Genova per noi (parte terza)
Mi svegliai di soprassalto, sudato, con la testa che sembrava scoppiare.
Dovetti fare mente locale qualche secondo per riordinare le idee; "ma che ora è"?
La luce del sole entrava prepotente dalla finestra semi aperta e con le persiane spalancate. Nel letto ero solo, Elena non c'era, probabilmente era già andata a fare colazione.
Mi alzai e andai in bagno a darmi una sistemata, poi camminai verso la cucina di Antonella, mentre sentivo già chiaramente le risate e il chiacchiericcio allegro delle due comari.
"Ma che oh... La finite di far casino?", esordii.
"Ma buongiorno!", si levò il coro, "alla buon'ora!", aggiunse Elena.
Sul tavolo due piatti sporchi, briciole di crackers e due vasetti di yogurt vuoti, costituivano la prova schiacciante di un recente pranzo consumato, insieme ad un certo odore rivoltante di tonno in scatola che impregnava l'aria.
"Avete già mangiato? Ma che ora è"?
"Mezzogiorno e venti", rispose Antonella col sorriso.
"Fatto baldoria ieri sera?", domandò Elena.
"No, ma come ben sai non essendo più abituato a bere, mi ubriaco con la Coca Cola, figurati con quattro birrette"...
"Si vede, sembra che ne vieni dall'Oktoberfest... Hai fame"?
"Per carità. Va bene così per adesso, magari più tardi. Stefano ha la tipa, sai? Dice se stasera andiamo a mangiare una pizza così ce la presenta".
"Di nuovo? Sto diventando io una pizza da quanta ne sto mangiando ultimamente".
"Sì ma credimi, è una fidanzata che non vorresti perderti. Io l'ho vista in foto ieri sera".
"Cosa vuol dire? Chi è? La conosco"?
"Non posso dirti niente, è una sorpresa", dissi ammiccando e cercando di nascondere il sorriso.
Stefano mi aveva mostrato la foto della sua bella la sera prima, quando ancora seduti sul muretto a fianco al bar.
La riconobbi subito, era Claudia, una delle cugine di Elena! Non riuscivo a credere che Genova fosse così piccola, anche se io e mia moglie nei nostri discorsi spesso ci ripetevamo: "Guarda che Genova è un buco eh".
In effetti, almeno così sembra, per ogni nuova conoscenza fatta in città c'è sempre almeno un amico in comune; strano, perché il territorio metropolitano è piuttosto vasto e gli abitanti censiti sono circa 600.000. Non sarà certo una metropoli, ma nemmeno il "buco" di cui spesso facciamo menzione.
"Ci passano a prendere loro alle 8 a Portello, andiamo da Halloween a Nervi. Vedrai, rimarrai colpita anche dalla macchina".
Elena provava un insano senso di avversione nei confronti dei possessori della Volkswagen Golf; mi ripeteva che, secondo lei, erano tutti o tamarri, o fighetti, oppure, nel peggiore dei casi, entrambe le cose. E che se c'era qualcuno che nel traffico cittadino mostrava una guida inopportuna, esageratamente sportiva e aggressiva, con buone probabilità si trattava di uno di "loro": un golfista.
Devo dire che dopo tanti anni, complici i dati statistici da noi raccolti direttamente sul campo, mi aveva quasi convinto di questa sua teoria...
Lì per lì comunque non immaginò niente a riguardo e si limitò soltanto a darmi il suo benestare per la serata.
"Anto tu che fai stasera? Ti unisci a noi per una pizza?", domandai alla nostra gentile amica.
"Andate pure tranquilli ragazzi, vi ringrazio, ma domani lavoro, preferisco uscire oggi pomeriggio e riposarmi stasera".
"Dai allora tu intanto vai a prepararti, a riposarti o a fare quel che ti pare, qui ai piatti ed alla cucina pensiamo noi", esclamò Elena alzandosi dalla sedia e cominciando a sparecchiare.
"Grazie ragazzi, vado di là a fare una telefonata, a dopo".
Alle otto meno dieci eravamo già a Portello per l'appuntamento con Stefano, in piedi a lato della fermata degli autobus direzione levante. Immaginai che, vista la scomodità del luogo centralissimo dovuta al traffico incessante di autoveicoli e mezzi pubblici, avremmo fatto una cosa rapida: sarebbe passato con Claudia e, bando ai convenevoli, saremmo saltati in machina velocemente.
Mi sbagliavo, come spesso accade l'immaginazione non corrisponde con la realtà dei fatti, e, se possibile, a volte non ha nemmeno tutto il colore di quest'ultima; la realtà supera la fantasia.
Vidi arrivare la Golf nera che si fermò ad un semaforo rosso in prossimità. Stefano si accorse della nostra presenza e lampeggiò con i fari in segno di saluto. Mi voltai verso Elena e sorridente le indicai la macchina con un cenno del capo, in riferimento silenzioso alla sua teoria.
"Wow che gioiello, cominciamo bene...", fu la sua risposta.
Ci avvicinammo alle auto in coda per montare al volo a bordo del mezzo ed in quel momento vidi che in macchina Claudia non c'era, Stefano era solo, seduto alla guida della sua Golf. Scattò il verde e le macchine ripartirono velocemente ed egli mi fece segno con una mano di aspettare a salire e proseguì verso Piazza delle Fontane Marose. Guardai Elena e dissi: "ma dove cazzo sta andando"?
Ci incamminammo verso la suddetta piazza e lo trovammo tranquillo seduto sulla ringhiera a fianco dell'edicola chiusa, di fronte alla Golf posteggiata con le quattro frecce vicinissima al cartello che indicava chiaramente il divieto di fermata lungo tutto l'ampia zona pedonale al bordo della Piazza, nei pressi di un'altra fermata dei mezzi pubblici .
"Beh, cosa fai qui? Dov'è Claudia?", dissi mentre gli stringevo la mano e lo abbracciavo.
"Mi ha chiamato un'ora fa, dice che ha fatto tardi e che ci raggiunge qui. Ora fammi salutare le persone per bene, per favore ", rispose mentre si divincolava dalla mia morsa fraterna e si accingeva a salutare Elena.
"Qui? Ma mia che non puoi lasciare la macchina lì eh, nemmeno se stiamo qua davanti a vegliarla. Se passa il vigile viene con gran ragione a romperti le palle istantaneamente. E se per caso invece non passa, conoscendo i simpaticoni che vivono in questa città, qualcuno senz'altro te lo manda subito a chiamare e te la fa portare via", incalzai.
"Addirittura! E cosa devo fare? In tasca non posso mica mettermela. Tanto vedrai che a momenti è qua, non stare a rompermi il belino anche te", disse con il solito tono di voce scanzonato e strafottente che ci aveva sempre contraddistinto fin da pivelli.
Sorridendo e strizzandogli l'occhio risposi: "Se sta bene a te, figurati a me, solo non vorrei andare a mangiare la pizza a Nervi con il 17 perché non ne ho proprio voglia, fai un po' tu".
"Vorrà dire che andremo dal cinese qua dietro, se me la portano via"...
"Dal cinese ci vai te, io voglio la pizza", mugugnai con goliardia, mentre Elena si accodò all'onda rivolgendosi a Stefano: "Hai proprio la Golf te, eh, sei peggio di quest'altro qua", disse indicandomi con la testa.
Fra una battuta e l'altra, chiacchiere di vario genere e quant'altro, il tempo scorreva veloce come quando ci si diverte. Vigili fortunatamente non se ne videro, ma allo stesso modo, di Claudia neppure l'ombra.
Stefano, dopo qualche messaggio vocale a vuoto, provò a chiamarla un paio di volte, ma non ottenne nessuna risposta. Alle otto e trentacinque minuti cominciavo ad intravedergli una certa preoccupazione in volto.
"Raga facciamo un po' una cosa, andiamo a mettere la macchina a Piccapietra e scendiamo giù nei carruggi a vedere che fine ha fatto questa qua", esordì dopo qualche attimo di silenzio. Con un tono di voce che non mi piacque per niente.
CONTINUA...
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