DORA

in #ita5 years ago

Lei era Dora.
Indossava sempre lo stesso vestito nero da sera, che le avvolgeva il corpo ancora magro, un cappellino in testa con veletta tutto rovinato e consumato, usato dalle signore della Belle époque, un vecchio scialle bianco con enormi fiori rossi ricamati e bucato dalle tarme.
Non era facile scorgere il suo viso da sotto quella vecchia retina. Si notava solo un viso pallido ormai solcato da profonde rughe. I suoi occhi erano velati; persi verso un passato lontano.
Si piazzava sotto i lampioni che illuminavano i vicoli, alzava le mani al cielo e cominciava a parlare:

"Le luci. Il palco. Il mio pubblico...Quanti applausi sento...li sentite? il mio pubblico...mi adorate vero?"

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Immagine CC0 creative commons

La conoscevo da sempre. Era arrivata una trentina di anni prima, aveva comprato un piccolissimo appartamento e non si era più mossa dal nostro piccolo paese. Pian piano si era spenta, fino a impazzire. I più anziani vociferano che in passato fosse stata una grande artista...

Il paese è affezionato a Dora e per accontentarla ci fermiamo e l'applaudiamo.

Una sera, dopo una cena con gli amici e una sonora discussione con la mia ragazza, la incontrai. Stava cominciando il suo piccolo spettacolo. Attorno a lei si erano riunite un po' di persone e tra loro c'erano degli sconosciuti, forse erano dei turisti.
Cominciò il suo teatrino.
Gli sconosciuti cominciarono a ridere forte, offuscati dall'alcol, o perché le persone a volte sono semplicemente crudeli. Le persone del paese non dissero una parola in difesa di Dora, rimasero tutti in silenzio. Mi vergogno a dirlo, anche io. Dora non sembrava essersi accorta di nulla. Non concluse la sua scena con il suo elegante e teatrale inchino, voltò le spalle al pubblico e si allontanò.

Stranamente quella sera mi ritrovai a seguirla, così vidi la sua caduta.
Si afflosciò, come carta valina.
Preoccupato corsi a soccorrerla.
"Tutto bene signora Dora?" le chiesi.
Dora mi guardò sempre con il suoi occhi assenti "Si...si..."
Mi aspettavo che si allontanasse senza darmi bada.
Dopo essersi rialzata, la mano andò a toccare la retina del suo vecchio cappello e la sollevò. I suoi occhi erano cambiati. Mi sorpresi a guardare degli occhi color del mare e profondi come l’oceano.
Erano vivi, decisi e coscienti del presente.
"Si giovanotto, sta tranquillo, devo solo sedermi e ricompormi un momento. Credo però di aver bisogno di un braccio giovane e forte” disse infilando il suo braccio al mio. “Mi puoi accompagnare fino a quella panchina?" Ero sorpreso e spiazzato. Conoscevo Dora fin da piccolo, e mai l'avevo vista così. "Insomma ragazzo, per gentilezza, mi accompagneresti?" il tono era gentile, ma autoritario.
La accontentai. Non poco lontano c'era un panchina, ci sedemmo.

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Immagine CC0 creative commons

"Solo cinque minuti." mi disse con un sospiro. Io continuavo a guardarla come se fosse una creatura di un altro mondo. "Su per favore togliti dal viso quello sguardo stralunato. Non è educato fissare le persone!
"Mi scusai imbarazzato e lei continuò "Sai io come mi chiamo?" Io avevo annuito. "No, non quello! Prima, tanto tempo fa."

No, non lo sapevo, risposi.

"Anna, semplicemente Anna. Un nome talmente presente, che era quasi anonimo. Non lo era però la mia voce. Fin da bambina i miei genitori si erano accorti del mio dono, ed essendo benestanti mi procurarono i migliori insegnanti. Cantare era la vita per me. Debuttai prima nel salotto di casa con tutti i parenti ed amici dei miei genitori, dopo nel teatro della nostra piccola città. Cantavo le arie delle canzoni..." mi squadrò un poco sprezzante " dei MIEI tempi...quella era vera musica...non certo quello che sento ora... Un giorno un impresario mi venne ad ascoltare, e mi propose di studiare come soprano. La mia voce prometteva, doveva essere curata ed educata per debuttare nel mondo dell'Opera. Studiai, era il mio destino, la vita che desideravo e avevo sempre sognato. Il mio nome però...quello non andava. Mi dissero che avevo bisogno di qualcosa di più brillante e altisonante di un semplice e anonimo Anna. Divenni Dora, la Splendida Dora. Cantai alla Scala di Milano, alla Fenice di Venezia...girai tutti i teatri d'Italia. Poi l'Europa e l'America. Cantai la Bohème, la Traviata, la Norma di Vincenzo Bellini, Adriana Lecouvreur di Francesco Cilea.” Si interruppe, forse si stava chiedendo se sapevo di cosa parlava, alzò le spalle e continuò “ Cantai le dolci note di Giacomo Puccini, la dolce e grintosa musica di Giuseppe Verdi e le arie giocose di Gioacchino Rossini. Quanti anni di gloria!"

Ascoltavo incredulo quel fiume di parole. Mai nessuno aveva udito la sua storia.

"Dopo tanti anni di successo, dopo aver girato il mondo, la mia voce si incrinò, scomparve, si eclissò. Lasciandomi sola, sconfitta e senza più nessuno." Mi osservò e sorrise "Quando brilli le falene ti girano attorno, si suicidano per la tua luce. Quando la luce si spegne ti ritrovi da sola. Finché ho trovato voi, siete diventati importanti, siete stati buoni. Nonostante la mia pazzia mi avete fatto sentire importante e avete continuato ad acclamarmi. Grazie!"
Mi accarezzò la guancia con un sorriso grato.

Dora, o meglio Anna, sorrise e disse:

"La verità è un puntino luminoso che si vede quando non si hanno più speranze. Giunge e non giunge, ti ride in faccia e ti sostiene. Verità, che non sono nel mezzo, ma imbucate tra le pieghe di ciò che la gente dice o nascoste nelle foglie secche e accartocciate. È furba e se la tocchi è solo per un attimo, poi fugge per non farsi più prendere. Ma non se ne va mai via ti guarda ridendo, ti osserva poi ti sfiora, ma sempre sa come sfuggire."

Mi guardò ancora con quello sguardo stranamente vivo e ricominciò:

"Ascolta anche questa: Verità, piccola creatura timida e sfuggente, furba e incostante. Riuscirò mai a prenderti? Riuscirò mai a capire il tuo sussurro? Mi osservi, lo sento, ti parlo in continuazione. Tu ascolti, ridi, a volte cerchi di parlarmi, e per quanto io brami il tuo sussurro non riesco ad ascoltare le tue parole."

Dopo queste parole il suo volto di era di nuovo offuscato. Si riabbassò la retina del vecchio cappello.
Mi guardò, o meglio, mi attraversò con lo sguardo, ormai persa nel suo delirio... o così sembrava. Molto lentamente si alzò e vedendo il lampione che illuminava la strada si diresse là. Si piazzò come sempre e cominciò la sua scena: alzò le braccia verso il cielo e con voce impostata guardò verso l'invisibile pubblico.
"Luci....applausi...ascoltate la voce della magnifica Dora!!!"
Eravamo soli, la acclamai. Dora fece un inchino, alzò la testa e mi guardò di nuovo con il suo vero sguardo, mi sorrise, e io a lei.
Mi volse le spalle, si sistemò lo scialle in modo trasandato calandolo da una spalla e si allontanò con passo strascicato.

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