Libertà di scelta ed obiezione di coscienzasteemCreated with Sketch.

in #life5 years ago

Oggi non scriverò una storia di fantasia, che è ciò che ho fatto più spesso qui su Steemit, ma proverò a condividere qualcosa che mi ha colpito moltissimo negli ultimi giorni, e non solo come donna.
Se qualcuno ne avesse voglia, sarei felice di chiacchierarne un po’ insieme in un fluido scambio di opinioni, cercando di ascoltarci ed esprimere i vari punti di vista di un argomento complesso e delicato.


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I Fatti

Come molti, sono iscritta ad un famoso sito di petizioni online, che spesso mi sottopone istanze che richiedono la mia firma. Leggo, valuto, decido se firmare o meno, cancello la mail. Coinvolgimento emotivo minimo e momentaneo: non si può dedicare troppo tempo a nulla in questa frenetica vita.
Stavolta, però, ho ricevuto una petizione che ha smosso qualcosa di più dentro di me, e che se avessi potuto avrei firmato 10 volte: 4 ginecologhe non obiettrici di coscienza chiedevano la garanzia dell’applicazione della legge 194, cosa che spesso, a causa del personale ospedaliero “obiettore di coscienza”, diventa praticamente impossibile. Vi lascio il link con tutti i dettagli della petizione, firmata in questo momento da circa centoventidue mila persone, e quello di un quotidiano nazionale che ne parla, nel caso qualcuno si volesse informare meglio.
A pochi giorni dalla firma di questa petizione, i TG hanno inoltre riportato la notizia di cronaca riguardo il provvedimento di licenziamento senza preavviso per un medico campano che si era appellato all’obiezione di coscienza in maniera impropria, mettendo a repentaglio la vita di una donna. QUI e QUI alcuni dei notiziari e quotidiani che ne parlano, ma la rete comunque ne è piena, per chi volesse approfondire l’argomento.

Associazioni di Idee

Mi sono ritrovata a pensare a me stessa diciottenne, ventenne, anche venticinquenne: una ragazzina che dipendeva ancora in tutto e per tutto dai genitori, intrappolata fra bisogni e paure che maturità e indipendenza (soprattutto economica, ma non solo) non ancora raggiunte rendevano solo parzialmente artefice del proprio destino. Ho pensato agli inevitabili batticuore per quei ritardi che avrebbero potuto cambiare completamente la mia vita, e che, sono certa, ogni donna ha provato almeno una volta nella vita.
Mi sono ritrovata a pensare a tutte quelle ragazze che mi hanno raccontato le proprie disavventure (spesso notturne) in giro per i Pronto Soccorsi, le farmacie ed i consultori, non dico per abortire, ma anche solo per ottenere la “pillola del giorno dopo”, che sarebbe assurdo considerare “aborto”.
Mi sono ritrovata a pensare a quanto male mi sarei sentita se mi fossi ritrovata, costretta dalle circostanze, dalla paura e dall’età, a girovagare nottetempo in cerca di aiuto, ritrovandomi tutte le porte sbattute in faccia; se mi fossi ritrovata, nella peggiore delle ipotesi, a prendere una decisione drastica e dolorosa, ma necessaria, per permettere alla giovane donna che ero di continuare a vivere la propria vita e non ritrovarsi stroncata dalle responsabilità e dal peso di un figlio indesiderato prima ancora di cominciare ad avere una vera vita mia.
Ringrazio la mia buona stella per non essermi mai trovata in una circostanza così tremenda.
Oggi, a 32 anni e con una maturità ed una condizione ben diversa alle spalle, non ricerco certo una gravidanza, ma ne affronterei la eventualità in maniera ben diversa, confortata dalla conoscenza delle leggi e dei miei diritti che garantiscono quanto di più alto, secondo me esista: la libertà di scelta


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Voci di corridoio

Mi è tornata in mente, fra petizione e notiziari, una discussione avuta alcuni anni fa con una mia carissima amica ginecologa.
La chiamai per uscire, e lei accettò. “Ti richiamo appena finisco un raschiamento e andiamo”.
La mia curiosità mi spinse ad approfondire l’argomento e le chiesi se lei fosse obiettrice.
Ora, dovete sapere che la mia amica al secondo anno di medicina rimase incinta e nonostante avesse soli 20 anni ed una strada mooolto lunga e perigliosa d’avanti, decise di portare avanti la gravidanza. Fra mille milioni di sacrifici, viaggi in bus fra la città dell’Ateneo ed il proprio paese dove il bambino cresceva, problemi in famiglia, problemi col compagno e disavventure quasi da romanzo, si laureò con lode in solo sei anni, come previsto dal corso di studi (e vi assicuro che non è facile) e riuscì ad entrare nella scuola di specializzazione in ginecologia, portando sempre avanti la propria professionalità attraverso specializzazione, corsi e master, nonostante il tempo dedicato inevitabilmente alla necessità di ricoprire anche il ruolo di madre. Fra lavoro e figlio, la sua vita privata è sempre stata inesistente, disseccata da più pressanti necessità. Io la stimo e la ammiro tantissimo, non avrei mai avuto la sua stessa forza se mi avessero derubato così dei miei anni migliori. Ha due “OO” così. Scusate la licenza poetica.
Alla mia domanda, quindi, se fosse obiettrice, rispose: “Cristina, tu mi conosci e sai quanto amo mio figlio e che lui è la mia vita, ma solo io so quanto è stata dura in questi anni, solo io e la mia famiglia, che è l’unica che mi è sempre stata vicina. Ho fatto la mia scelta, anche se tornando indietro non lo so se rifarei la stessa. Sapendo questo, credi forse che io voglia togliere questa possibilità ad una qualunque altra donna che si trovasse nella merda come mi ci sono ritrovata io? Ciascuno deve essere libero di decidere: non sarei certo io a condannare chi non se la sentisse di annientare la propria vita con un figlio al momento sbagliato”. Mi disse, poi continuò: “…tanto più che essere obiettore di coscienza nel 90% dei casi non significa essere una persona religiosa, ma solo uno scansafatiche che cerca di sgravitarsi un lavoro durante il proprio turno o andarsene a casa prima. Non lo fa nessuno per fede, lo fanno per lavorare il meno possibile. Sai quanti ne conosco? TUTTI! E tutti questi obiettori fasulli mi fanno davvero schifo, tanto più che lasciano persino le ragazzine a girovagare da un posto all’altro, disperate e sole, abbandonandole a se stesse quando avrebbero più bisogno.”

E’ così dunque…

Lavorare poco, e quel poco farlo fare agli altri.

Una mentalità malata ma molto ben integrata in ogni ambiente, specialmente quando benedetta dalla religione. E quando plaudita da una classe politica altrettanto malata e riprovevole, che non risparmia né nord né sud, visti i vergognosi fatti di Verona, Crotone e Catania, oltre che la già citata provincia partenopea.
E con questo non voglio affatto suggerire che quel ginecologo di guardia quella notte a Napoli abbia applicato con integralismo le proprie scelte religiose perché gli scocciava, alle tre del mattino, sporcarsi le mani per una donna che stava morendo dopo l’espulsione di un embrione già morto. No, di sicuro era solo un brav’uomo molto convinto dei principi morali e religiosi in cui crede.

La mia opinione

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Cosa penso io?

La Legge deve garantire la Libertà di scelta garantita dalla Legge stessa.
Solo questo.

Lasciamo stare gli sfaticati, la coscienza, il peccato, gli dei, e gli alieni: ciascuno crede in quello che vuole, poi farà i conti con se stesso, in questa o in un’altra ipotetica vita.
Io penso, invece, alle Leggi che disciplinano uno Stato (forse) laico e (forse) moderno, dove una scelta, quella di abortire, già di per se difficile per le circostanze, le pressioni della società, ed altri mille motivi, diventa un vero e proprio calvario. La possibilità dell’obiezione di coscienza all’interno di un ospedale che offre un servizio pubblico mi sembra quasi abominevole perché irrispettosa delle Leggi di uno Stato, che sono al di sopra di ogni religione e davanti alle quali tutti i cittadini dovrebbero avere pari diritti e doveri.

Io, cittadino che paga le tasse, non desidero, ma PRETENDO ed ESIGO di poter usufruire di un servizio garantito dalla Legge presso un ospedale pubblico, pagato anche coi miei soldi, perché ne ho pieno diritto.

Un medico, che sceglie ginecologia SA PERFETTAMENTE che la ginecologia comprende la possibilità di praticare l’aborto. Se non vuoi o non puoi farlo, scegli altro, branche in medicina non ne mancano.
Un ginecologo, ma anche un ostetrico, un infermiere, un anestesista, che vengono pagati dal Sistema Sanitario Nazionale, non dovrebbero mai minimamente avere la possibilità di rifiutarsi di intervenire, perché a mio parere la Legge è al di sopra della religione, ed è ciò che ci unisce tutti noi, cittadini di uno Stato: credenti, atei, agnostici o qualunque cosa siamo.

Mi chiedo quanti siano gli obiettori di coscienza nelle cliniche private, dove coi soldi si apre ogni porta.

Mi chiedo quanti lavorino sia nel pubblico, facendo gli obiettori, sia nel privato, dimenticandosi di esserlo.

Tanti, ci scommetto, tantissimi.

E allora, siccome i soldi girano le viti del mondo, e siccome non si può essere discriminati per la propria religione e non sarebbe lecito escludere gli obiettori dai concorsi ospedalieri, mi verrebbe da proporre, oltre a quanto avanzato dalle 4 ginecologhe della petizione di cui sopra, una riduzione di stipendio per chi non vuole praticare l’aborto.

In fondo, mi sembra equo: lavori di meno, quindi Io, Stato, ti pago di meno. Se ci tieni tanto ai tuoi princìpi religiosi, non ti dispiacerà se questi peseranno sulla busta paga, tanto avrai il cuore più leggero per la tua rettitudine e probità ed il tuo dio ti premierà nella prossima vita. E così la libertà di scelta è garantita anche per te, ma senza che questo vada a gravare solo su chi subisce la tua scelta.

Applicata questa possibilità, di quel 40% di obiettori di coscienza italiani, che al sud Italia sale addirittura al 90% (ovvero da Agrigento potresti dover andare ad abortire a Bari, perché altri ginecologi di turno non obiettori non ce ne sono, oppure manca l'anestesista o l'infermiere, che possono obiettare pure), quanti ne resteranno fedeli ai propri sacrosanti princìpi religiosi?

L’opinione altrui

Quello che penso, ovviamente, e che ho volutamente espresso in maniera un po’ provocatoria, è solo una delle mille facce della questione, parere che si è formato in me sulla base della mia educazione, della mia età, della mia maturità, delle numerose ricerche sull’argomento, della mia esperienza e delle esperienze delle persone che conosco. Non è un pensiero immutabile, sebbene sia abbastanza coerente con la persona che sono e quindi difficilmente cambierà in maniera troppo radicale. Dal momento, però, che per me niente ha più valore del confronto, sarei estremamente felice di ricevere i pareri di tutti coloro che lo desiderano, favorevoli o contrari, per sentire punti di vista che magari mi sfuggono e poterci riflettere su.

Fra i blogger italiani di Steemit ci sono tante figure professionali sanitarie, tanti pensatori, tante donne (ma anche tanti uomini) di tutte le età e dalle esperienze variegate, che sapranno certamente arricchire la discussione in maniera civile e garbata, qualunque sia la propria idea.

Vi aspetto!

Sort:  

Se da un lato sono concorde con il tuo ragionamento sul fatto che debba essere data possibilità di scelta, dall'altro ti dico che bisogna anche evitare che le persone si approfittino della cosa facendo così "una selezione della specie". Definizione brutta, lo so, ma per chi passa dai vari studi ginecologici durante una gravidanza ne sente davvero di tutti i tipi.
Io, o meglio noi, abbiamo affrontato il discorso "e se ci fossero problemi andiamo in fondo?"... ti racconto la mia storia...
Scopro di essere incinta... gravidanza ben accolta, non cercata troppo, ma nemmeno evitata. Iniziamo la procedura burocratica per analisi, esami ecc ecc. L'ostetrica che ci fa il libretto per la gravidanza ci parla del Duo Test. Test per cercare statisticamente eventuali problemi (analisi di 3 trisomie per: sindrome di down 21, 13 e 18 che praticamente portano alla morte poco dopo la nascita) a basso costo. Accettiamo di farlo. Prelievo di sangue, ecografia e risultati... Beh oltre il 50% di possibilità che il feto avesse tutte e tre le trisomie e malformazioni. Nemmeno il tempo di capire che significa e, con faccia molto grave e preoccupata il dottore ci manda dalla genetista per approfondire le indagini.
Ti puoi immaginare il nostro stato d'animo... ed i mille pensieri. Entrambi quarantenni, primo figlio e non pronti ad affrontare una grave malattia o peggio per chi da poche settimane (12 per l'esattezza) era entrato nella nostra vita.
Genetista molto brava e carina che ci spiega tutto e ci invita a fare un esame, la villocentesi. In pratica ti infilano un grosso ago nella pancia e prelevano campioni dall'utero. Analisi che, se non fatta adeguatamente e da persone capaci, può portare all'aborto.
Ci guardiamo... oltre 50% di possibilità che non sia sano... rischiamo! Facciamo l'esame.
Mi presento all'appuntamento ed il dottore che fa l'esame, che scopro in seguito essere un obbiettore di coscienza, mi fa: "Perchè vuole fare questo esame?", risposta.. "Il risultato del Duo test era negativo per tutte le trisomie ed età sopra 35 anni". Mi guarda e con una grazia che so essere caratteriale suo mi fa "Ovvio che è negativo, è grassa!"
Facciamo il prelievo e inizia la fase di terrore... un mese ad attendere una telefonata... una mail... una lettera... Alla fine il risultato ha dato valori buoni ed è nato un mostriciattolo biondo parecchio, ma parecchio stronzo!
Sempre durante questa gravidanza, ho scoperto che ci sono stati genitori che hanno chiesto interruzione di gravidanza perchè dall'ecografia non si vedeva un ditino della mano. Io dalla mia a volte nemmeno riuscivo a capire quale era la mano!

Concludendo... quindi si, non devi ostacolare le interruzioni di gravidanza a quello donne che lo chiedono, ma si, devi prima fare un percorso psicologico per capire se si è consapevoli di quello che si fa e di cosa significa davvero farlo.
Non è questione di religione o poca voglia di lavorare, ma semplicemente di evitare che l'aborto diventi un metodo di contraccezione come la pillola o il preservativo.

Innanzi tutto ti ringrazio per aver dedicato il tuo tempo a scrivere un commento che arricchisce la nostra discussione non solo di un nuovo punto di vista, ma anche della tua preziosa esperienza personale di donna e madre.
Credo che in ciò di cui parli vadano separati numerosi elementi:

  • L'aborto di una gravidanza indesiderata (in Italia entro i 49 giorni, ovvero il secondo mese, caso unico rispetto al resto del mondo dove è prevista la possibilità di abortire fino al 63° giorno) previsto secondo la Legge quando la gravidanza potrebbe avere gravi conseguenze fisiche e/o psichiche sulla madre (se non ricordo male la dicitura recita all'incirca così);
  • La possibilità di effettuare test di screening prenatali che agiscono prevalentemente a livello statistico;
  • L'aborto terapeutico in caso di malformazioni (fattibile, se non ricordo male, fino al quinto mese di gravidanza);
  • Le difficoltà e la paura di diventare genitore.

Riguardo al primo punto, non stiamo parlando di malformazioni o diritti del feto, che è potenzialmente sanissimo, stiamo parlando del diritto di una donna di scegliere se avere un figlio o no. Spesso vi ricorrono ragazzine incaute ed ignoranti, molto giovani, che di contraccezione, riproduzione e persino di apparato riproduttore femminile ne sanno meno di niente. Altre volte "l'indesiderato" arriva nel posto e nel momento sbagliato, o durante cure farmacologiche teratogene (vedi le banalissime cure per l'acne). L'aborto, ovviamente, NON PUO' E NON DEVE diventare un mezzo di contraccezione. Siamo d'accordo. Possiamo incrementare quindi le campagne informative sulla contraccezione preventiva. Fantastico. Ciò non toglie però che chi te lo chiede ha il diritto di riceverlo, anche perchè spesso scopre la gravidanza a mala pena nel tempo limite previsto dalla Legge, quindi bisogna agire, e non cincischiare. Tanto più che l'iter non è per niente rapido, prevede passaggi dal consultorio o altro, se non ricordo male, dove spesso ti fanno solo perdere tempo non dandoti un vero supporto ma incriminandoti come un'assassina. Una diciottenne non ha certo bisogno di questo, nè di girovagare da un ospedale all'altro in cerca di un team non obiettore: le basta la traumatica esperienza che sta già vivendo.

Riguardo i test di screening prenatali, sono un validissimo ed utilissimo mezzo per conoscere, con un'accuratezza molto elevata, la possibilità di problemi al feto. Ci sono possibilità di errori, possibilità di errori di interpretazione, possibilità che chi ti legge il test non sia sufficientemente preparato. Ok. Ma i test non sono altro che uno strumento conoscitivo, un mezzo che effettua una fotografia della situazione. Come e se usare questo mezzo, lo decidi tu. Se ad esempio io non volessi abortire in nessun caso, sapere coi test che mio figlio avrà la spina bifida (=sedia a rotelle a vita) mi può aiutare a predisporre la casa per un portatore di handicap.

Infine, il terzo punto: quello che tu definisci "selezione della specie", ovvero l'aborto terapeutico legato a feti malformati. A me, sinceramente, sembra un motivo più che valido per abortire, e non solo per il bene dei genitori, che sarebbero condannati ad una vita di sacrifici per il nascituro, ma oserei dire anche rispetto alla vita della creatura che verrà al mondo, che si troverà "diverso" e "disagiato" in ogni caso, perchè la società non è fatta per accogliere chi non è "normale" ma "diversamente abile". La cosa più triste non è affrontare i primi anni, quando ci sono grinta, entusiasmo e forza, ma gli anni successivi, quando i genitori sanno che le forze diminuiscono, che magari un giorno non ci saranno più, e che nessuno può adeguatamente prendersi cura di un figlio che il più delle volte finirà istituzionalizzato. E i fratelli? Non dimentichiamoci che esiste anche il diritto degli altri figli di avere una vita normale, di non venire messi da parte sempre, perchè l'altro fratello ha bisogno. Non è facile crescere bene in una famiglia con un disabile in casa.
Ponderare bene le proprie scelte e prendere una decisione scevra degli indirizzi religiosi (che non forniscono alcun aiuto concreto) ma che tenga conto della realtà dei fatti: ecco in cosa dovrebbero davvero essere supportati dei genitori posti davanti ad una scelta simile.
Il mio discorso può sembrare freddo e razionale, ma di infelicità (dei figli e dei genitori) ed inettitudine (dei genitori) ce n'è tanta nel mondo, se se ne può risparmiare un po' che ben venga la "selezione". Non stiamo parlando del colore di occhi o capelli, ma di elementi che condizionano pesantemente una vita.

Detto ciò, nel mio post parlavo più che altro della scelta di abortire spesso ostacolata dalla scelta dell'obiezione di coscienza, che in un ambiente sanitario finanziato da soldi pubblici e garantito per legge, diventa un servizio che in maniera illecita viene a mancare, e spesso per pressappochismo o pigrizia, e non è giusto.

Ti ringrazio ancora per gli eccellenti spunti di riflessione ulteriore che hanno permesso un approfondimento del dibattito, anche se su un piano totalmente diverso.

Non mi fraintedere, sono d'accordissimo con te, ma a volte mi viene da fare l'avvocato del diavolo e penso che si debba avere la visione di più angolazioni prima di dare un giudizio.
Giustamente parli di libero arbitrio. Giustamente parli di legge e di sue applicazioni. Una donna di qualunque età ha il diritto di decidere, ma quante hanno la consapevolezza di quello che stanno facendo? Scusa, ma se una adolescente ha la consapevolezza di fare sesso allora deve averla anche per le conseguenze che porta. Nessuno ti vieta di partorire e non riconoscere il bambino, ma questa è un'altra storia.
Come riconosci ad una donna di avere libero arbitrio devi obbligatoriamente riconoscerlo al medico. Dare per scontato che sia pigrizia è non riconoscere ad entrambe le parti in causa il libero arbitrio.
Ciò che non ho mai capito è se un obiettore di coscienza effettua aborti terapeutici.
Il problema in questo caso è che alcuni genitori ricorrono alla scusa "terapeutico" per cose che non sono realmente invalidanti o che impediscono una vita dignitosa. Purtroppo l'ignoranza che dilaga sempre più porta all'esasperazione e all'eccesso. È questo che un ginecologo obiettore deve impedire, l'eccesso.

Come mio carattere ritengo che, purtroppo irrealizzabile, in questi casi la ragione stia in mezzo. Bisognerebbe mettersi nelle scarpe di tutti prima di dire chi ha ragione.

Aggiungo solo una cosa... per motivi terapeutici ti fanno andare molto avanti con la gravidanza e in quel caso l'aborto avviene inducendo il parto per espellere il feto. Riesci ad immaginare quanto sia traumatico? Anche un raschiamento a seguito di aborto spontaneo (che un obiettore di coscienza fa) è traumatico, chi non lo fa in questo caso allora fai bene a chiamarlo "di spalla tonda"

La ragione, sono convinta anche io, sta in mezzo, ma è anche vero che cambia di epoca in epoca.
Hai proprio ragione quando dici che molte adolescenti hanno una consapevolezza pari a zero (non parliamo della maturità), ma la sessualità è diversa. Intanto, l'accoppiamento è istinto naturale, altrimenti non ci sarebbero gravidanze se tutto dovesse partire dalla testa. E a quell'età l'istinto è una esperienza nuova e travolgente, poco domabile se non hai educazione, punti di riferimento saldi nel dare regole e princìpi ed anche un po' di serenità nell'ambiente in cui vivi. Inoltre la società ci bombarda con una forma malata di ipersessualità a tutti i costi che colpisce inevitabilmente i più fragili, come gli adolescenti.
Fare sesso e conoscerne le conseguenze non vanno, purtroppo, a braccetto.
Ecco perchè, esattamente come te, credo che la prevenzione nelle scuole e l'educazione sessuale vera, fatta da figure professionali adeguate, a partire già dal primo anno di superiori sia l'unica strada per ridurre gli aborti, che in una società sana dovrebbero essere un mezzo di emergenza una tantum e non la regola. Come ben sappiamo, purtroppo, questo non avviene, anzi spesso le parole pillola o preservativo sono dei veri e propri tabù, associati a qualcosa di negativo e peccaminoso, proprio a causa di quelle stesse influenze per lo più religiose ma anche sociali che poi condannano l'aborto, volendo insomma botte piena e moglie ubriaca.
La realtà è che molti ragazzi iniziano a fare sesso già a 14-15 anni, e non importa filosofeggiare sul fatto che sia presto o tardi: ci sono delle conseguenze, fisiche e psichiche, gravi di cui bisogna parlare in tempo per prevenirle almeno in parte. Molte donne adulte non sanno nemmeno di avere due orifizi, uno per le urine e l'altro per mestruazioni-rapporti sessuali-parto! Come si può pensare che abbiano "consapevolezza" di come nascono i bambini quando non conoscono nemmeno il proprio corpo?

Una storia diversa è quella del libero arbitrio da riconoscere tanto alla donna che fa una scelta quanto ad un medico ed essere umano che ha fatto la propria.
Fermo restando che ogni elemento (religioso, etnico, ecc) ha pari dignità e va rispettato nella stessa maniera, se io faccio un certo mestiere e mi ritrovo d'avanti a qualcosa che è parte integrante del mestiere che ho scelto, ed in più lo espleto nel Servizio Sanitario Nazionale dove le Leggi dello Stato dovrebbero essere sovrane, dove i soldi sono pubblici e li paghiamo tutti noi cittadini, dove le regole non possono variare se mi trovo a Cagliari o ad Aosta, allora LI' io no, non posso accettare l'obiezione di coscienza, poiché è una scelta inerente la tua sfera privata che va a ledere ed intaccare il mio diritto di cittadino di uno Stato laico. Ecco perchè ritengo che un sanitario del pubblico NON PUO' E NON DEVE avere la possibilità di rifiutarsi: ha scelto il mestiere senza costrizioni ed ha scelto di farlo per lo Stato, e deve aderire alle sue Leggi, altrimenti può serenamente cambiare posto di lavoro, fare studio privato, ecc. Da qui la mia doppia provocazione sulla riduzione di stipendio, che mette alla prova la vera fedeltà ai propri principi, e della pigrizia: ovviamente ci sono molti obiettori che lo fanno veramente per coscienza, ma la gran parte di loro, ti assicuro, ha altri motivi (pigrizia, cliniche private, ecc).
Ti ringrazio ancora per il tuo interessantissimo punto di vista, riesci a sollevare questioni che arricchiscono un tema di grande complessità.

Facciamo un po' di chiarezza...perché tra media e sentito dire di disinformazione ve ne è tanta. La professione medica è da decenni che ormai ha perso di dignità. Da un lato i medici nel pubblico che si fanno un culo enorme con i pochi mezzi a disposizione, tra doppi turni, un contratto che non si rinnova da 10 anni perché si fa leva sull' "etica" professionale, cambio generazionale bloccato da 20 anni...dall'altro i pazienti, sempre incazzati, sempre di fretta, che si sfogano più volte sul medico (non solo verbalmente, ma troppo spesso anche fisicamente) che magari è alla terza notte di fila. Faccio questa premessa perché da giovane professionista è davvero difficile fare il proprio lavoro quando chi devi assistere ti odia perché pensa che non fai nulla e hai le ville, ti questiona ogni cosa che fai e ti mette sotto interrogatorio perché ha letto su internet o ha sentito l'amico che... o che dopo che gli hai tolto il tumore ti denuncia perché la cicatrice non è venuta bene...
Fatta questa premessa doverosa, giusto per farti capire che siamo una classe di lavoratori come tutte le altre (e non maghi) afflitta da mille problemi, faccio l' avvocato del diavolo.

Il medico alla laurea fa un giuramento importantissimo, quello di agire sempre a tutela della vita e di non nuocere, detto in parole molto povere. E questo giuramento è così forte e radicato nella nostra professione, che quando vi è una situazione di pericolo di morte dobbiamo agire anche contro volontà del paziente (sempre che non sia cosciente). L obiezione di coscienza si basa su questo: perché togliere la vita, volontariamente, ad un essere umano, in questo caso il feto?

Perché la colpa ricade sul medico obiettore, e non sulla coppia o la donna che non ha usato precauzioni prima di fare sesso?

Discorso totalmente diverso è il caso del medico campano, che ha sbagliato non perché obiettore, ma perché non è intervenuto in una situazione di urgenza. Quando infatti vi è in pericolo la salute della madre, NON è possibile fare appello all'obiezione di coscienza, perché vi è in serio pericolo la salute di un altro essere umano, ovvero la madre. Essere obiettori di coscienza infatti non giustifica il medico da non praticare assistenza sanitaria. Il licenziamento in quel caso è da imputare più ad un omissione di soccorso più che all'obiezione (ammesso che le cose siano andate così).

Ma anche qui, ti dico, che ci sono tanti casi di medici che hanno salvato la vita della donna, con il figlio perso, che si sono trovati la denuncia a seguire, perchè a volte c'è da decidere tra la vita della madre e quella del figlio.

L'obiezione di coscienza si fonda su un problema etico mai risolto: quando si può parlare di vita? Al momento del concepimento o come previsto da legge, dopo 90 giorni? Un feto di 80 giorni non è vivo? La cellula uovo fecondata dallo spermatozoo che diventerà embrione, non è già un essere vivente?

Non banalizziamo quindi la cosa dicendo "obiettore" = "scansafatiche". La religione c'entra poco: è un discorso etico e professionale in primis, a tutela della vita, che combacia con i dogmi del cattolicesimo.

Spero di aver dato un punto di vista a completezza di quello che hai già detto! Ciao cara!

ps: l'aborto entro il 49esimo giorno indica l'efficacia della pillola abortiva, non il limite legislativo. In italia l'aborto è regolato dalla legge 194, si può praticare entro 90 giorni dal concepimento e come dicevi, più tardi se si tratta di aborto terapeutico! @piumadoro

Aspettavo e speravo un tuo commento, e quasi ti taggavo.
Hai apportato una miriade di sfaccettature alla questione, facendo da portavoce ad una professione divenuta ormai difficilissima e talora infernale, nonché fornendo delle puntualizzazioni necessarie e complementari a quello che ho scritto.
Grazie innanzi tutto per il "PS", ero stata imprecisa nel delimitare aborto farmacologico e non, sei stato davvero preciso, oserei dire "chirurgico"!

Rispetto alla tua premessa, a differenza di quanto forse una prima lettura del mio post potrebbe fare intendere, mi trovi pienamente d'accordo.
La gente non accetta più la malattia e la morte, la debolezza è mal vista e ghettizzata. L'immagine che la società propaganda è fatta solo di giovinezza, salute e bellezza: tutto il resto (la diversità, la malattia, la vecchiaia) è quasi il male assoluto. La "colpa" di questo viene spesso scaricata sul capro espiatorio più a portata di mano: il medico, quel ciarlatano che con la sua magia non riesce guarire ogni cosa, vecchiaia compresa.
Conosco bene la realtà degli ospedali pubblici, ed è assolutamente vero che gli strutturati sono pochissimi, costretti a turni assurdi, senza nemmeno il sapone o la carta in bagno, con strumentazioni del secolo passato, privi di tempo o di una vita privata, e per giunta sottopagati rispetto al lavoro massacrante che fanno (che ovviamente non è, con tutto il rispetto, un più o meno comodo lavoro d'ufficio dietro un pc), dove le prestazioni, l'attenzione, la concentrazione, le competenze, l'abilità, la conoscenza richieste sono sempre il 100%, dimenticando che anche i medici sono esseri umani, che sbagliano, invecchiano, hanno problemi o pensieri personali, e che non sono maghi nè sciamani, che la medicina non è nemmeno una scienza esatta, e che quello che si può fare non è restituire la salute o la giovinezza, ma limitare ed arginare la malattia per consentire la migliore qualità di vita. Purtroppo questo non sempre i pazienti lo capiscono, e, complice una classe avvocatizia che fomenta la rabbia derivante dal dolore di ammalati e familiari per procacciare nuovi clienti, tutti oggi hanno la denuncia facile, anche se nessuno dice loro che il 90% delle cause si conclude in favore del medico (che aveva lavorato bene, quindi, ma che intanto è stato infangato).

In merito, poi, al giuramento di Ippocrate, ecco che ci addentriamo nel difficile campo minato dell'etica, della morale e della religione. Ad oggi il "quando" inizia la vita non è scienza, ovvero non lo sappiamo. "la religione dice", è quello che sappiamo (chi ci crede). Anche una singola cellula può essere considerata vita, ma così si darebbe dell'assassino a colui che utilizza l'antibiotico contro i batteri o il chemioterapico contro i tumori. Anche loro sono vita.
Questa estremizzazione per assurdo per dire che, quando non sappiamo, dobbiamo andare a tentoni, nel buio, probabilmente sbagliando sempre finchè non avremo delle risposte. In mancanza di una risposta dalla scienza sul quando inizia la vita, ciascuno può considerare l'embrione (solo dopo il terzo mese si parla di feto) come preferisce, sulla base della propria percezione (sociale, familiare, personale, spirituale, religiosa, ecc). Potrei anche dirti che sarà una vita, che è una vita potenziale, ma finchè non è completa la gestazione, non lo è. Potrei dirti, dall'altro lato, che dall'unione stessa di uovo e spermatozoo, quelle due cellule non formano una cellula nuova ma si fondono in una vita sin dal primo istante. Mi sembra qualcosa di molto personale, e ciascuno è ancora libero di farsi la propria idea, poichè la scienza non lo sa.
Alla luce di ciò, ecco che l'obiezione di coscienza diventa, a mio avviso, una sorta di discriminazione religiosa che, per come è la Legge oggi, è pure illegale, perchè ne ostacola apertamente l'applicazione, ledendo il diritto di chi sceglie l'aborto.
Ovvio che gli eccessi ci sono, e che i genitori irresponsabili sono altrettanto colpevoli, ma non tutelare chi ne ha bisogno a causa di chi abusa di una possibilità sarebbe come vietare i coltelli in cucina perchè alcuni li usano per assassinare la gente. In questo caso, come dicevo anche a @coccodema, bisogna agire di prevenzione ed informazione (per inciso, anche queste ahimè spesso ostacolate aspramente dall'ottusità della religione).
Chiaramente, la mia provocazione sulla pigrizia non si fondava sull'equivalenza "obiettore" = "scansafatiche", bensì su alcune realtà di cui, sia direttamente che indirettamente, sono venuta a conoscenza e purtroppo si obietta troppo spesso non per fede.
E qui mi riaggancio al medico campano, che ha invocato l'obiezione dove invece era in gioco solo una vita, quella della madre, e c'era poco da obiettare: è omissione di soccorso (sempre se, come tu dici, le cose siano andate come si racconta).

Grazie infinite per aver enormemente arricchito il dibattito e voto al 100% per tutti gli spunti di riflessione che ci hai offerto!

Prego cara, anzi grazie a te per il post... finalmente si legge qualcosa di veramente interessante qui su steemit che stimoli una discussione :)
La prossima volta taggami pure, non mi offendo mica! :P

Grazie a te di aver partecipato.
Un vero peccato che la discussione sia finita qui, avrei volentieri ascoltato il punto di vista, ad esempio, di un religioso/credente che avesse voglia di esprimere la sua opinione, oppure di un ginecologo (troppo lusso!) che voglia anche solo condividere la sua esperienza come essere umano.

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Grazie infinite per il prezioso sostegno, che darà certamente la possibilità di ampliare la discussione anche a voci dissonanti alla mia.

Guarda, io sarò breve e conciso: in verità ti dico, concordo con ogni singola parola che hai scritto.
Non serve né aggiungere né togliere un solo vocabolo a questo post, è perfetto così.
Se avessi bisogno di una portavoce sull'argomento, sceglierei te.

Fabio

Idem. Sottoscrivo ogni parola.

Grazie per l'appoggio, sono certa che in tanti la pensano similmente a noi, ma si fanno sentire meno di quelli, altrettanti, che la pensano all'opposto.

Concordo al 100% con la tua analisi, ma non sarei così possibilista. Potrei accettare l'obiezione di coscienza da parte di chi ha iniziato la professione PRIMA che entrasse in vigore la legge. Per chi è entrato dopo secondo me ci dovrebbe essere il licenziamento in tronco, non esistono lavori dove ti rifiuti di fare il tuo lavoro, quello per cui sei pagato, ci dovevi pensare prima di accettare. Sulla religiosità di questi soggetti poi è meglio lasciar perdere, ne ho conosciuti un certo numero per esperienza diretta, sono veramente gentucola che nulla ha a che fare con la religione nel 99% dei casi.

Comprendo bene le ragioni del tuo "integralismo": avere la possibilità di rifiutarsi di svolgere il proprio lavoro, per giunta in ambito di un servizio pubblico, sembra parecchio assurdo anche a me, tanto più che i motivi pseudoreligiosi addotti sono spesso (come confermato dalla mia amica che è all'interno dell'ambiente e dalla tua stessa esperienza, oltre che da quella di tanti altri) del tutto pretestuosi.
Sarebbe come se ad una coppia di conviventi si rifiutasse l'affitto di un appartamento perchè non sposati; o come le dissennate scelte dei testimoni di Geova di rifiutare trasfusioni, donazioni di organi, ecc a costo della vita.
La mia proposta, volutamente provocatoria ma conciliante, deriva dalla constatazione che la petizione di cui parlo si fa portavoce di una richiesta senza soluzione. Come può il ministro garantire l'applicazione della 194? Facendo lavorare di più i non obiettori? Questo non sarebbe corretto... Per mia esperienza, i soldi muovono TUTTO, toccando le tasche dei diretti interessati (che, ricordo, non sono solo GINECOLOGI, ma anche ANESTESISTI, INFERMIERI, OSTETRICI, ecc) si vedrebbe chi obietta davvero per fede (e anche qui io ci vedo molto del tipico atteggiamento giudicante ed arrogante dei religiosi) e chi lo fa per pigrizia ed altri ameni motivi.

Quando c'è di mezzo la vita delle persone, bisogna andarci cauti, molto cauti, e per vita delle persone intendo principalmente la vita della donna che è la principale protagonista di una eventuale gravidanza.

Detto questo, se la legge prevede la possibilità di aborto, la legge deve eliminare qualsiasi impedimento che possa ostacolare questa possibilità, se hai problemi di coscienza, fai altro nella vita, se hai dei problemi a tal riguardo, in tutta franchezza, togliti dalle palle e vai a pulire i cessi, che lì non dai fastidio a nessuno

Grazie per il tuo "sanguigno" commento di sostegno! Purtroppo è un argomento delicato e complesso, di non facile soluzione, ammesso che ve ne sia una.

Avere o non avere un figlio è un fatto troppo importante perché possa essere condizionato da un fattore che rimane esterno e semplicemente di supporto quale un medico che deve sostenere sempre e comunque le decisioni dei pazienti di fronte ai quali si ritrova, oltretutto se queste opzioni sono previste e garantite da apposite leggi, per cui concedo un blando tentativo di riflessione, con consigli di riflessione sull'importanza dell'atto che si vuole porre in essere, ma se la volontà è quella di interrompere la gravidanza, per le motivazioni che la donna ritiene dolorosamente importanti, si deve accogliere, anche a malincuore, la sua scelta

È vergognoso che un medico o anche un farmacista (perché ricordiamo possono esistere farmacisti che si rifiutano di venderti le medicine segnate da un medico) possa essere obiettore di coscienza, é una cosa anacronistica e pericolosa per la vita delle persone, se una donna decide di interrompere la gravidanza questa sua scelta deve essere tutelata, come dovrebbero essere ampliate le settimane in cui é possibile abortire, magari, in casi rari e specifici permettere anche l'eutanasia del neonato, però capisco che questo tipo di avanguardia in Italia saranno forse i miei nipoti a vederla...

Ti scriverei la stessa cosa che ho scritto a mad-runner... :-D
Quando si maneggiano questioni di etica e morale, tutto diventa complesso, niente è bianco o nero, anzi, salta fuori una miriade di scale di grigi che nemmeno immaginavi potessero esistere, al punto che quasi sembrerebbe opportuno giudicare il "caso-per-caso". La Legge è solo un imperfetto punto di accordo, ma fin quando non la si cambia (in meglio, si spera), bisogna che la si rispetti.

È proprio questo il problema, in alcuni campi l'etica e la morale dovrebbero essere esclusi

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