IL NOSTRO TRENO

in #ita5 years ago

Come ogni giorno il Regionale 215/P mi attendeva al binario 2. Tutte le sere la solita storia, una routine quotidiana: salivo su quel mezzo che in appena un'ora mi avrebbe portato nuovamente a casa. Un viaggio che avevo fatto per mesi ed anni: il mio posto a sedere ormai era fisso, come il paesaggio che vedevo scorrere dal finestrino al mio fianco, che variava solo dal punto di vista naturalistico a seconda delle stagioni.
Anche i miei compagni di viaggio erano spesso gli stessi: avevamo Sofia, studentessa universitaria, che come me faceva ritorno a casa. Sua madre mi aveva spesso ringraziato per il fatto che la tenessi d'occhio da persone sospette che le si avvicinassero, ma tutto sommato non era mai accaduto niente di anormale; d'altronde la nostra zona era una delle più sicure dell'intero Paese. Poi c'era Max, che invece non faceva ritorno, ma andava a lavorare: era il cameriere della pizzeria nella piazza centrale delle città; era un ragazzo alto e secco, sulla trentina, che amava ascoltare musica rock nelle sue cuffiette ad alto volume, tanto che le canzoni in sottofondo tenevano compagnia anche a me, riuscendo a superare i soliti rumori di sottofondo del treno.
Ed infine Agata: era una donna solitaria, silenziosa e per certi versi anche distaccata. Nelle volte in cui però parlavamo era spesso riuscita a mostrare la sua grande intelligenza ed in un solo caso tentò anche di spiegare il motivo della sua freddezza, ma l'imminente fermata interruppe il suo racconto e mai sono riuscito a capirne veramente il motivo.

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CC3 Creative Commons

Quel tardo pomeriggio d'autunno si era caratterizzato per la forte pioggia caduta nel pomeriggio e l'umidità nell'aria era forte: penetrava nelle ossa e quasi in modo fastidioso ci faceva capire come le calde giornate d'estate dovessero essere solo un ricordo nelle nostre menti, sostituite dall'inverno ormai alle porte.
Non amavo il freddo ed ancor meno la pioggia: ero un grande amante del sole e delle belle giornate di mare, quando con mia moglie andavamo a passeggiare sul bagnasciuga con Dollie, il nostro cagnolino.
Percorsi la banchina, fino a raggiungere la carrozza che solitamente occupavo: era la 5A. Mi sono sempre chiesto perché quella "A", ma non ho mai trovato una risposta a quel mio quesito. Il dubbio che avevo era che una volta vi fosse anche un "B", ma negli anni era trascorso il tempo, ma di questa "B" non se ne è mai avuto traccia. Che sia rimasta abbandonata in qualche binario cieco in attesa della sue riesumazione? Una volta ne parlammo in treno con i miei compagni di viaggio ed insieme fantasticammo su dove fosse finita. Mi piaceva giocare con la fantasia, mi distraeva dalle problematiche della vita e dalla dura giornata di lavoro che avevo trascorso. Il mio viaggio in treno era quasi come una grande parentesi nelle mura vita, aperta nel momento in cui salivo e poi chiusa una volta che scendevo da quel treno.

La routine con la quale salivo su quel treno era tale che spesso non mi ricordavo esattamente cosa avessi fatto immediatamente prima ed immediatamente dopo l'essere salito sul treno. Per esempio, quel pomeriggio non ricordai con esattezza dove avessi messo l'ombrello con il quale mi ero riparato al momento dell'uscita dall'ufficio. Max, mi aiutò a ritrovarlo, appena dietro al mio seggiolino.
Che sbadato che ero stato!
In effetti ero molto provato dalla dura giornata lavorativa e da una settimana insolita, che a tutti gli effetti era stata tutt'altro che leggera. Il treno partì dalla stazione e pian piano appoggiai la mia testa al seggiolino. Mi dissi: "Riposo solo gli occhi, non voglio addormentarmi!"
Ovviamente non andò così e per un attimo mi appisolai.
Sì, ricordo che si fosse trattato di poco tempo, visto che non appena riaprii gli occhi, svelato da un sussulto della carrozza, eravamo sempre alla stazione di partenza; al mio fianco Max che batteva le mani sulle sue gambe in modo ritmico e di fronte a noi Agata e Sofia. Mi tolsi gli occhiali, li posai sul tavolinetto alla mia destra e mi strofinai gli occhi, quasi come a volermi convincere di non dormire. Poi indossai nuovamente gli occhiali, mi guardai intorno e notai una figura insolita per quel treno, ma familiare per me, seduta in uno dei seggiolini di fianco. Poco prima non c'era e pensai si fosse seduta mentre stavo dormendo.
Continuai ad osservare quella persona, mentre guardava fuori dal finestrino.
Quando si voltò la riconobbi immediatamente: era mio padre.

Con lui ero salito per la prima volta su quel treno nel mio primo giorno di scuola.
Era molto tempo che non lo vedevo ed effettivamente i capelli bianchi sembravano essere aumentati.
Scelsi di alzarmi in piedi e raggiungerlo.

"Ciao babbo! Che ci fai qui?" gli chiesi, avvicinandomi a lui e porgendomi come in un abbraccio.
"Ciao Paolo! Sono felice di rivederti!" mi rispose porgendomi un sorriso. "E' passato molto tempo dall'ultima volta che ci siamo incontrati. Sei diventato un uomo ormai. Non più quel ragazzo che frequentava l'ultimo anno di liceo ed al quale non piaceva la filosofia."
In effetti erano passati circa 25 anni dall'ultima volta che ci eravamo incontrati ed eravamo scesi da quel treno, sempre il 215/P. La sera di quel giorno, tornai a casa da solo, senza mio padre. Senza il mio angelo custode che mi aveva protetto e mi aveva sempre accompagnato ogni mattina su quel mezzo. Una pomeriggio d'inverno...era sparito...così...senza motivo!
"Babbo, ma che fine hai fatto? Siamo stati in pensiero per tutti questi anni!" gli chiesi, con una voglia di sapere quel motivo che mi angoscia da molti tempo.
"Beh, vedi figliolo! E' passato molto e non sempre qualcuno se ne va perchè ciò rispecchia la sua volontà. Sarei voluto salire nuovamente con te sul 215/P di 25 anni fa, ma ero anziano ormai e tu troppo giovane per comprendere un dolore simile." mi rispose mio padre, sorridendomi.
Avevo tremila domande in mente da fargli, ma un qualcosa si appoggiò alla mia spalla: "Paolo, è l'ora di scendere!"
Mi svegliai, era Max, che scuotendomi cercava di farmi recuperare la lucidità, così che potessi scendere prima che il treno partisse nuovamente per una nuova meta. In fretta e furia presi il mio bagaglio, il mio ombrello ed allontanandomi mi voltai ad osservare quei seggiolini, vuoti!

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CC0 Creative Commons

Raggiunsi la mia bicicletta, bagnata dalla pioggia del pomeriggio e montai in sella. Nella mia testa frullarono tanti pensieri, tra cui quelli legati a quel sogno. Purtroppo si era trattato solo di un sogno. Un sogno in cui avevo incontrato nuovamente quel padre che mi era stato strappato troppo presto e di cui ora sentivo la grande mancanza.
Deviai il mio abituale percorso verso casa e grazie ad un paio di pedalate raggiunsi il campo santo. Lì avrei potuto incontrare nuovamente mio padre e finire di porgli quelle domande che ancora ronzavano nella mia testa: PERCHE' TE NE SEI ANDATO?

Con questo contributo partecipo al contest settimanale di @spi-storychain in cui il tema era Incontri casuali e l'ambientazione il treno.

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beautiful view...

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Veramente bello!!

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Grazie mille @crivec68!
Molto gentile 😊👍

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Ti ricordo il link da postare sul contest👍

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Giusto!
Appena ho un attimo rimedio 👍

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Una bella idea, un incontro se pur immaginario. Bravo/a.

Grazie Tommaso!

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Mi è piaciuto molto.

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Grazie Sbara!!!
Onestamente mi sento un po'un pesce fuor d'acqua in confronto a scrittori come te, @kork75, @tommasobusiello e @fulviaperillo.
Partecipo soprattutto per supportare il progetto di @spi-storychain.
Un saluto 😊👋

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