L'Italia di Mancini... Qualcosa è cambiato?

Tre partite, tre risultati diversi, tre prestazioni simili

La nuova e giovine Italia di Roberto Mancini, che con quella di Mazzini ha in comune solo la rima baciata del proprio condottiero, ha cominciato il suo percorso nella maniera che, tutto sommato, appare la più logica possibile: una vittoria, abbastanza scontata, contro una squadra infinitamente più debole, una sconfitta altrettanto prevedibile contro una squadra molto più forte, e un nulla di fatto contro una nobile decaduta di pari livello.

Chi si aspettava la carica di entusiasmo dettata dall'insediamento di un nuovo Commissario Tecnico, che potesse più o meno replicare l'effetto portato in dote da Antonio Conte nel 2014, è però rimasto accontentato solo a metà.

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Se nell'amichevole disputata contro l'Arabia Saudita (prossima sede, tra l'altro, della Supercoppa italiana tra Juventus e Milan del 3 Gennaio) è stato possibile scovare, tra le pieghe del match, alcune piccole note positive soprattutto nel ritorno in Nazionale (e al gol) di un'importante risorsa dell'attacco azzurro come Mario Balotelli, la sfida con i cugini transalpini rappresenta l'apice di un iceberg, contro il quale il Titanic Italia, abbandonato dal capitano di Ventura, sembra aver cozzato in una sorta di messa a nudo delle difficoltà alla base del movimento.

Nonostante ad oggi possiamo contare su alcuni giovani di ottima prospettiva, come Perin o Federico Chiesa, il confronto tra le due selezioni è parso, paragonando le convocazioni e ancora prima di ricevere il verdetto del campo, impietosamente sbilanciato a favore dei francesi.

Per rendersi conto dell'abisso che corre tra le due realtà calcistiche, in un ipotetico gioco che finga di non voler considerare le stelle mandate in campo da Deschamps (Griezmann, Mbappé, Pogba e Dembelé su tutti), basterebbe notare che, nel valzer delle sostituzioni del secondo tempo, les bleus hanno potuto inserire riserve del calibro di Olivier Giroud, Blaise Matuidi, Steven N'Zonzi e Thomas Lemar, che nella nostra nazionale non solo sarebbero titolari fissi, ma probabilmente anche i quattro migliori giocatori.

La domanda a questo punto parrebbe sorgere spontanea: come se ne esce?

Puntare più decisamente sui giovani potrebbe essere la carta vincente, a patto che le squadre di club della Serie A concedano la medesima fiducia, mandando in campo con regolarità gli under 23 di maggior livello; tuttavia allo stato attuale delle cose e con l'assillo dei risultati sempre più pressante, non appare una soluzione che i presidenti delle squadre di vertice siano inclini ad adottare.

Il momento in cui il centravanti titolare della Nazionale non sarà più il bomber della undicesima classificata, ma una riedizione dei vari Vialli, Roberto Baggio o Aldo Serena, sarà probabilmente quello in cui avremo la consapevolezza di aver scorto la luce in fondo al tunnel. A questo scopo, l'istituzione delle seconde squadre nel campionato di Lega Pro potrebbe cambiare le cose, seppur in un ottica non molto ravvicinata, e alla luce delle ultime indiscrezioni che sembrerebbero confermare l'iscrizione della sola Juventus B.

Recuperare anni di immobilismo non sarà facile: i prossimi impegni dell'Italia, la neonata Uefa Nations League e soprattutto le qualificazioni all'Europeo 2020, ci potranno fornire un feedback più accurato sul lavoro di Roberto Mancini, le cui conoscenza del calcio internazionale e abilità nello sfruttare al meglio i calciatori più giovani, sembrano essere ad oggi l'unica speranza per il movimento italiano.