Gladiatore contemporaneo

in #writing5 years ago

Con questo post partecipo al contest settimanale di @spi-storychain a tema ANTICA ROMA e ambientazione MARE.

Proseguo con il secondo capitolo della storia iniziata settimana scorsa con questo post.

Immagine priva di diritti di copyright

Non esiste luogo migliore che il mare, soprattutto di inverno, per raccogliere le idee, schiarirsele come si suol dire e abbracciare il proprio io.

Vi è un non so che di crepuscolare e al tempo stesso ancestrale nell'assaporare l'aria proveniente dalle onde lontane. Una sensazione di protezione, nonostante non ci siano tetti, muri o altro a proteggermi da quella sconfinata schiera di acqua, cielo e vento.

E' anche però un luogo dove tutto sembra finire e perdersi per sempre. E' un'esperienza umana a tutto tondo. Cosi come la spiaggia viene risucchiata dal mare onda dopo onda, noi veniamo risucchiati dal tempo, giorno dopo giorno. Quel sole che si alza al mattino prima o poi terminerà la sua corsa affondando negli abissi marini, cosi come noi nasciamo, splendiamo, ci eclissiamo. Al tempo stesso non esiste un'increspatura che sia identica ad un'altra, cosi come ognuno di noi è solo uguale a se stesso. Non basta riflettersi in uno specchio d'acqua per guardarsi dentro. Non è sufficiente nuotare al largo per sentirsi liberi. Non è necessario correre a piedi nudi sul bagnasciuga per sentirsi vivi.

Tutto parte da dentro. Tutto nasce da lontano.

Quello che siamo non è quello che vediamo e quello che vediamo è spesso imperscrutabile.

Son tornato qui oggi, per capire quale è il mio posto nel mondo e per comprendere se sarà un vortice a travolgermi o a issarmi su.

Sin dall'antica Roma, dai tempi del glorioso impero romano la gente soleva chiedersi se la loro esistenza sarebbe stata piena di soddisfazioni o piena di sofferenze.

Patrizi o plebei, gladiatori o vittime, imperatori o vessati, schiavi o schiavisti. Era tutto molto più netto rispetto ad oggi ma anche allora come adesso non vi era spazio per indugi, bisognava lottare prima con se stessi per affermarsi nel mondo.

Oggi è facile sentirsi storpiati anche senza avere alcun handicap.

E' facile sentirsi inascoltati nonostante esistano milioni di modi per scrivere, raccontarsi e raggiungere gli altri.

E' semplicissimo sentirsi vittime anche quando si è parte dell'ingranaggio.

La busta paga ci definisce. Il povero è trattato come persona che non sa vivere e quindi da denigrare. Il diverso è tutelato sempre più da miriadi di leggi e dal sempre più letale politically correct ma è visto sempre come il diverso e mai come se stesso.

Ci teniamo alla larga dal rischio anche se non abbiamo oramai più nulla da perdere.

Mi chiedo, guardando un filo di luce riflettersi nel mare se saremo mai disposti a lottare, ad essere gladiatori nella nostra vita.

Per chi lottare? Per cosa lottare?

Forse rispondendo a queste domande troverò la forza per essere un gladiatore anche io.

Aspetto quelle risposte dal mare ma sento solo urla di disperazione e facce annegate piovermi davanti agli occhi.

E' la morte dell'umanità. E' arrivata l'apocalisse e non ci sono angeli della morte in sella a cavalli infuocati ad annunciarci la nostra fine ma solo anime perse che fissano nel vuoto e guardano nei loro schermi come se fossero oblò con vista sulla verità.

Siamo finiti ma è proprio per questo che risorgeremo.

Sono al mare e sono circondato da una spiaggia di cenere. 

Da questa spiaggia risorgerò sperando che il mondo risorga con me o sarò costretto a vestirmi da angelo e montare uno dei tanti cavalli infuocati che troverò per le strade di questa città.

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