Morto a Milano l'immobiliarista Salvatore Ligresti, a lungo a capo di FonsaisteemCreated with Sketch.

E' morto a Milano l'immobiliarista Salvatore Ligresti. Siciliano di nascita, a lungo a capo della galassia assicurativa Fonsai, è stato protagonista del mondo milanese degli affari e negli ultimi anni è stato al centro anche di inchieste giudiziarie e di crac finanziaria. L'ultima gli è costata la perdita della società tra i leader del settore delle assicurazioni, poi rilevata da Unipol. Malato da tempo, è deceduto all'ospedale San Raffaele.

Era nato 86 anni fa a Paternò, un comune in provincia di Catania. Dopo la laurea in ingegneria, arrivò a Milano per prestare il servizio militare in Aeronautica e, di fatto, ci restò per tutta la vita. Congedato, aprì uno studio di progettazione e nel 1966 si sposò con Antonietta Susini, figlia del provveditore alle Opere pubbliche della Lombardia con la quale ha avuto tre figli, Giulia Maria, Paolo e Jonella.

La Milano da bere. Nei 20 anni successivi, anche grazie a una serie di relazioni di primo piano con il mondo della finanza, a cominciare dal dominus di Mediobanca Enrico Cuccia (anche lui di origini siciliane), Ligresti si fa largo nel mondo degli affari, fino a diventare negli anni Ottanta uno degli uomini più ricchi d'Italia. Sono anche gli anni della Milano "da bere", in cui Ligresti diventa il re degli immobiliaristi, tra appalti pubblici e grandi realizzazione nel terziario che prende il posto delle grandi fabbriche e cospicui investimenti nei salotti buoni della finanza. I ricchi guadagni del mattone finiscono nei patti di sindacato che contano, da Pirelli a Gemina, da Mediobanca al gruppo assicurativo Sai, poi fuso con la fiorentina Fondiaria. Sono anche gli anni delle scatole cinesi e delle holding, grazie alle quali con piccole partecipazioni azionarie era in grado di controllare società di primo piano di Piazza Affari.

Il sequestro della moglie. Nel febbraio del 1981, la moglie venne sequestrata da un gruppo di mafiosi, tra cui un fedelissimo di Stefano Bontate. Dopo un mese venne pagato un riscatto di 600 milioni e venne rilasciata. Due dei tre autori del sequestro vennero successivamente assassinati. Ne seguì una inchiesta delle procure di Milano e Roma per sospetti legami con la mafia da parte di Ligresti, che si conclusero in un nulla di fatto.

Gli scandali immobiliari. Ligresti, soprannominato anche don Salvatore, provocò nel 1986 la caduta della giunta guidata dal sindaco socialista Carlo Tognoli per il cosiddetto scandalo delle "aree d'oro": il Comune si impegnava a comprare aree per 5mila lirr al metro quadro, ma vennero poi rintracciate lettere con cui Ligresti aveva già concordato l'acquisto a prezzi più bassi. La conseguente inchiesta della magistratura finì con una archiviazione.
Nel 1992, anche Ligresti venne coinvolto in Tangentopoli: fu arrestato per tangenti pagate per vincere appalti per la Metropolitana milanese e le Ferrovie Nord. Condannato a 2 anni e 4 mesi, ottenne l'affidamento ai servizi sociali presso un centro Caritas. Perse però i requisiti di onorabilità e i figli presero in mano sia Premafin (la finanziaria di famiglia) sia il gruppo assicurativo Fondiaria-Sai.

La perdita di Fonsai. Nel 2011, su pressione di Mediobanca che aveva da sempre sostenuto finanziariamente la famiglia, Ligresti cede Fonsai e Milano assicurazioni, pesantemente indebitate ed esposte con la stessa Mediobanca: le rileva il gruppo Unipol. Dalla vicenda la procura di Torino, che si inserisce in una inchiesta aperta a Milano, lo indaga per falso in bilancio e manipolazione del mercato per aver celato un ammanco di 600 milioni manipolando la riserva sinistri non comunicata agli investitori. Ligresti viene arrestato nell'estate del 2013 e finiscono in carcere anche le figlie, mentre il figlio Paolo, diventato solo pochi giorni prima cittadino svizzero evita la custodia cautelare.
Il processo di primo grado porta alle condanna di Ligresti a 6 anni per falso in bilancio e manipolazione del mercato per Fonsai a Torino e a 5 anni per aggiotaggio in relazione alla vicenda Premafin, in seguito all'inchiesta aperta dopo la scoperta di un trust fiduciario all'estero che controllava il 20 per cento di Premafin.

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