Only ITA (racconti e poesie) - IL FALEGNAME [by voiceoff]

in #ita6 years ago
Ho deciso di raccogliere tutti i racconti passati che ritengo più interessanti in un luogo unico, così da tener traccia, nella continua e ossessiva opera di riordinamento che riempie le mie giornate, di ciò che ne è degno.

Ogni traduzione è un tradimento, a maggior ragione se la lingua di approdo non è conosciuta perfettamente. Qui si scriverà solo in italiano.





Il falegname




crafts-2525359_960_720.jpg

__divisore.png


Nato falegname per discendenza diretta s’apprestava ad arredare la stanza bianca e candida. Il primo pensiero fu per una sedia che sarebbe tornata utile in altezze al di là della portata delle braccia. Prese un oggetto, salì sulla sedia e lo appese al chiodo, uno dei tanti che erano già stati predisposti. Si guardò intorno soddisfatto da tutto quel bianco, perché non vedeva l’ora di riempire le quattro pareti e, nel mentre, si chiedeva se fosse il caso di decorare anche il soffitto. Durante le varie dissertazioni in merito l’occhio cadde sull'oggetto appena inchiodato e la non perfetta orizzontalità della disposizione gli fece storcere la bocca. Mise a posto e uscì dalla stanza, per prenderne un secondo.

Rientrando s’accorse di, sbalordito, come l’assetto del primo non fosse più quello di dieci secondi prima: il dettaglio non sembrava occupare lo spazio perfetto e, istintivamente, buttò per terra di malo modo ciò che reggeva per tentare con ambedue le mani di mettere in ordine. Ancora una volta soddisfatto del proprio operato, ancora una volta per breve tempo, sufficiente a evitargli l’incombenza di raccogliere ciò che aveva appena gettato. Voltandosi e rivoltandosi, con stupore, non fu felice di notare che per la terza volta l’oggetto risultava pietosamente storto. S’insinuò il dubbio quindi, e ripeté l’operazione ancora ed ancora: su per la sedia, giù dalla sedia, sguardo all'insù e sempre la medesima impressione.

Con l’inconsapevolezza che gli era propria portò la mano al mento, piegò leggermente il capo e decise seduta stante che un qualsiasi sostegno poteva rappresentare la soluzione; un qualsiasi cosa che magari avesse potuto fissare. Pensò che un’asta di legno da incuneare fra la parte bassa dell’appeso e il pavimento fosse una buona soluzione ma, allorché s’avvide di quanto fossero scivolose le mattonelle e di quanto scivolasse l’asta, dovette trovarne una seconda che bloccasse la prima.

Niente! Non era sufficiente. Non riusciva a fissarla. Nulla. Non riusciva a immobilizzarle.

Cercò di porre rimedio nell'unico modo che gli appariva possibile e, di asta in asta, di cuneo in cuneo, andò sollevandosi e articolandosi una possente struttura, fra leve varie, fra pavimento e pareti, fra cunei ed aste, pareti e cunei e pavimento ed aste e soffitto. La marcia si protrasse all'interno della stanza per un non precisato periodo, fino a quando l’angolo opposto all'angolo ove giaceva appeso l’oggetto venne raggiunto dalle prime avanguardie legnose.

Che soddisfazione provò il falegname quando s’avvide che l’angolo retto formato dalle due pareti era un solido giaciglio e un buon appiglio per le testate delle aste. Quindi si voltò, per cercare ancora una volta con lo sguardo e sincerarsi dell’orizzontalità dell’oggetto ma, la costruzione che aveva creato fra puntoni, pilastri e tiranti, gli nascondeva il giusto premio. Dovette quindi muoversi lungo la parete, dove l’intrico era meno fitto e meno difficoltoso da attraversare; fra varie contorsioni, ben attento a non sfiorarla neanche la struttura. Ogni tanto, fra un passo e l’altro, fra divaricazioni delle gambe, ripiegamenti della schiena, inclinazioni e sforzi dei muscoli, del collo e del bacino, delle cosce e delle braccia, lanciava uno sguardo verso l’oggetto, per controllare se fosse possibile scorgerne la disposizione.

Giunse quindi al terzo angolo della stanza, da dove gli occhi potevano tracciare una traiettoria parallela alla parete; allungò lo sguardo alzandosi in punta di piedi, chinandosi prima dall'una e poi dall'altra parte ma, l’unica cosa che gli fu concesso vedere fu il vuoto antistante l’oggetto occupato dall'antica sedia, e l’oggetto stesso, soltanto a sprazzi e pezzetti. Storse il naso e aggrottò gli occhi: già da quelle piccole avvisaglie si rendeva conto dell’inesattezza della posizione.

Curioso come non mai iniziò il percorso di ritorno verso la sedia. Metro dopo metro i pezzetti si facevano sempre più estesi e il suo umore sempre più triste, sempre di più. In un crescendo di agitazione e frustrazione la sua andatura si faceva sempre più sostenuta, e tutte le membra del corpo si tendevano e allungavano in modo innaturale. Non si curava più della portentosa struttura che con tanto amore e tanta pazienza aveva creato, e le aste e i cunei, i pezzetti, i rimasugli del taglio del legno, riutilizzati a riempire spazi necessari e fondamentali saltavano via; sradicati da quello che ormai per dato di fatto era divenuto il loro naturale impiego, angolo e casa, o luogo di riposo e lavoro.

Affranto, giunse infine alla piazzola della sedia ormai impolverata e comunque troppo invitante per non sedere; asciugò il sudore, spolverò la seduta e si accasciò: spossato. Immaginava cosa lo attendeva alla levata dello sguardo e aveva paura, ma non seppe trattenersi poiché non era possibile, non era umanamente possibile: l’oggetto era là, appeso!

Timidamente si fece forza e, appena lo vide, appena vide quell'obbrobrio di stortezza che andava molto più in là delle più nere previsioni, appena vide quella massa informe di materia, senza capo ne coda o basso o alto e destra o sinistra, senza più confini, senza più linee che riuscissero a definirne i contorni, senza misure che potessero permettere di risalire a perimetro, area o cubatura, fu sconforto, semplicemente sconforto, nell'infinito delle possibilità concesse.

Eccolo quindi voltarsi con le lacrime agli occhi; poteva distinguere con grande chiarezza il percorso che aveva compiuto per arrivare sin lì: la sua foga aveva decretato l’irrimediabile danneggiamento di quella che era stata la sua più grande struttura.

Era troppo, insostenibile come mai lo era stato, senza più freni in tutto e per tutto, in anima e corpo, le braccia e le mani andarono per proprio conto a strappare e graffiare, colpire, bucare, straziare la sua pelle, le sue ossa, la sua carne, sinché solo gli occhi rimasero esattamente intatti, e due dita unghiose, a tenaglia.

Se non altro, al termine dello sfogo, un barlume di lucidità fece nuovamente capolino. Si chiese cosa avrebbe dovuto fare. Forse poteva distogliere lo sguardo, ma lo sapeva, sapeva che prima o poi l’occhio sarebbe caduto lassù, ingannato, in una maniera o nell'altra. Oppure poteva fare tutto il contrario, o ancora, poteva scegliere la soluzione definitiva, quella più drastica, nonostante non fosse certo degli effetti che avrebbe sortito.

Immerso nel dilemma come non mai l’unico a trionfare fu, come è normale che sia, il dubbio; producendosi in due dita sospese e nell'immobilità di due strutture oculari che deliberatamente celavano l’inquieto ballonzolare di due pupille tuffatrici.

__divisore.png



Thanks for your time!


up.gif


__divisore fine.png

Sort:  

Wow I need a lot of time to read this

Coin Marketplace

STEEM 0.30
TRX 0.11
JST 0.033
BTC 64320.07
ETH 3154.23
USDT 1.00
SBD 4.34