceti, che mettono da parte scorte che però hanno dei limiti.

Dici bene, è molto difficile trasformarsi in contadini da un giorno all'altro, è vero che tutti possono zappare e far crescere alcune piante, ma produrre con costanza e in abbondanza è davvero impegnativo. Per cui effettivamente chi se la passerebbe peggio sarebbero i sopravvissuti delle città. Troverebbero inizialmente un maggior numero di scorte di cibi conservati, ma se sopravvivessero abbastanza, dovrebbero lasciare le città e cercare di entrare in una comunità rurale. Comunità esistenti, perché andare fuori città e fondarne una nuova non darebbe garanzie, a meno di non essere un gruppo grande e ben attrezzato con semi e capacità.

Le attuali comunità rurali hanno passato secoli e secoli a drenare terreni, creare sistemi di irrigazione, stabilizzare terrazze, creare recinti e barriere anti vento, pozzi, camere di conserve (naturali in grotte, o artificiali), hanno semi e animali selezionati (polli conigli e grandi mammiferi), vasche di allevamento, serre, riserve idriche, hanno strumenti specifici come barche e reti da pesca o laboratori per fare formaggi, perfino mulini a vento. Alcune comunità fanno anche prodotti metallurgici e producono i propri abiti, hanno le conoscenze pratiche. Un informatico che farebbe tra loro? Zappare legumi sarebbe già un traguardo.

Ciò nonostante, neanche loro sanno fare tutto, e in realtà in queste comunità ciascuno è specializzato, c'è quello che produce uova, quello che coltiva fagioli e verze, quello che sa creare attrezzi, eccetera. Si scambiano beni e servizi a livello locale. Sono strutture sociali piuttosto sofisticate che per esempio si aiutano a rotazione lavorando tutti insieme nei campi di una famiglia quando c'è il raccolto e poi gli scambi permettono ad esempio a chi è a corto di prodotti di sopravvivere comunque con le conserve ottenute da un altro produttore.

Se fosse tutto delegato al singolo, si avrebbero contadini che fanno agricoltura di sussistenza, con attrezzi inadeguati e con uno o due soli tipi di piante stagionali su cui contare, troppo poco e troppo rischioso. In questo caso potrebbe cavarsela chi avesse a disposizione qualche risorsa in più su cui fare affidamento, un lago con pesci, un bosco con selvaggina, funghi e noci. Questo sarebbe il massimo di tipo di vita che farebbero i pochi scampati alle città che, senza una comunità, avessero la fortuna di riuscire a fare gli agricoltori.

Comunque anche le comunità agricole dovrebbero fronteggiare problemi notevoli in caso di una apocalisse di zombie, perché diventerebbe pericoloso fare il mercato del sabato o andare nei campi. E se un orda ti passa sul raccolto o ti impedisce di raccoglierlo, muori di fame con le verdure mature nel campo. Senza contare la sicurezza, ci sarebbero sopravvissuti, e non potresti permettere che si avvicinino a piacimento alla tua casa e ai tuoi terreni, sarebbero tutti potenzialmente pericolosi, affamati e con niente da perdere.

Poi i contadini attuali in genere non sono arretrati, per cui lavorano con trattori e usano l'energia elettrica per innaffiare. Sarebbe un problema anche per loro ritornare a veicoli a trazione animale e sistemi di irrigazione manuale con acqua del pozzo.
Sempre che dispongano di queste cose! E in genere non è più così.

Speriamo quindi che non succeda :) la cosa, diciamo divertente o curiosa, e anche nelle serie tv ne parlano, è che molte religioni parlano indirettamente di eventi simili.

Ciao! Incomincio col dire a per la miseria! Se mai dovesse succedere una cosa del genere: uno, io sarei spacciata di sicuro. Secondo, mi auguro che la situazione sia piú simile ai mitici film di Romero, dove si evince una comunitá di superstiti che combatte e si schiera per sopravvivere! Detto questo escludendo il dominio delle forze metalliche, qui concordo con te(armi e quant altro), diciamo che sul piano sociale e della comunicazioneci sono giá buone probabilitá di sopravvivenza e adattamento alle catastrofi anche qui da noi, e infatti alla fine dei conti credo l'esigenza di sopravvivere,fa si che entrino in gioco delle forze maggiori che nel caso fanno scaturire forze, coraggio, abilità inaspettate e coalizione.

E' vero gran parte dei film di Romero non sono "americani" su questo tipo di concetto, eccetto l'ultimo che fece, per altro a mio avviso è anche il meno bello di tutti quelli che ha prodotto. Sarà l'influenza cubana o spagnola della sua famiglia, visto che lui se non ricordo male era newyorkese.

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