La giostra.

in #ita5 years ago (edited)

florence-949811_960_720.jpgCco creative commons

Artemisia corse a perdifiato per arrivare più velocemente alla giostra.
Non le piaceva il suo nome, non le piacevano i suoi genitori, non le piaceva la sua città, non le piaceva niente.
Quei due matti di suo padre e sua madre in un impeto di passione l' avevano concepita, amata e chiamata come la pittrice Artemisia Gentileschi, entrambi si erano conosciuti alla facoltà di arte, amavano i caravaggeschi, il vino e l' amore irruento.
Erano durati alcuni anni, poi il mix pannolini, bollette, coliche e dentini aveva tolto la passione, l' irruenza e l' amore e loro si erano ritrovati ai due lati opposti di Firenze, con nel mezzo Artemisia, paciera tra due fuochi.

Non le davano pace, non le davano tregua, non avevano più niente in comune, due vite separate, altri figli, altri coniugi ma uno scopo comune verso di lei, il non lasciarla vivere come voleva.

Ad Artemisia dell' arte, del teatro e della poesia non importava un fico secco.
Lei voleva fare l' estetista, comprarsi lo scooter e passare i pomeriggi a pomiciare con Alessandro.
Loro, ovviamente, non capivano.
Ci voleva lo Yoga, la scuola Montessori, le serate a vedere l' opera e la scuola di danza tradizionale giapponese.
Ci voleva la cultura, l' arte, la bellezza.
Artemisia voleva la bellezza, quella semplice, che si compra con quaranta euro di manicure e un paio di Jeans attillati. Voleva la discoteca, le corse a perdifiato nei campo, il rumore di baci scoccati all' uscita di scuola.
Nessuno la capiva mai e lei allora fuggiva.

Quello era l' ennesimo giorno dove lei e sua madre avevano litigato e così lei aveva deciso di fuggire.
Fuggire da quel dialogo pacato peso come un macigno.
Le urla sarebbero state migliori, invece sua madre manteneva la calma, come una statua e la fissava, come se fosse una povera scema.
Quello sguardo la feriva più di mille sgridate.

Quando la giostra le apparve davanti si sentì sollevata, nonostante il caos, quel giorno per una occasione particolare era stato allestito un parco pieno di giochi attorno alla giostra, piccolo, modesto ma con alcune attrazioni che lei avrebbe voluto provare.
I suoi genitori si erano opposti ovvio.
Troppo semplice per una sedicenne divertirsi alle giostre e non leggendo Proust.

Artemisia fissò la giostra con ammirazione e sollievo, adesso si sentiva in pace, sotto tutte quelle luci, una musica in sottofondo le ricordava i luna park dove il nonno la portava di nascosto da bambina, nelle radici aveva l' odore di zucchero filato.
Quanto voleva dare un morso a quella palla morbida e zuccherosa, affondare il viso in un mondo dolce e rosa.

Artemisia chiuse gli occhi e decise di spendere i pochi soldi che aveva in tasca per un giro sulla giostra.
Voleva solo divertirsi come una bambina e salire su quei maledetti cavalli colorati e luccicanti.
Sapeva cosa avrebbero detto i suoi:
" Oh Artemisia che divertimento triviale".

Artemisia salì sulla giostra e per un paio di giri si scordò di tutto quello che doveva essere e amò ciò che era.

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Bella storia. Mi rivedo un po' in Artemisia e la voglia di libertà e la sua riuscita anche se per poco mi hanno emozionato colpendomi dritta nello stomaco e rimandandomi alla mia giovinezza. E le mie conquiste.

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^^ Grazie mille, io mi ci rivedo poco però mi ispirava un personaggio così, mi piace scrivere di adolescenti ^^ Mi piacerebbe scrivere anche di più ma poi alla fine ne faccio tremila e non scrivo niente ^^

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