Evoluzione della VIRTUAL REALITY e CYBERTHERAPY

in #steemstem6 years ago


Immagine CC0 creative commons

Sabato 26 maggio 2018, presso il Campus – iOS Developer Academy della Federico II, si è tenuto il convegno “Tecnologie per l’apprendimento e la comunicazione nell’autismo”, organizzato dall’Università Federico II di Napoli e dall’Irfid (Istituto di Ricerca, Formazione ed Informazione sulle Disabilità).

Nell'ambito dell'incontro, sono stati presentati sistemi di comunicazione aumentativa e alternativa (CAA), strumenti in grado di assicurare un miglioramento della comunicazione, trasformando in parole tutto ciò che viene espresso con limitazione alle forme di interazione non verbale.

Tra questi, si è parlato di alcuni sistemi di Virtual Reality utilizzati nella cura di disturbi, dipendenze, traumi e malattie neuro-degenerative.


REALTA' VIRTUALE

La realtà virtuale (o VR) è una tecnologia che offre la possibilità di interagire con un ambiente ricostruito per essere quanto più fedele possibile a quello reale. La sua applicazione è supportata dall'utilizzo di strumenti come caschi o visori ottici, cuffie, guanti e tute dotate di sensori di movimento.

Nel corso del tempo, la tecnologia alla base della VR è stata oggetto di evoluzioni, scoperte e perfezionamenti.
Andiamo a ripercorrere le principali tappe di sviluppo dei sistemi.


Sensorama
Immagine CC BY-SA 4.0 Fonte

1962

Il regista statunitense Morton Heilig presentò un sistema denominato Sensorama, con l'obiettivo di coinvolgere nella visione di un film tutti i sensi dello spettatore.
La macchina consisteva in una cabina con una visione 3D, ottenuta grazie ad un cono d'ingresso che assicurava una visione sia frontale che periferica, in uno schermo stereoscopico.
Era inoltre dotata di strumenti in grado di trasmettere vibrazioni, generare stimoli olfattivi e tattili, tra cui un vero e proprio tunnel del vento.


L'esperimento di Heilig non ebbe particolare successo a causa della sua difficile adattabilità ai cinema dell'epoca e, soprattutto per via dell'elevato costo. Rimase, così, un'idea senza nessun investitore interessato a svilupparla.

Heilig, inoltre, progettò anche un primo prototipo di visore, un sistema chiamato HMD (Head Mounted Display), con cuffie stereo e lenti dotate di angoli di visione di 140 gradi.
Non fu però mai in grado di costruirne uno.

Il brevetto di Morton Heilig, pubblicato il 4 ottobre 1960
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1965 - 1968

Il primo dispositivo indossabile fu sviluppato e costruito dallo scienziato Ivan Sutherland, sempre negli Stati Uniti, presso l'università dello Utah.
Era composto da due tubi a raggi catodici, attraverso i quali era possibile vedere figure geometriche in wireframe sovrapporsi alla realtà. Fu il primo concetto applicato di realtà aumentata.
Il sistema, però, era ancora difficilmente fruibile, in quanto molto pesante. Fu necessario, infatti, fissare il braccio di sostegno ad una struttura a croce montata sotto il soffitto. Questa caratteristica ne ispirò anche il nome, "The Sword Of Damocles" (La Spada di Damocle).


Primo prototipo di visore HMD, 1965.
Video CC by 2.0


1977 - 1999

Nel 1977 il MIT (Massachusetts Institute of Technology) diede vita all'Aspen Movie Map, un software che riproduceva una mappa interattiva della città del Colorado e permetteva all'utente di compiere un viaggio virtuale con diverse opzioni modulabili, come clima o epoca storica.
Questa innovazione è considerata come il primo sviluppo della tecnologia che sta alla base della Street View di Google, nata circa 30 anni più tardi.


Immagine CC BY-SA 3.0 Fonte

Qualche anno più tardi, nel 1982, si iniziò ad applicare la tecnologia VR all'ambito nel quale sarebbe poi stata più utilizzata e sviluppata: il gaming.

La prima azienda a puntare sulla ricerca e sviluppo della materia fu ATARI, che creò un vero e proprio laboratorio, l'Atari Research LAB.
Anche in questo caso, l'esperimento fu fallimentare, in quanto sopraggiunse un periodo di crisi nel mondo dei videogame e l'azienda dovette chiuderlo.
Alcuni degli uomini impegnati nel progetto furono Jaron Lanier e Thomas Zimmerman, che continuarono le ricerche, fondando una nuova compagnia, la VPL Research, con l'obiettivo di rendere i sistemi di riproduzione della realtà virtuale alla portata di un pubblico di massa. Così diedero vita a due dispositivi, il DataGlove e l'EyePhone.


DataGlove e EyePhone
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Il primo era un guanto dotato di 6502 microsensori, collegato ad un computer che ne duplicava i dati ricevuti e ne riproduceva movimenti e gesti.

Il secondo era un visore HMD in grado di proiettare immagini simulate e di percepire i movimenti della testa.

Da quel momento, tutte le principali aziende di gaming iniziarono a produrre dispositivi e interfacce VR, prima fra tutti Nintendo, con il suo PowerGlove. Prodotto da Mattel per Nintendo, presentò subito imperfezioni dal punto di vista della giocabilità e fu presto accantonato.

Nacque anche il Virtuality 1000CS, un dispositivo creato dalla Virtuality group, basato su un sistema AMIGA 3000, composto da un visore audio/video, da un joystick per interagire con la realtà virtuale e da un box circolare per il movimento. Fu, però, un fallimento, in quanto era proposto ad un prezzo di 60.000 $.


Pagina pubblicitaria Virtuality
Immagine CC BY-SA 4.0



Il Nintendo Power Glove
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A seguire, nel 1993, anche SEGA sviluppò il suo visore, il SEGA VR, un prodotto dal design moderno e accattivante che era l'evoluzione di un prototipo già presente nelle sale giochi.

Studiato per essere utilizzato sulle sue console, principalmente su Saturn, sarebbe stato lanciato al prezzo di 200$, ma in fase di test il progetto fu accantonato, sia per problemi di sviluppo che a causa dei frequenti mal di testa accusati da chi lo provava.

La stessa sorte toccò al Virtual Boy, ancora un dispositivo Nintendo. In questo caso, il prodotto fu lanciato come console portatile e con tecnologia VR, ma presentò innumerevoli problemi di low resolution e grafica (l'immagine si presentava in rosso e nero) oltre a dimostrarsi troppo pesante per essere davvero definibile come portatile.


Nintendo Virtual Boy, 1995.
Immagine CC0 creative commons



2010

Per un intero decennio, a causa dei numerosi fallimenti, la ricerca sulla tecnologia VR si fermò e l'interesse intorno a questo tipo di innovazione, scomparve definitivamente.

Nel 2010, Facebook decise di dedicare un team appartenente al gruppo di ricerca multi-disciplinare Facebook IQ, allo studio di uno strumento che potesse portare la pubblicità dalla televisione al web e, più strettamente al loro social network.

Così, due anni dopo, notarono il lavoro di Palmer Luckey, studente californiano fondatore di Oculus VR, azienda che aveva appena ricevuto un finanziamento di 2,4 milioni di dollari grazie ad una campagna di crowdfunding su Kickstarter.
Luckey aveva creato Oculus Rift un prototipo di visore con delle caratteristiche ben definite:

  • Alta risoluzione (2160x1200)
  • Leggerezza (peso 470 grammi)
  • Possibilità di essere usato a lungo senza affaticare gli occhi


Oculus Rift DK2
Immagine CC BY-SA 2.0 Fonte


Il team di Facebook, dopo alcuni test, rimase positivamente colpito dalla resa del prodotto e il 25 marzo 2014, Zuckerberg acquistò la Oculus VR per la cifra di 2 miliardi di dollari.

Ecco come Mark Zuckerberg ha commentato l’acquisizione:

“Dopo esserci concentrati sui giochi, trasformeremo l’Oculus in una piattaforma per molte altre esperienze. Immaginate di assistere a una partita dalla tribuna, di studiare in una classe composta da studenti e insegnanti che vivono sparsi in ogni angolo del pianeta o di consultare un medico stando semplicemente a casa vostra, con un paio di occhiali. È una nuova piattaforma di comunicazione dove poter condividere esperienze e spazi illimitati con le persone importanti della vostra vita. Immaginate di condividere con i vostri amici online non solo semplici momenti, ma intere esperienze e avventure”.


GIUSEPPE RIVA: CYBERTHERAPY E CYBERPSYCHOLOGY

Ritornando al nostro convegno, tra i vari ospiti che sono intervenuti, il Prof. Giuseppe Riva ha presentato alcuni dei suoi studi che riguardano l'applicazione della realtà virtuale nel trattamento dei disturbi del comportamento e del neurosviluppo.

Giuseppe Riva è Docente all'Università Cattolica del Sacro Cuore, Presidente dell'International Association of CyberPsychology, Training and Rehabilitation e Direttore del Laboratorio di Tecnologia applicata alle Neuroscienze dell'Istituto Auxologico Italiano. È anche lo scienziato italiano con più pubblicazioni peer-reviewed all’attivo nel campo della virtual reality applicata ai trattamenti sanitari.

E' stato il primo ad introdurre queste tecnologie nel campo della psicologia e della riabilitazione, grazie al lavoro svolto presso l'ATN-P Lab.

Attiva dal 1994, questa struttura è una tra le più tecnologicamente avanzate del mondo e l’unica in Italia ad essere dotata di CAVE (Cave Automatic Virtual Environment), una stanza con un ambiente simulato in 3D, all’interno del quale viene sperimentata un’esperienza di realtà virtuale immersiva, grazie a strumenti di output come caschi, visori o occhialini, e dispositivi di input come guanti e joypad.


CAVE Electronic Visualization Laboratory, Università dell'Illinois, Chicago. 2001
Immagine CC0 creative commons

Il risultato è di grande efficacia, in quanto il sistema di motion capture è in grado di rilevare in tempo reale, posizione e movimenti della testa e delle mani. L’immersività è tale da portare il paziente ad integrarsi con l’ambiente virtuale fino al punto da non essere più in grado di distinguerlo da quello reale.

Grazie a questa caratteristica, il sistema può essere usato per simulare un ambiente specifico, magari familiare, e per attenuare dispercezioni fisiche e psicologiche, o per generare un determinato tipo di sensazione.

Gli studi di Riva hanno riguardato e coinvolto diversi ambiti, grazie alla multi-settorialità e alla grande versatilità delle tecniche messe a punto.

Il concetto di base è applicabile infatti a diverse aree terapeutiche:

  • Trattamento ustioni
  • Controllo e gestione di situazioni di stress
  • Trattamento dei disturbi del comportamento alimentare
  • Trattamento dei disturbi dello sviluppo dell’apprendimento
  • Trattamento delle malattie neuro-degenerative


Un bellissimo esperimento che fa capire l’efficacia della cybertherapy, potete trovarlo su YouTube, in un video che riporto nelle fonti, intitolato Conversations between self and self as Freud, estrapolato da uno studio condotto dal team degli psicologi dell'Event Lab dell'Università di Barcellona Sofia Adelaide Osimo, Rodrigo Pizarro, Bernhard Spanlang e Mel Slater, pubblicato su Scientific Reports il 10 settembre 2015.

Nella clip viene mostrato un soggetto che vede il suo avatar riflesso in uno specchio, mentre nella stanza è presente un altro avatar che raffigura Sigmund Freud. Al paziente viene chiesto di descrivere uno stato d'animo o un problema personale e di darsi una risposta o un consiglio per una possibile risoluzione. All’improvviso, i due avatar si scambiano di posizione e il paziente diventa lui stesso Freud. In quel momento, sentendosi Freud, inizia a darsi consigli migliori rispetto a quelli che si dava fino a quando era sé stesso. Il solo fatto di percepirsi come Freud, lo portava a valutarsi più competente e più sicuro, effettuando un significativo distacco cognitivo.

Altri studi riguardano dei bambini ustionati che riuscivano ad avere una minore sensazione di dolore, misurata in scala VAS, grazie al supporto della realtà aumentata. La ricerca è stata fatta su un campione di 9 pazienti, metà dei quali erano stati trattati con un distrattore (un comune videogioco).
L'altra metà, invece, aveva testato un'esperienza di realtà aumentata prima durante e dopo la medicazione.
Il risultato fu chiaro: la VR si era dimostrata un potente analgesico non farmacologico, in grado di abbassare notevolmente la soglia di percezione del dolore. Vi era anche un vero e proprio vantaggio di tipo psicologico, in quanto questi bambini risultavano essere più collaborativi, meno impauriti e ansiosi.


Immagine CC by 2.0

Nelle pazienti anoressiche, invece, si è rilevata una diminuzione del grado di dispercezione del corpo grazie ad una trasposizione realistica della loro immagine naturale.
Al soggetto, che indossa un visore e visualizza sé stesso come avatar, viene chiesto di toccare alcune parti del proprio corpo, e questi movimenti vengono proiettati nell'immagine virtuale, fin quando non si viene a creare la totale immedesimazione.
Utilizzando una tecnica chiamata BodyTracing, poi, si invita la paziente a disegnare su un foglio i contorni del suo corpo per come li percepisce prima della seduta e poi la si invita a rifarlo dopo essere stata sottoposta all'esperienza immersiva.

Insomma, forse dopo gli innumerevoli flop della storia, è stato trovato un ambito nel quale la realtà virtuale può trovare la sua grande esplosione.

Per dare continuità al discorso e approfondire ancora di più gli studi sull'argomento, in uno dei prossimi appuntamenti, vi parlerò di alcune innovazioni tecnologiche di ultima generazione applicate ai disturbi del comportamento e alle fobie.

Intanto, vi ringrazio per la lettura e a presto.


Bibliografia

  • Riva, G., Bacchetta, M., Baruffi, M., & Molinari, E. (2001). Virtual Reality-Based Multidimensional Therapy for the Treatment of Body Image Disturbances in Obesity: A Controlled Study, CyberPsychology & Behavior, 4(4), 511-526.

  • Riva, G., Bacchetta, M., Baruffi, M., Rinaldi, S., & Molinari, E. (1999). Virtual reality based experiential cognitive treatment of anorexia nervosa, Journal of Behavior Therapy and Experimental Psychiatry, 30(3), 221-230.

  • Vincelli, F., & Riva, G. (2007), La Realtà Virtuale come supporto alla psicoterapia cognitivo-comportamentale, in Vincelli, F., Riva, G., & Molinari, E. (Eds.). La realtà virtuale in psicologia clinica. Nuovi percorsi di intervento nel disturbo di panico con agorafobia, pp. 67-92. Milano: McGraw-Hill.

  • Hoffman H. G., Doctor J. N., Patterson D. R., Carrougher G. J., Furness T. A., (2000) Virtual reality as an adjunctive pain control during burn wound care in adolescent patients. Pain. 85(1-2):305-9.


Fonti WEB

GM


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Un articolo davvero interessante, lo trovo molto in linea con quello che mi piace fare (dalla grafica 3D alla realtà virtuale/aumentata il passo, a volte, è breve). Avevo sentito parlare di applicazioni in campo medico, ma penso onestamente che serva un po' di lavoro extra sulle apparecchiature, che se anche sono meno pesanti ed ingombranti di un tempo, ancora in qualche modo "disturbano" chi le usa.

Nel mio percorso, ho visto la realtà virtuale e aumentata applicate all'architettura e al design di interni, oltre che alle esperienze ludiche e di apprendimento. Sto cercando di esplorare proprio quest'ultimo tema per un progetto personale che spero possa vedere la luce, prima o poi.
La cosa positiva è che oggi basta un cellulare per poter provare il brivido dell'esperienza, per quanto nn sia proprio la stessa cosa dell'oculus (io, di quello, ho avuto pure paura: nella vecchia scuola in cui insegnavo, forse per "simpatia", mi hanno sottoposto ad una simulazione, ero sospesa in aria. Io soffro di vertigini, sono stata male e sono rimasta traumatizzata, sinonimo del grado di coinvolgimento che un tale strumento può innescare). Occorre snellirlo, perché tutta l'attrezzatura e a volte i cavi, risultano limitanti, ma si farà.

Per chi voglia sperimentare un approccio low cost e creativo, suggerisco di dare un'occhiata ai progetti di google, Cardboard ad esempio, che permette di sfruttare gli smartphone per simulare visori molto più costosi (anche se non è spesso molto efficace, può essere un economicissimo primo approccio).

Sono convinta che nell'immediato futuro potremo vedere delle belle cose e che dobbiamo ancora escogitare dei modi per sfruttare questa nuova tecnologia, perché ancora non ne conosciamo tutto il potenziale. Cominciare proprio dal campo medico è un buon passo, perché da nuova linfa a qualcosa che stentava a prendere il volo ed era collegata (spesso con istanze prettamente negative) esclusivamente alle esperienze videoludiche di puro e futile intrattenimento.
Eppure, si può anche arredare un appartamento, dipingere un quadro, modellare e scolpire oggetti, animare personaggi e creature, tutto in realtà virtuale.

Fiducia e ottimismo, vedremo che strada prendere!

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Scusa il ritardo, me l'ero perso!
Assolutamente d'accordo sulla necessità di snellire il peso delle attrezzature, ma sono sicuro che si arriverà anche a quello.
Su Cardboard c'è una storia simpatica...diciamo che qualcuno di Google ha smontato Oculus, ha capito che la vera innovazione stava nelle lenti e ha voluto riprodurre in versione super-cheap ciò che Zuckerberg ha pagato diversi miliardi, dimostrando che poteva farlo anche con pochi spicci.
Le solite piccole beghe tra miliardari, insomma...

Ahah, diciamo che la prima versione era talmente cheap che ti si smontava letteralmente tra le mani xD
Sta di fatto che in futuro ne vedremo delle belle!

Scrivi sempre degli articoli belli densi, ma scorrevoli e interessanti, è un piacere leggerti.

Grazie mille!! Mi piace cercare di spiegare cose a volte complicate, in modo che siano fruibili.
Ci ho messo un po' di giorni per farlo uscire questo post, perché ci ho lavorato parecchio, ma alla fine sono abbastanza soddisfatto del risultato.

Baci!!

Anche la realtà aumentata è in crescita con Apple che la stà implementando sempre di più dall'anno scorso con l'iPhone X

Sì...anche Google e SKY hanno dei progetti, vediamo che cosa ci presenteranno.

E' sempre stato un argomento che mi affascina.

Grazie per aver letto e votato il post!

Argomento decisamente affascinante, non sono espertissimo in questo campo, ma il tuo post è stato molto chiaro e colloquiale, complimenti sia per la corposità e sostanza, sia per la linearità dei concetti elaborati e proposti, grande @girolamomarotta

Grazie a te Marco per essere passato a trovarmi!

Cercherò di essere quello che sono stato finora, ma è davvero dura, qualcosa salterà ogni tanto!!!

Tranquillo, l’importante è che tu faccia ottime cose! 😉

Detto da te è uno dei migliori auguri che mi possa aspettare

Hi @girolamomarotta!

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lo leggo solo ora, mi era sfuggito mea culpa...