Una Luna rosso Sangue - Pt.2 La Prigionia

in #ita5 years ago (edited)

Le due guardie portarono Nahua nelle segrete del Palazzo delle Ambasciate; era qui che i clan in visita nella capitale tenevano i loro prigionieri in attesa dell’estradizione. In lontananza si udivano i boati ed applausi; il Rito doveva essere cominciato da poco.

Nahua odiava il Rito del Massacro: si trattava di un combattimento all'ultimo sangue al quale partecipavano i guerrieri più forti di tutto il regno. Avrebbero dovuto combattere tra di loro fino a quando uno solo fosse rimasto in vita. Il sopravvissuto poteva reclamare l’artefatto che l’avrebbe reso Re e Dio di Tlicalhua, l’artefatto che avrebbe nominato il nuovo Avatar del regno: l’Ascia di metallo rosso conosciuta col nome de “Il Fratricida”.

Nahua venne spinta dentro una cella sporca e sudicia che puzzava di muffa e decomposizione. In un angolo era ancora presente lo scheletro del precedente prigioniero, lasciato lì a marcire; probabilmente per qualche reato capitale come l’aver rubato una mela o aver attraversato la strada di qualche nobile impettito.


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"Ehi Perhos, abbiamo anche uno spettatore!" Disse la prima guardia, indicando con il mento lo scheletro mentre scioglieva i legacci dei pantaloni.

L’altro si avvicinò alla ragazza, la fece rialzare in piedi e le prese il volto in una mano, scrutandola come si fa con una giumenta poco prima dell’acquisto.

Nahua era alta poco meno di un metro e sessanta; indossava un paio di comodi pantaloni in leggero lino nero e una mezza tunica legata in vita da una fascia, entrambe dello stesso materiale. Alla fascia erano legate due borse di cuoio, nere anch'esse, contenenti arnesi da scasso, corde, picchetti. Ai piedi, due robusti stivali di cuoio.

Alla luce tremolante delle torce, si intravedevano sotto la tunica le morbide curve di una giovane donna: magra e atletica, ma non per questo meno attraente. I suoi capelli corvini erano legati in una lunga treccia che scendeva fino ai fianchi; la guardia le pulì il volto dal sangue, e fu stupito nel vedere che, nonostante la carnagione fosse olivastra come per la maggior parte dei Tlicalhua-Kej, i suoi lineamenti fossero morbidi e non spigolosi ed i suoi occhi fossero color verde smeraldo e non neri.

La guardia le sussurrò all'orecchio: “Ora, le cose possono andare in due modi: puoi stare tranquilla e docile o ribellarti. Nel secondo caso, ti farò male… e nessuno qui vuole…” L’uomo urlò improvvisamente dal dolore e si ritrasse.

Nahua sputò l’orecchio che aveva staccato all'uomo sulla faccia della seconda guardia; li fissò con uno sguardo selvaggio senza dire una parola, senza un briciolo d’emozione negli occhi. Poi un pesante pugno la raggiunse su una tempia e tutto divenne nero.

Si svegliò qualche ora più tardi, rendendosi vagamente conto di quello che poteva esserle successo nel frattempo; i suoi vestiti erano laceri e strappati, le sue sacche ed i suoi stivali spariti. Non importava: era stata una schiava, una schiava che aveva avuto spesso a che fare con uomini maneschi e il cui corpo era stato quotidianamente messo in vendita al miglior offerente.

Di fronte a sé, un pezzo di pane raffermo ed una ciotola di legno contenente acqua puzzolente. Mangiò e bevve, perché in quel momento l’unica cosa che aveva in mente era sopravvivere, fuggire e reclamare la vendetta.

Le stesse guardie della notte prima vennero a farle visita anche quella sera: uno di loro portava una vistosa fasciatura sulla testa ed erano armati di pesanti randelli. Appena Nahua udì lo scattare della serratura nella porta metallica e intravvide uno spiraglio di luce dall’esterno, si scagliò con tutto il suo peso contro gli uomini cercando di prenderli di sorpresa; ma Perhos l'afferrò per i capelli e la gettò di nuovo dentro la cella.

Nuovamente, stavolta mentre era cosciente, abusarono di lei.

Qedasi, amica e schiava, le aveva insegnato un trucco per rendere questi momenti meno traumatici: bisognava chiudere gli occhi e pensare ad altro. Lei le consigliava di pensare a qualcosa di bello, ma Nahua aveva appena perso l’unica cosa bella della sua vita. Così combatté il dolore con altro dolore.

Nahua pensò alla sua giovinezza: all’amore di sua madre che la allevò sola fin da quando aveva memoria e alle storie che le raccontava nelle calde notti d’estate, per farle prendere sonno. Una volta le chiese perché non aveva un papà, come tutti i suoi amichetti: lei si adombrò in volto e le disse che suo padre era l’uomo più coraggioso del mondo… ma niente di più.

Nahua era una ragazzina intelligente; diede per scontato che fosse morto, forse in guerra o di malattia, e non ne parlò più per non far soffrire sua madre.

Le guardie vennero anche il giorno successivo, quello dopo ancora e di nuovo per tutta la settimana.

Avevano detto che l’avrebbero giustiziata, ma il boia non arrivò. Tra l’altro, perché ucciderla? Era inerme e alla mercé del Clan delle Pianure. Aveva provato a saggiare la serratura della porta ma era impossibile da scassinare senza gli attrezzi adatti, e sarebbe stato difficilissimo anche con quelli. La cella non aveva finestre ed era scavata nella roccia viva. Anche se avesse avuto un piccone avrebbe impiegato mesi a scavare una via di fuga.

Fu costretta a subire e a lasciare che la sua mente volasse altrove.

Aveva quindici anni quando il suo villaggio venne razziato: succedeva spesso a Tlicalhua. Una banda di briganti approfittò dell’assenza dei guerrieri andati a combattere per il Rito e misero a ferro e fuoco le case e le tende.

Presero lei e la madre e le caricarono su due carri diversi, in due direzioni opposte. La marchiarono a fuoco sulla spalla e la misero all'asta degli schiavi, dove passò di mano in mano. Alcuni padroni erano migliori di altri… ma era comunque Polvere, il ceto più basso della società del Dragone.

Fu a diciassette anni che incontrò un giovane schiavo come lei; condividevano l’odio per quel regno e la speranza di creare qualcosa di migliore.

Incontrò Itochu.

La settimana successiva le visite delle guardie si fecero più rare; Nahua pensò che si fossero stufati di lei ed un brivido le percorse la schiena… perché una prigioniera inutile, così come una schiava, poteva aspirare al massimo ad una morte rapida e indolore.

Sentì parlare le sentinelle fuori dalla sua porta; pare che dal tramonto della Luna Rossa il cielo fosse rimasto nero come la pece. Se c’era qualcosa di immutabile a Selenya era l’alternarsi delle lune nei sei colori degli dei, secondo i ritmi delle stagioni. Cosa stava succedendo?

La settimana ancora dopo le visite ricominciarono, ma i volti non erano gli stessi. Probabilmente le due guardie avevano cominciato a fare affari sulla sua pelle.

Itochu era un ladro ed uno scassinatore: non fu difficile per lui sciogliere le loro catene e renderli liberi.

“Perché non sei mai fuggito prima?” le domandò lei, ingenuamente.
“Perché non avevo ancora trovato te” le rispose lui.

I quattro anni successivi Nahua imparò dalla strada e da Itochu tutto ciò che non aveva mai sperimentato prima: imparò il prezzo della libertà ed imparò ad aver fame. A rubare e ad ingannare per vivere. Imparò a stare lontano dalle guardie e a trarre vantaggio dalla loro stupidità. Coltivò un odio sempre più profondo per la Capitale, per i suoi modi e costumi… ma imparò che quei modi e costumi erano troppo radicati per poter essere estirpati da due ragazzini.

“Andiamocene” Disse un giorno Itochu.
“Dove?” Chiese Nahua.

“Lontano: ho sempre sognato di visitare le foreste di Alfhild, o di vedere i porti di Kasiha.”

“E come? Non possiamo uscire dalla città senza dei documenti. E anche se ci riuscissimo non avremo mai i soldi per pagare un viaggio fuori dai confini di Tlicalhua..”

Itochu sorrise, con quel sorriso disarmante che faceva sembrare tutto una passeggiata. “Ho un’idea…”

Passarono altre due settimane che sembrarono infinite, poi improvvisamente le visite si interruppero.

Probabilmente la sua fine era vicina.

Il decimo giorno, la porta della cella si aprì: la solita, fievole e tremolante luce della torcia nel corridoio dipinse di rosso e arancio la parete dietro di lei. Ma dietro la soglia, nessuna sagoma si interpose tra lei e la fiamma, tra lei e il corridoio… tra lei e la libertà.

Pensò subito ad un tranello, ma si avvicinò comunque alla porta: non aveva più niente da perdere. La spalancò con attenzione per non farla cigolare e… una voce dietro di lei le fece accapponare la pelle.

“Non è necessario avere fretta, Nahua. Ho bisogno di parlare con te.”

La Luna Rossa di Tlicalhua by @gianluccio
Cap. 1: Il Colpo
Cap. 2: La prigionia

La Luna Blu di Kasiha by @kork75
Cap. 1: Un anno prima
Cap. 2: L'osteria il corallo blu


Firma finale.gif

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Hello @gianluccio, thank you for sharing this creative work! We just stopped by to say that you've been upvoted by the @creativecrypto magazine. The Creative Crypto is all about art on the blockchain and learning from creatives like you. Looking forward to crossing paths again soon. Steem on!

Thank you very much! We hope to translate our work in english sooner or later ;)

Si vabbè qua il livello è professionale... Luna rossa gente su Selenya! 🔴

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O quello che ne rimane ;)


Questo post è stato condiviso e votato dal team di curatori di discovery-it.

Eehhh, cosa ci vuoi fare, da un lato se postassi più spesso sarebbe notte fonda per me e per altri essere menzionati nel post.it, dall'altro sei uno Steemians che si stacca nettamente dalla base, generando racconti come questo, altamente"spettacolare" come contenuti e costruzione, complimenti, caro amico, veramente notevole

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Mi fai arrossire O_o Grazie per le belle parole, su questo lavoro e su quello dei miei colleghi "fantasiosi" spenderemo qualche parola in più nel prossimo futuro ;)

Hi, @gianluccio!

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Tlicalhua è proprio un posto " difficile", povera Nahua. Complimenti per questa seconda parte😉

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Per citare un grande genovese "Dai diamanti non nasce niente, dal letame nascono i fior" :) Thanks!

Tlicalhua è proprio un posto " difficile", povera Nahua. Complimenti per questa seconda parte😉

sono passato in spi e ho visto il link, meno male! Combattere il dolore con altro dolore...vale una menzione. Grande Gian!

Se son riuscito a intrattenervi per qualche minuto ho raggiunto il mio scopo... Meno male che c'è SPI ;) Grazieeee

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