E corsi sui tetti per ritrovarmi.

in #partiko5 years ago (edited)

Kate mi guardò come se fosse un gioco, come se stessimo dentro ad una partita di Assassins Creed.
Non era mai stata in Italia mi disse, avevano edifici stupendi, aggiunse, l'architettura italiana era qualcosa di magnifico e sorprendente.
Le piaceva l'arte.
Le piaceva l'architettura.
Ad un animo poco perspicace sarebbe parsa una innocua e pacata studentessa.
Le piaceva anche il rischio.
Questo era un problema. Questo mi spaventava.
Usava il suo volto affabile per ingannare gli ignari.
Con me non ci riusciva, io non amavo il rischio e neppure l'arte o l'architettura.
Ma amavo osservare e in lei avevo visto un animale selvatico più in trappola di quanto credesse.
In quegli occhi avevo visto un abisso di tristezza che mi aveva raggelato le vene e intenerito il cuore. Questo mi fregava, perché io sono uno dal cuore troppo tenero, le belve mi mangiano.

"Prova a prendermi"

Disse lei parafrasando il titolo di un celebre film.
Non mi diede neppure il tempo di rifletterci che già era salita sul primo tetto, con un balzo felino, come se fosse un gioco da bambini.
Come mi aspettavo da lei, non temeva le conseguenze, anzi in fondo al cuor suo le bramava.
La vidi sparire sopra i tetti, uno, poi l'altro.
Erano vicini certo, ma sicuri?
E se avesse fatto un passo falso?
Io odiavo le altezze, non avrei mai fatto quel gioco. Ma era poi un gioco?
Mi feci coraggio e montai sul primo tetto, con fare molto meno baldanzoso di lei, quasi tremolante, non ho mai amato le altezze e le tegole mi parevano così labili. Sentivo un sapore di vertigini in testa.
Che gioco giocava Kate? Che pedina ero io?
Lei mi vide dal fondo, due tetti più avanti, sorrise, non so se di scherno o di tenerezza.
Provai a chiamarla in un disperato tentativo di evitarmi una corsa sui tetti.
Mi tremavano le gambe.
Ovviamente non mi ascoltò e proseguì come se nulla fosse.
Forse per lei il mio era solo il flebile lamento di un fifone.
Camminai incerto fino a raggiungere il primo salto e saltai, il primo era semplice, la distanza era minima, eppure non mi convinceva lo stesso. Sarei potuto cadere e farmi male, molto male, addirittura morire. Le gambe dopo il salto mi parveto ancora più di gelatina.
Lei non si perdeva d'animo.
Mi guardò da lontano e gridò "Arrivata all 'ultimo mi butto".
Non rideva, il tono era impassibile, non potevo sapere se scherzasse o no, si voltò riprese il cammino tra le tegole e a me si strinse il cuore.
Kate era matta oppure ero io un codardo.
Perché doveva fare così?
Mi mossi pure io, avevo paura, le tegole mi sembravano sempre più scivolose, arrivai in fondo al secondo tetto ma la distanza dal terzo era davvero ampia, lei era agile con lunghe gambe ricoperte da una sottile peluria bionda, ma io? Io ero un uomo che non vedeva una palestra da anni con un filo di pancetta addosso e le vertigini.
Guardai in basso, se fossi caduto mi sarei spezzato l'osso del collo, poco ma sicuro.
Rimasi sul ciglio a contemplare l'abisso tra me e la strada sottostante.
Non volevo morire per un gioco stupido.
Non lo volevo davvero.
Guardai in avanti lei correva senza remore, zampettava su quei tetti vecchi, non capivo se ridesse o piangesse.
Guardai di nuovo in basso, mi prese una paura così forte da gelarmi il respiro, in quale abisso mi stavo buttando?
Lei continuava a correre, io feci il vigliacco.
Mi arresi, con il cuore in mano e un filo di lacrime agli occhi.
Kate sapeva che temevo le altezze, lo sapeva bene.
Quella sua prova non la capivo.
Tornai indietro e scesi da quelle tegole scoscese.
Non la vedevo più all'orizzonte.
Scesi per strada in cerca dell'ultimo tetto, quello dal quale si sarebbe buttata, forse ero in tempo ad afferarla. Corsi a perdifiato con un indicibile dolore al petto, quell'ansia pesante di sentirsi addosso la responsabilità di una vita altrui.
Ma arrivato li di Kate non c'era traccia, non si era buttato nessuno.
E io mi sedetti a un bar, ero stanco. Di Kate, dei suoi giochi, compresi che quella prova sui tetti condita di minaccia di suicidio era stato un puro atto di sadismo.
Non faceva bene alla mia anima una persona così, non avrebbe mai potuto amarmi.
Tornai indietro da dove eravamo partiti.
Lei era seduta sul primo tetto, si rollava una sigaretta.
"Addio Kate" le dissi.
Lei mi chiese dove andavo e perché?
Pareva quasi preoccupata di perdere il suo nuovo trastullo. Perché ora lo sapevo non ero altroché quello.
"A farmi una corsa sui tetti, Kate, tetti tranquilli dove non rischio di cadere"

Foto di mia proprietà.

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Molto bello Noemi! Bella descrizione metaforica di questa ragazza che corre su tetti pericolosi mettendo alla prova un ingenuo ragazzo pensando che forse avrebbe fatto qualsiasi cosa per lei ... Ma evidentemente così ingenuo non era!! Mi è piaciuto molto!

Che bella descrizione .

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