"Michele", settima puntata : estate

“Estate, sei calda come i baci che ho perduto...”
Bruno Martino

L'estate del '94, quindi, fu caratterizzata dallo stato di Martina che è difficilmente definibile. A trentun anni, si comportava come un'adolescente, passava dal riso al pianto (con netta prevalenza di quest'ultimo) in un attimo.
Al lavoro era sempre la stessa, rigorosa ed efficiente, ma Manuela, che la conosceva bene, aveva notato il suo completo eclissarsi al di fuori dell'orario di servizio.
Non accadeva più di andare a mensa insieme o tantomeno attardarsi a fine turno per un aperitivo o una pizza. Mia cugina evitava proprio tutti tranne me.
Rappresentavo, diceva lei, un vero e proprio specchio che le rimandava la sua immagine con sincerità e nel contempo, parlando con me, era in grado di sopportare la sua condizione instabile di innamorata infelice.
La Gattoparda era arrivata e Michele aveva ripreso il tran tran dell'anno prima, tra feste, cocktail, gite in barca e bambine capricciose. Sapevo tutto questo da Diana che non sospettava nulla ma commentava: “Mah, quest'anno Michele è diverso”. “In che senso -indagavo interessata. “Non sembra più rapito come lo scorso anno, ma compie esattamente gli stessi gesti, solo che somiglia a un automa.
Forse, col lavoro che fa, computerizza anche i sentimenti?” “E la Gattoparda?” “Beh, lei è...uguale a se stessa. Continua a raccontare sempre le stesse cose, a cui ha aggiunto la scoperta che il marito la tradiva anche prima dell'avvento di Miss Gambebelle con attrici e segretarie, ma lei non se ne era mai accorta...” “Certo, non si può dire che sia un'aquila...” “Ma poi le faceva sotto il suo naso, anche prima che nascessero le bambine. Ora, piano piano, sta venendo fuori tutto...” .
Tra me e me pensavo che la nobildonna in questione era proprio predisposta ad essere un’inconsapevole cornuta, dato quello che era accaduto dal galeotto Sanremo in poi.
Riportavo a Martina tutte le notizie sull'Arcangelo (avevo cominciato a chiamarlo così da quando Martina, in un giorno di pura irrazionalità, aveva affermato che Michele era talmente bello da essere luminoso).
Lei analizzava, come era solita , ogni particolare, rabbiosamente decisa a riprendersi l'alato ingegnere e piena di livore (cosa insolita per lei) nei confronti della Gattoparda.
“Marti, ma tu lo sapevi che esisteva prima di te!”
“Sì, ma io starò con lui, e per sempre”.
Così trascorse il mese di luglio, arrivò agosto e il giorno di Ferragosto mia cugina, onde evitare cocomerate familiari e simili, si fece mettere di guardia in reparto.
Ma nessuna donna, quel giorno, sembrava intenzionata a partorire. Così Martina, svogliatamente, sfogliava riviste mediche nel suo studio, quando, nel primo pomeriggio, il telefono del reparto squillò. “Dottoressa Gioielli, la desiderano al telefono” “Chi è? Forse mia cugina?” “No, dottoressa, è l'ingegner Della Creta”.
Ebbene sì, era proprio lui, l'Arcangelo, che con poche brevi parole le propose di vedersi la sera dopo in un luogo abbastanza vicino sia alla città che al mare, ma sufficientemente sperduto da non incontrare nessuno.
In effetti, era improbabile che qualcuno si trovasse in aperta campagna alle 23 del 16 agosto, mentre a pochi chilometri di distanza si festeggiava il Santo Patrono con i fuochi artificiali e la processione in mare.
Così furono assolutamente soli in quell'incontro surreale, mentre in lontananza si sentivano e si intravedevano i fuochi.
Dall'autoradio rimasta accesa nella macchina di Martina , incredibilmente, la voce di Claudio Villa intonò “Un amore così grande, un amore cosììì...” e lei sostenne di essere precipitata in quel momento dentro la canzone insieme al bell'informatico, nella notte profumata di agosto, e di essersi risvegliata all'alba insieme a lui nel proprio letto, dove la mattina era cominciata nello stesso modo in cui la notte si era chiusa...
Ma doveva essere in ospedale alle otto, non era in ferie. Così lasciò l'Arcangelo (caduto tra le note e successivamente nel sonno) e se ne andò senza svegliarlo, contemplando per qualche minuto quell' “amore così grande” in tutta la sua perfezione.
(continua)

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