Perché lo fai?

in #ita6 years ago

Insomma mi tocca leggere spesso le ingiurie e gli improperi dei "napalm51 della domenica" quando si parla di interventi del soccorso alpino.

Ebbene si, sono un hiker cioè un escursionista e ammetto che quando ho iniziato manco ci pensavo ai pericoli, e più di recente manco ci pensavo alle ferrate. Poi le amicizie, a dire il vero ben preparate perché poi quando mi sono recato sul campo alla mia prima ferrata, il luogo era stato già praticato da chi ci guidava ed aveva le conoscenze necessarie, ma sopratutto il percorso era da manuale o di tipo scolastico. E nonostante questo ho corso dei rischi perché si mise a piovere di brutto quando arrivammo in cima. E quel giorno non era previsto dovesse piovere...

Ad ogni modo la montagna è un pericolo, le "mie" Alpi Giulie, Carniche e Dolomiti "pretendono" un prezzo altissimo. Ogni anno infatti almeno una cinquantina di persone perdono la vita. Una parte di questi sono eventi non proprio correlati, cioè un malore, un attacco cardiaco, ma il resto invece lo è.

Il motivo è piuttosto semplice, come me molte altre persone aprendo la finestra vedono l'arco montano li a due passi, ed in effetti in mezz'ora di auto ci si arriva tranquillamente. Eppure abito in pianura.

Per far comprendere; la strada che fate per andare al lavoro potrebbe essere molto pericolosa perché trafficata, però la fai oggi, la fai domani, diventa famigliare, oserei dire amichevole. E' il momento in cui hai abbassato le difese e certe accortezze diventano routine, meno importanti a livello di attenzione.

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[il sottoscritto mentre tira il fiato]

Nel caso delle escursioni si arriva a sottostimare alcune cose, primo su tutti il tempo atmosferico. Nel mondo moderno il tempo atmosferico e quello libero possono non coincidere, ma molti tendono a forzare il primo in favore del secondo. "eh non pioverà mica li", "ma poi magari il nuvolone gira". E con queste scuse verso se stessi c'è gente che con le previsioni meteo più nere parte per una gita in montagna decisamente sconsiderata. Magari una volta o due gli è pure andata bene.

Personalmente delle innumerevoli uscite è successo tre volte di beccare la pioggia, non attesa chiaramente. Una volta abbiamo subito abortito il giro ed invece si è rivelata essere una "spruzzatina". Una seconda era venuta giù bene per una mezz'ora, e poi appunto alla primissima ferrata, anche li una mezz'ora di scroscio. Però un conto è beccarsi 30 minuti d'acqua, un altra è farsi ore con il terreno che chiaramente va a modificarsi per le caratteristiche di aderenza.

E poi c'è la sfiga, una radice non vista, una buca coperta da neve o da erba alta, un sasso che pareva stabile e si sgretola sotto il piede. Cadere diventa un esercizio di cabala, puoi fermarti li dove sei o volare giù totalmente in balia degli eventi per decine di metri. E può essere che cadendo li sul posto ci rimani secco, mentre dopo aver ruzzolato a lungo non farsi nulla o quasi nulla.

E se ti fai male o ci rimani secco qualcuno ti deve venire a prendere, in questo caso gli angeli del soccorso alpino. Ecco, all'articolo di cronaca compaiono i dementi da tastiera. "E chi paga?", "potevano stare a casa" sono i più gentili, vi risparmio il resto. Se caschi in bicicletta in città e ti rompi una gamba nessuno si sogna di dire "E chi paga?" anzi è probabile che si senta sgrugnare "ci hanno messo troppo ad arrivare" o cose simili.

Potevano stare a casa? beh certo, ma possono stare a casa anche quelli che vanno allo stadio, quelli che vanno al centro commerciale. Se un runner urbano o un ciclista si fa male non ho mai sentito dire "poteva stare a casa" e quelli li vedo correre sotto la pioggia o in piena notte.

"Ma è rischioso, perché lo fai?. E' rischioso se come tutte le cose le fai ad cazzum, in questo la società moderna non aiuta. Tra facilitazioni di ogni tipo si tende a scordare qualche concetto base, per cui le mi uscite sono preparate e pianificate, a volte non lo faccio io ma qualcun altro del gruppo che ha la mia completa fiducia. In ogni caso quasi tutti i colleghi hanno il GPS e la, anzi le cartine del luogo. C'è sempre un piano B. Fischietto, torcia e kit medico sempre presenti. Una tabella di marcia è ben chiara a chi organizza, se si arriva troppo lunghi (con le ore) si abortisce la meta e si torna indietro, e non è un modo di dire, è una cosa che abbiamo fatto più volte. A volte è stata persino una valutazione personale, mi è capitato di capire che non era il caso di arrivare in cima, mi sono fermato e ho bivaccato mangiando un panino, facendo qualche foto, mentre gli altri andavano su e poi tornavano.

Ultimamente sento parlare di "patentino" per andare in montagna... ahimè temo che prima o poi la vaccata giuridico-popolare accadrà, mi chiedo poi quando la gente creperà uguale cosa si dirà a riguardo. Nel frattempo la cosa causerà danni a livello di introiti turistici indotti.

immagini di proprietà dell'autore

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